Grosseto – Due giorni intensi, quelli del Teatro Moderno di Grosseto. La nuova puntata del processo per il naufragio della Costa Concordia ha avuto, ancora una volta, un unico protagonista. Si tratta, ovviamente, del comandante Francesco Schettino.
Nella giornata di ieri, martedì 2 dicembre, l’ex capitano della Concordia è arrivato in aula con una mezzora di ritardo rispetto all’orario stabilito per l’udienza. Si è fatto attendere, insomma, come ogni divo che si rispetti. Una volta arrivato,tuttavia, è stato sottoposto ad un interrogatorio di quasi 7 ore da parte del pubblico ministero maremmano Alessandro Leopizzi. L’avvocato della Procura di Grosseto ha annunciato che per Schettino verrà chiesta una condanna ad oltre 20 anni di carcere, 22 pare la cifra esatta degli anni che potrebbero essere chiesti per l’ex capitano. Al momento, infatti, viene ancora ritenuto il principale responsabile della tragedia del Giglio, costata la vita a 32 persone e ad un sub spagnolo impegnato nelle operazioni di rimozione della nave successive al naufragio.
“Non si creda che non abbia tormento per questa stupidata”, ha dichiato Schettino in aula. Tuttavia, ha proseguito, “il mutismo generale mi ha ingannato”. Il capitano di Meta di Sorrento ieri ha in sostanza parlato dell’inchino al Giglio e del fatto che, in plancia, nessuno gli segnalò che la Concordia era diretta contro gli scoglie delle Scole. “Ma lei ci vede bene? Porta gli occhiali?”, ha incalzato il pm Leopizzi. “Portavo le lenti a contatto. Mi sottopongo a visita oculistica biennale anche per l’età, e sono sempre risultato idoneo al comando”, ha ribattuto Schettino. A suo modo di vedere, la sua vista non è argomento di discussione. Semmai bisogna tener conto che al momento dell’urto con lo scoglio, al comando della Concordia c’era il vicecomandante Ciro Ambrosio. Schettino ha più volte chiamato in causa il suo secondo ed ammesso “di aver dormito” (in senso figurato, ovviamente). Tuttavia, secondo l’ex capitano, ancora tutta la verità sul naufragio non è venuta a galla. Lo scoglio, infatti, era segnato sulle carte nautiche e la sua mancata indicazione sarebbe stata riferita a Schettino proprio da Ambrosio, che poi lo avrebbe ripetuto nei primi interrogatori successivi al naufragio. Insomma, l’errore fu quello di fidarsi di quanto gli aveva riferito il suo secondo.
Quanto all’inchino, ha chiarito Schettino, non venne fatto per permettergli di far colpo su Domnica Cemortan. La ballerina moldava, ha ammesso, era in plancia assieme al maitre Tievoli. Ma spesso, a dire del capitano, vengono ospitate (anche a pagamento) persone in plancia per osservare la navigazione dalla cabina di comando delle navi da crociera. Nulla di strano, quindi, a suo dire. L’inchino venne fatto “per una questione commerciale”, per permettere ai passeggeri di vedere da vicino l’isola del Giglio e scattare qualche foto. Una consuetudine ben nota per le navi di Costa Crociere, sempre secondo il racconto di Schettino.
La Procura di Grosseto ha comunque acquisito un video in cui il capitano viene immortalato in abito scuro mentre fugge dalla nave che si inclina. Probabilmente si tratta dello stesso abito che indossava al momento dell’urto con lo scoglio, durante l’avvicinamento al Giglio. Questa prova è importante nel processo soprattutto in quanto una delle accuse più importanti che sono rivolte contro Schettino è l’abbandono della nave prima che tutti i passeggeri fossero scesi a terra.
“Io, come comandante, ero il primo dopo Dio” sulla Concordia, ha spiegato Schettino nella ripresa odierna dell’udienza. Il capitano ha proseguito tornando a sostenere che fu una manovra da lui diretta a portare la nave che si inclinava in prossimità di Giglio Porto, facendola adagiare sulle secche di Punta Gabbianara. In realtà, più volte i periti della Procura di Grosseto hanno chiarito che dopo l’urto con le Scole la Concordia era praticamente ingovernabile e che solo per un caso puntò verso il Giglio anzichè dirigersi a largo (il che, probabilmente, sarebbe costato la vita a ben più persone).
“Se avessimo dato subito l’allarme, la gente si sarebbe buttata in acqua”, ha proseguito Schettino incalzato dal pm maremmano sulla questione del ritardo nell’allarme e nell’ordine dell’abbandono nave. Inoltre ben pochi dell’equipaggio erano preparati ad una situazione di emergenza come quella che si presentava di fronte alla Concordia. Sapendo che sarebbe riuscito a condurre la Concordia nei pressi del Giglio, ha spiegato l’ex capitano, preferì attendere per non generare ulteriore panico. “Ho un’esperienza che non può essere buttata a mare”, ha concluso rispondendo alle domande di Leopizzi sulle sue mancanze. E se anche non avesse seguito esattamente la procedura prevista da Costa Crociere per le emergenze, “la compagnia assume un comandante, non una procedura”, ha sentenziato.