Scienza e ideologia

I dogmi contro la libera ricerca

Roberto Fieschi

Dunque è possibile che in questa libera creazione di concetti si inseriscano elementi ideologici, dato che gli scienziati vivono in un determinato contesto sociale e da questo non possono non essere influenzati”.
Albert Einstein

L’osservazione della natura alla ricerca delle leggi che ne governano i fenomeni dovrebbe, di per sé, portare a risultati indipendenti dalle convinzioni dello scienziato, siano esse politiche, filosofiche o religiose. Ma chi si occupa di scienza non può essere estraneo alla cultura del suo tempo e perciò è possibile che risenta di un certo modo di vedere e pensare proprio del momento storico che sta vivendo.
almeno dal punto di vista psicologico.

Ci sono stati, nella storia del pensiero scientifico, casi di intrusioni pesanti e veri tentativi di politicizzazione della scienza, da parte del potere e da parte degli scienziati stessi. Quanto al primo caso, e per fortuna al lontano passato, basti ricordare le abiure imposte dalla Chiesa a Galileo, (“con cuor sincero e fede non fìnta abiuro, maledico e detesto li sudetti errori e eresie …”) e a Georges-Louis Leclerc, conte di Buffon (“Dichiaro che io non ho avuto intenzione di contraddire alle Scritture, che io credo fermissimamente a tutto quanto in esse dichiarato circa la Creazione”). Quanto al secondo, alcuni casi gravi fanno parte di un patrimonio storico più recente, aberrazioni ideologiche senza valore scientifico: la biologia lisenkoista e la fisica ariana, entrambe sviluppatesi sotto regimi dittatoriali negli anni Trenta.

La fisica “ariana”

Philipp Lenard

Durante il nazismo Lenard, ormai pensionato e professore emerito, fu aperto sostenitore dell’idea che il suo paese dovesse appoggiarsi solo sul lavoro dei fisici tedeschi, ignorando le fallaci ed ingannevoli idee proposte dai fisici  ebrei, con riferimento principale ed esplicito ad Albert Einstein e alla teoria della relatività. Per chiarire il suo punto di vista affermò: “La scienza è internazionale? E’ falso. In realtà la scienza, come ogni altro prodotto umano, è legata alla razza e condizionata dal sangue”.
Insieme a Johannes Stark (premio Nobel per la fisica nel 1919) divenne guida della fisica ariana sotto il regime nazista. Un esempio del razzismo di Stark in questa sua affermazione: “Si potrebbe constatare che gli iniziatori della ricerca nel campo della fisica, i grandi inventori da Galileo a Newton fino ai pionieri della fisica del nostro tempo, furono quasi esclusivamente ariani, e in numero prevalente appartenenti alla razza nordica”. E Lenard, quando Stark fu nominato presidente dell’Istituto Imperiale di Fisica e Tecnologia, così si congratulò con lui: “La fisica si era abbuiata da cima a fondo. Con la potente penetrazione degli ebrei in posizioni di autorità anche nelle Università e nelle Accademie, la stessa osservazione della natura venne invalidata e posta in oblio”.

La grande maggioranza dei fisici tedeschi, quelli rimasti dopo le epurazioni razziali, rifiutò di riconoscere valore scientifico alle enunciazioni, peraltro confuse, della fisica ariana. Nemmeno il regime nazista sostenne più che tanto Lenard e Stark; ma già aveva decapitato la fisica tedesca, allora la più avanzata, con le leggi razziali; lasciarono la Germania infatti Hans Albrecht Bethe, Max Born, Albert Einstein, Otto Frisch, Klaus Fuchs, Fritz Haber, James Frank, Lise Meitner, Rudolf Peierls, Leo Szilard, Edward Teller, John Von Neumann , Victor Weisskopf, Eugene Wigner. Ironia della sorte, molti di loro contribuirono al progetto americano per realizzare la bomba atomica.

Se i due fossero vissuti ancora qualche decennio avrebbero potuto assistere al numero sorprendente di Premi Nobel assegnati a fisici ebrei. Basta questo per sostenere che la leadeship della fisica è ebraica? Si ricadrebbe nella stessa follia.

Il caso Lysenko

Trofim Denisovič Lysenko

Agronomo sovietico, propugnatore di una visione politicizzata della biologia, sosteneva, con l’appoggio di Stalin, una teoria  neolamarckiana derivata da Mičurin, secondo la quale l’eredità dei caratteri sarebbe influenzata da fattori ambientali; Lysenko si faceva forte dell’adesione della sua teoria ai modelli del Materialismo dialettico, contrapposto alle teorie idealistiche dell’Occidente. L’agrobiologia di Lysenko venne proclamata biologia socialista, in contrapposizione alla genetica classica, bollata come mendelismo-morganismo reazionario. Gli scienziati sovietici che si opposero alle sue errate teorie ed alla loro impostazione ideologica furono incriminati e condannati, tra questi l’illustre botanico e genetista Nikolai Vavilov. Le teorie di Lysenko continuarono a dominare il panorama scientifico sovietico per anni, nonostante i pessimi risultati pratici nelle applicazioni all’agricoltura. Negli anni Sessanta finalmente l’agrobiologia tramontò per la stessa mancanza di valore scientifico e di risultati pratici.

Ricordo che io, a quel tempo iscritto al Partito comunista, da vicino ero toccato dalle aberranti tesi sovietiche sulla fisica: il principio di indeterminazione, uno degli assodati fondamenti della fisica moderna, e forse anche la teoria della relatività, venivano criticati come antimarxisti e frutti della ideologia borghese. I bravi fisici sovietici cercavano di barcamenarsi per non incorrere in sanzioni politiche, scrivendo che si trattava di modelli di comodo senza implicazioni ideologiche. Il mio Professore, Piero Caldirola mi prendeva in giro, giustamente, ed io non potevo che dargli ragione. Anni più avanti, insieme al mio amico Pino, per redimermi, ho scritto un articolo sulla inapplicabilità del Materialismo dialettico alla fisica, e l’Unità ce lo ha pubblicato.

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