Scene di ordinaria sofferenza fra le rovine di Gaza

La toccante testimonianza di Yousef Aljamal

Le conseguenze di un conflitto che non ha ancora una fine si leggono nella toccante testimonianza di Yousef Aljamal per il magazine +972, dal titolo “The daily battles to survive the Gaza genocide”: “A Gaza per ricevere i pochi aiuti disponibili, i residenti devono fare file interminabili. In alcuni casi, sono gli amici che per giorni si mettono in coda per ricevere due scatolette di fagioli e dei biscotti”. Prodotti scaduti che come dice Abdullah Eid: “Persino i gatti si rifiutano di mangiare quella carne”. I beni preziosi sono farina, acqua e l’elettricità. Consumi energetici al minimo: generatori con il contagocce del carburante, batterie delle auto scariche, restano i pannelli solari ad alimentare i cellulari. Le auto sono un lusso e il trasporto si fa sul dorso degli asini: “Gli asini, scherzano gli abitanti di Gaza, sono stati più utili della maggior parte dei governi e degli attori internazionali”. Una buona occasione per smettere di fumare. Ismail, 32 anni, è il fratello di Eid ed un fumatore incallito: “il prezzo delle sigarette è alle stelle”.

Il fattore resilienza è l’alternativa, rimboccarsi le maniche e andare avanti: “C’è chi ha costruito forni per il pane con argilla, sterco animale e paglia”, che alimenta con la legna recuperata tra le macerie. Introvabile l’acqua in bottiglia: “I serbatoi collegati alle abitazioni sono stati in gran parte distrutti dagli attacchi aerei israeliani. L’acqua del rubinetto, prelevata dalla falda di Gaza, è inquinata da liquami e acqua di mare, eppure la gente non ha altra scelta che usarla per bere, lavarsi e cucinare”. “In funzione restano piccoli impianti di desalinizzazione, mentre alcune moschee e altre istituzioni hanno i propri sistemi di purificazione dell’acqua, quindi i residenti fanno la fila per raccoglierla da loro… Nel caldo torrido dell’estate, amici e parenti riescono a fare la doccia solo una volta ogni 7-10 giorni. Lo shampoo non è disponibile”. Situazione sanitaria al collasso: gastroenteriti, epatite e primi casi di poliomielite.

Il racconto di Aljamal è anche la sua storia personale: “Uno dei momenti più difficili degli ultimi 10 mesi è stato a maggio quando mio padre è venuto a mancare. Soffriva da tempo di problemi cronici di glicemia e pressione sanguigna e aveva subito diversi ictus, che di recente gli avevano portato a diagnosticare la sindrome di Dejerine Roussy. Sono riuscito a inviargli le medicine necessarie solo tramite una missione internazionale che è entrata a Gaza. Mio padre sentiva che il suo tempo stava volgendo al termine rifiutandosi di lasciare Gaza. Alla fine, un ictus cerebrale che gli ha tolto la vita. Ho passato lunghe ore al telefono cercando di salvargli la vita, ma con la mancanza di medicine nella Striscia, alla fine non ci siamo riusciti. Purtroppo, il caso di mio padre non è isolato. Migliaia di palestinesi malati cronici o terminali hanno a lungo lottato per accedere a cure adeguate durante l’assedio israeliano. Molti malati di cancro, in particolare, hanno perso la vita nel corso degli anni in attesa dei permessi per lasciare la Striscia. Alcuni pazienti ricevono l’autorizzazione per una sessione di chemioterapia, ma non per il follow-up. L’esercito (israeliano) è arrivato a ricattare i malati di cancro, offrendo permessi medici solo se accettano di collaborare con i servizi segreti”.

A Gaza, non è una novità, il mercato nero invece va alla grande: “Il prezzo dei beni di base come carne, farina, acqua e verdura è da 25 a 50 volte superiore al costo prima della guerra. Un sacco di farina che prima costava 30 shekel [8 dollari] ora costa 500 shekel [137 dollari]”. Quasi ovunque c’è chi ha perso il lavoro. Le banconote sono “razionate” e i contanti valgono quanto oro, ovviamente la “malavita” sguazza: “L’11 agosto, la filiale della Bank of Palestine è stata presa d’assalto da uomini armati”. Ridere per non piangere: quando gli abitanti di Gaza sono stati inizialmente sfollati dalle loro case era inverno, avendo Israele proibito l’ingresso di indumenti, i vestiti e le scarpe estive scarseggiano e le persone fanno del loro meglio per riutilizzare o convertire quello rimasto. E si arriva al paradosso tragicomico: “Qualcuno affitta pantofole per un’ora o due a meno di un dollaro”.

È successo che gli aiuti precipitati dal cielo hanno sfondato i tetti e schiacciato le persone in attesa di cibo. Comunque, la tela dei paracaduti è regolarmente usata per fabbricare tende. I cimiteri sono “sovraffollati”. Nella battaglia di Gaza si lotta per sopravvivere. Ma quando la speranza svanisce la realtà è che: “Stiamo tutti morendo lentamente”.

Allo stesso tempo non possiamo non guardare al dramma di decine di migliaia di israeliani che dal nord al sud del paese sono stati costretti a lasciare tutto, per essere “ricollocati” in zone sicure, a casa di parenti o amici, e in strutture alberghiere. Anche per loro, in tempo di guerra, il futuro è tutt’altro che rosa.

Alfredo De Girolamo Enrico Catassi

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