Nel primo pezzo che ho scritto per questa rubrica trattavo delle armi nucleari tattiche ancora dispiegate in Europa, in Italia in particolare. Sulla loro eliminazione non mi pare che siano stati fatti passi avanti, nonostante che tutti concordino sulla loro inutilità. Nel campo delle armi nucleari il problema più attuale e dibattuto è il programma nucleare iraniano. Su questo argomento ha preso posizione recentemente l’Unione Scienziati Per il Disarmo (USPID). Riporto tratti del documento che è stato redatto, discusso e approvato dal Consiglio Scientifico e dal Comitato di Coordinamento Nazionale (maggio 2012).
Gli ultimi mesi del 2011 e l’inizio del 2012 sono stati caratterizzati da un crescente livello della polemica internazionale sul programma nucleare iraniano, e sempre più spesso si parla della possibilità di un intervento militare contro quelle installazioni nucleari da parte principalmente di Israele. È essenziale invece che i responsabili della diplomazia non si facciano intrappolare nel dilemma fra l’accettazione impotente di un Iran come nuova potenza nucleare, e l’eliminazione con un intervento militare di un programma nucleare dichiaratamente civile. Per evitare un’altra guerra è quindi importante sostenere una posizione che da un lato abbassi i toni della polemica, e dall’altro esamini le possibili soluzioni all’empasse diplomatica.
In base all’Articolo IV del Trattato di Non-Proliferazione Nucleare1 (TNP), del quale esso è parte dal 1968, l’Iran ha il diritto – sotto il controllo dell’IAEA – di arricchire l’uranio e di produrre combustibile per il proprio programma nucleare civile, anche nel caso in cui questo sollevi delle preoccupazioni. D’altra parte Tehran ha ribadito più volte di non volere armi nucleari, sostenendo che il suo programma è limitato a scopi civili. Allo stesso tempo è evidente che il programma nucleare iraniano consente a Tehran di acquisire la capacità di sviluppare armi nucleari ed è altresì evidente che questa capacità o possibilità è stata ed è ben tenuta presente da Tehran. Infatti non si intravede un interesse economico o industriale iraniano all’arricchimento dell’uranio per scopi civili; anzi questa attività sottrae preziose risorse economiche, tecnologiche e scientifiche allo sviluppo del paese. L’ostilità dichiarata tra Israele e l’Iran certo non contribuisce a creare un clima in cui la questione del programma nucleare iraniano possa essere discusso in modo costruttivo. Le reiterate dichiarazioni anti-israeliane dei dirigenti di Tehran hanno provocato le minacce israeliane di attaccarne gli impianti nucleari, e ciò ha creato un clima obiettivamente teso che richiede un abbassamento dei toni della retorica da tutte le parti per consentire di affrontare in modo costruttivo la questione del programma nucleare iraniano.
Molti fattori concorrono dunque a creare le condizioni per uno scontro violento che può avere conseguenze molto serie. Un attacco contro le installazioni nucleari iraniane si presenterebbe innanzitutto come un attacco contro un paese membro del TNP al quale verrebbero negati con la forza i diritti riconosciuti dall’Articolo IV del trattato; un attacco peraltro realizzato direttamente da, o con il concorso di un paese (Israele) che invece non è parte del trattato e che è universalmente considerato come l’unico paese del Medio Oriente in possesso di armi nucleari. Il TNP ne sarebbe inevitabilmente compromesso: l’Iran non avrebbe più alcun motivo per continuare ad aderire al TNP, e si può immaginare che anche altri paesi del Medio Oriente – o anche di altre regioni – potrebbero avere delle motivazioni serie per riconsiderare la loro adesione al trattato. Peraltro in queste condizioni l’Iran perseguirebbe con maggior determinazione l’acquisizione di armi nucleari, sia pure scontando il ritardo prodotto dai bombardamenti. I proponenti di un intervento militare, in realtà, sembrano avere come obiettivo proprio questo ritardo di un paio di anni sperando, nel frattempo, in un cambiamento di regime. Ma anche questo non è per niente un risultato ragionevole in presenza di un conflitto che molto probabilmente raccoglierebbe tutta la popolazione iraniana in un fronte unito contro gli aggressori.
(… ) È quindi necessario promuovere soluzioni che prevengano lo scoppio di conflitti armati e restaurino un clima pacifico e costruttivo. Al momento in cui scriviamo l’ultimo incontro di Istanbul il 14 aprile 2012 si è svolto in un clima relativamente positivo e la ripresa delle trattative è stata programmata per il 23 maggio a Baghdad. Il mantenimento della pace è dunque una necessità e nel contempo un obiettivo praticabile, e un possibile accordo, probabilmente step-by-step, sul programma nucleare iraniano potrebbe non essere troppo complesso. Questo potrebbe prevedere:
Il rispetto del diritto dell’Iran di sviluppare il proprio programma nucleare civile, incluso l’arricchimento, come per qualunque altro membro del TNP. (….)
La disponibilità dell’Iran a ratificare e rendere operativo il Protocollo Addizionale al TNP e di estenderlo nel tempo – anche per un periodo limitato – in modo da permettere maggiori livelli di controllo da parte dell’IAEA.. (….)
Un limite concordato in maniera consensuale per il livello di arricchimento che l’Iran può raggiungere. (…)
Una estensione volontaria da parte dell’Iran dei diritti di ispezione dell’IAEA a siti come quello di Parchin. (…)
Nel lungo periodo: eliminazione progressiva di tutte le sanzioni economiche contro l’Iran in un quadro in cui l’Iran applicherebbe il protocollo addizionale dell’IAEA e si instaurerebbe un regime di cooperazione internazionale sulla produzione di combustibile nucleare; un’incentivazione da parte di tutti gli attori del negoziato alla promozione di una zona libera da armi nucleari e da altre armi di distruzione di massa (Weapons of Mass Destruction Free Zone, WMDFZ) per tutti i paesi del Medio Oriente. (….)
Le linee di sviluppo di possibili accordi qui suggerite – nelle quali si potrebbe anche includere l’idea di stabilire in futuro dei centri internazionali per la produzione di combustibile nucleare – motiverebbero sicuramente l’Iran a restare nel TNP ed eliminerebbero qualunque incentivo a dotarsi segretamente di armi nucleari. (….)
L’importanza di una Zona Libera da Armi di Distruzione di Massa in Medio Oriente sta peraltro diventando sempre più evidente3, e come è noto il documento finale della Conferenza di revisione del TNP del 2010 contiene una clausola in favore della costituzione di tale WMDFZ.
(….) Abbassare il livello della retorica aggressiva da ambo i lati è diventato una priorità, soprattutto in un mondo completamente interconnesso dai moderni mezzi di comunicazione. Oggi negli Usa l’Iran è visto come un nemico globale anche da un pubblico disinformato che non sa quasi nulla su quel paese; in Iran d’altra parte le invettive contro il Grande Satana e contro Israele hanno un effetto del tutto analogo (….) Meriterebbero quindi maggiore considerazione tutte le proposte di mediazione che contribuiscano ad abbassare il livello della polemica da qualunque parte essa provenga. I rischi sono molto elevati e includono la possibilità di una guerra protratta e su vasta scala in Medio Oriente, un serio aggravamento dell’economia internazionale e un colpo forse letale per il TNP.
Consiglio Scientifico e Comitato di Coordinamento Nazionale dell’USPID: Carlo Bernardini, Francesco Calogero, Giuliano Colombetti, Paolo Cotta-Ramusino, Nicola Cufaro Petroni, Marco De Aandreis, Mirco Eelena, Roberto Fieschi, Giuseppe Gonnella, Diego Latella, Francesco Lenci, Giuseppe Longo, Maurizio Martellini, Antonio Palazzi, Alessandro Pascolini, Mario Rocca, Carlo Scharef, Fabio Tarini.