Addio all’allegra brigata. Ora serve una classe dirigente

E con l’apprensione sempre più  imminente di un disastro ambientale incombente. Un solo, agghiacciante, movimento. Lo scivolamento lento, come di un corpo senza vita, verso il baratro. Come non vedere in questa raffigurazione l’immagine dell’Italia. Di un paese stanco, adagiato su sé stesso, privo di comando e sempre più ferito da polemiche e da invettive. Con un unico, lento movimento, che speriamo sia ancora arrestabile verso il baratro. A ben guardare la metafora è davvero ricca e ci parla in maniera impressionante di tante cose che ci riguardano e che ci preoccupano nella vita di tutti i giorni.
Intanto il colpevole. Il comandante Schettino è davvero un colpevole da romanzo. Non ha ambiguità e sfumature su cui costruire uno straccio di difesa. E’ proprio il soggetto che ci voleva per scatenare tutti i moralismi e le indignazioni della gente comune. Non ne ha indovinata una a partire dalla manovra della nave, passando dalla gestione dell’allarme e, a finire, dal governo della fase, difficile e complessa, dell’abbandono della nave e della messa in sicurezza dei croceristi.
Schettino mi ricorda in maniera impressionante l’ultimo Berlusconi. Il Berlusconi crepuscolare. Messo fuori come uno studente casinaro, svogliato e un po’ bullo dal professore di turno che lo guarda con aria sconsolata e severa nello stesso tempo. Di chi pensa che certo è colpa sua, ma forse anche dei genitori che gli hanno fatto fare una scuola che non gli si addiceva. Se invece del liceo classico, magari gli avessero fatto fare il professionale, può essere che avrebbe fatto anche qualcosa di buono. Ed invece no. Il liceo classico.
Schettino e Berlusconi. A loro modo gente simpatica nella vita di tutti i giorni. Gente a cui piace vivere. Donne, divertimenti, simpatia e perché no barzellette e gusto, un po’ guasconesco ma popolare, di stupire la gente con  gesti e comportamenti istrionici. Ora ti faccio vedere come passo accanto al Giglio di notte. E intanto abbraccio la bionda e la mora conosciute nell’ultima crociera. Sono un ganzo eh?? E di rimando, l’altro. Io e Putin siamo i padroni del mondo. Qui dalla dacia del mio amico russo, ridendo e scherzando fra vodka, donne e strategie globali, risolvo i problemi energetici del paese e dò una sistematina all’Europa, agli Usa e perché no anche alla Cina. E la prossima settimana in Libia. E con l’amico Gheddy mi occuperò del petrolio e dell’assetto dell’Africa.
Persone simpatiche a loro modo. Forse anche oneste nei modi in cui lo sono le “persone comuni”. Alle “persone comuni”  non è richiesta una moralità assoluta. Si può evadere, se si può. Si può essere un po’ egoisti. Si può anteporre il bene personale al bene comune. Basta non esagerare. E allora sorge la domanda: ma perché avete scelto il liceo classico? Perche avete fatto il Presidente del Consiglio o il Comandante di una nave di 300 metri e con 4500 croceristi?  Essere classe dirigente del paese vuol dire avere un qualcosa di più delle “persone comuni”. Nessuno è obbligato ad esserlo. Nessuno è obbligato a farlo. Se lo fate diventate colpevoli. Colpevoli delle vostre bassezze. Della vostra incapacità a governare con freddezza e razionalità le “crisi”. Colpevoli di trascinare nel disastro la nave che vi è stata affidata.
Certo siete colpevoli. Avete la faccia e il portamento dei colpevoli. Avete il broncio dei colpevoli. Ma va detto però. I vostri genitori sono altrettanto colpevoli. Perché vi hanno iscritto al liceo classico? Perché vi hanno fatto credere che ce l’avreste potuta fare? Ed anche i vostri amici che vi hanno sostenuto nei giorni dell’iscrizione. Perché non vi hanno detto che un serio lavoro comune, fatto con piacere e impegno, è dignitoso e non svilisce l’individuo? Che stare nella classe dirigente del paese richiede doti che non tutti possono avere?  E allora: Berlusconi eri un bravo imprenditore. Perché non hai continuato a farlo. E ad arricchirti con le tue trovate e il tuo ingegno da Chansonnier? E tu, Schettino: perché no? Comandare un Traghetto Piombino-Elba è così disdicevole? Magari potevi divertirti a suonare la sirena tutte le volte che arrivavi vicino al porto. Guadagnavi di i meno, certo. Ma stavi più tranquillo e potevi darti più daffare, senza tanti danni, ad acchitare giovani spose in vacanza.
Ma non è finita. Schettino e Berlusconi sono colpevoli. Non hanno attenuanti. Hanno dato il peggio di sé nel momento meno opportuno. Hanno fallito nel momento in cui si vede davvero “l’uomo in faccia”! E’ un problema di faccia. Hanno ambedue una maschera sbagliata. Che non si addice alla tragedia. Al massimo all’operetta.  Sono colpevoli i genitori e gli amici. Non si finge ad un figlio o ad un amico. Voler bene ad una persona vuol dire anche dargli una giusta valutazione sulle proprie possibilità. Non si è amici quando si lascia andare allo sbaraglio, senza rete, un amico. Ma che dire di quanti hanno visto all’opera queste “macchiette” e non hanno detto nulla?
Tutti sapevano dell’inchino che veniva tributato alle isole dell’Arcipelago. A nessuno è venuto  in mente di dire: ma che fate è pericoloso! Ma siete pazzi a sottoporre a questo rischio la nave e l’isola? Niente. Tutti tacevano e accettavano di vedere folklore laddove c’era soltanto una bravata. E che dire delle penose uscite di Berlusconi in veste di latin lover oppure di barzellettiere di corte?  Si sono accettati, e ancora peggio osannati, comportamenti e abitudini scorrette,scomposte e volgari che mal si addicevano a un ruolo da classe dirigente.
E questa è una colpa che riguarda molti nel paese. Altri avranno commesso altre colpe. Ma non è di questo che parla la metafora della nave Concordia. Quella nave ci parla di un errore fondamentale per il bene di un paese. E cioè quello di poter far diventare “classe dirigente” degli incapaci. Non in assoluto. Ma incapaci di svolgere un ruolo di guida e di comando. Incapaci di essere punto di riferimento nei momenti di crisi. Cioè in quei momenti in cui tutti si ammassano sul ponte della nave, impauriti, spersi e senza più orientamento. Ebbene è in quei momenti che si vede la differenza. E’ in quei momenti che serve essere classe dirigente “dentro”. Avere razionalità e altruismo. Testa e cuore. Freddezza, competenza ma anche passione e senso del dovere.
E ora che facciamo? La nave giace a terra. Il baratro è sempre più vicino. Per fortuna ci sono istituzioni che ancora reggono. E reggono più in virtù di persone che emergono per le loro competenze tecniche piuttosto che per il loro essere classe dirigente. Dobbiamo accontentarci, anzi ringraziare, un comandante della capitaneria che urla nel telefono: torni sulla nave, cazzo! Dobbiamo accontentarci, anzi ringraziare, un professore che in virtù delle sue competenze prende in mano il Governo del paese. E si improvvisa classe dirigente laddove dovrebbe, per competenza e attitudine, essere al più  un valido supporto tecnico a questa.
E per fortuna ci sono i pompieri, i sommozzatori, i tanti tecnici dell’ambiente, i metereologhi e gli amministratori efficienti. E per fortuna c’è la popolazione del Giglio che, in un momento di emergenza, non si è tirata indietro. E per fortuna c’è una comunità e un paese che si è stretto intorno alle vittime con la giusta pietà e il giusto senso di indignazione per i colpevoli. 
Insomma ci sono tanti tecnici nelle istituzioni che a qualche titolo fanno il proprio dovere con competenza e passione. C’è un popolo che , quando è sotto pressione, tira fuori il meglio di sé. C’è ancora una comunità locale e nazionale che regge, che si riconosce in qualcosa di vero  e nei valori più profondi. Certo ci sono tanti speculatori, demagoghi e attaccabrighe che prolificano in un momento come questo. Che sembrano tanti perché vociano tanto. Ma, in fondo, ci sono sempre stati e, come sempre, non saranno questi a fare la storia del paese.
Ma è urgente che si formi di nuovo una classe dirigente. Non si viene fuori dalla crisi con una classe dirigente screditata, delegittimata e senza capacità. Schettino e Berlusconi non sono stati incidenti. Sono stati il risultato di una svista collettiva. Di un’idea banale e populista del comando. E cioè che chiunque possa ambire a guidare una grande nave. Perché intanto, si sa oggi, le navi vanno avanti da sole. Un sorriso sul ponte, due battute alla ciurma e una barzelletta coi commensali bastano a legittimare un comandante. Ed invece così non è. La speranza è che, se e quando qualcuno riuscirà a spostare la nave dagli scogli magari impedendone l’inabissamento, ci sia già pronta una nuova classe di comandanti capaci di guidare navi sempre più grandi e complesse con il piglio,  la competenza e la serietà che il ruolo richiede.
 

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