Sanremo: 72 anni di vittorie prima di Mahmood & Blanco

Firenze – E’ calato il sipario sulla 72 a  edizione del Festival di Sanremo, che ha visto la vittoria di Mahmood & Blanco con ‘Brividi‘. E se questo sarà ricordato come il festival dei record e che è stato particolarmente spettacolare, merita fare un raffronto con l’epoca pioneristica attraverso un excursus sulle prime 15 edizioni.

Anzitutto, uno sguardo sul contesto sociale in cui si svolgeva la manifestazione canora.  Si era all’inizio degli anni ’50 e si sentiva la gente cantare per strada le canzoni che avevano avuto maggior successo. Spesso le cantavano uomini e donne mentre lavoravano o le casalinghe in cucina.

Un  segnale di allegria, di buonumore in quell’Italia che si stava risollevando dalle macerie della guerra. C’erano molte difficoltà :salari bassi, disoccupazione, ma si aveva fiducia in un mondo migliore. Si ricordano ancora le prime edizioni del Festival :  quelle con  Nilla Pizzi, Carla Boni, Gino Latilla e altri personaggi che divennero subito mitici.

All’epoca non c’era ancora la televisione (nacque nel 1954 ma fino al ‘55-’56 era poco diffusa specie nei piccoli centri) e Sanremo si ascoltava per radio. La mancanza del video, naturalmente non consentiva di dare spazio alla spettacolarità e le trasmissioni condotte da un grande intrattenitore come Nunzio Filogamo (celebre il suo saluto agli amici vicini e lontani) erano necessariamente sobrie.

Quanto alla gente che cantava per strada bisogna dare anche un’altra spiegazione. Anzitutto, parecchi motivi erano orecchiabili, colpivano subito la fantasia e divenivano dei modi di dire, delle metafore, anche nel parlare comune, fuori dal contesto musicale

Pensiamo a Vola colomba, Aprite le finestre, Papaveri e papere, L’Edera, La vita è un paradiso di bugie ecc.  Bisogna anche dire che la gente aveva buon orecchio  perché si trattava di motivi ascoltati poche volte durante e dopo il festival.

E il  punto è proprio questo: nei primi anni  ’50 i registratori erano praticamente inesistenti e i giradischi erano appannaggio dei ceti  medio alti. Le canzoni le trasmetteva la radio ma anche qui con parsimonia. Quindi se volevamo sentire una canzone era più facile canticchiarla.

Da notare che anche nei decenni successivi, fino all’avvento di internet, … se non avevi il disco e il cd o se non le avevi registrate a suo tempo, non riuscivi più a trovare brani degli  anni passati anche perché i negozi vintage erano davvero rari. E stato in questi ultimi venti anni che abbiamo recuperato  motivi degli anni giovanili spesso ormai dimenticati.

E torniamo al Festival. Nella prima edizione (1951) a cui parteciparono 20 canzoni trionfò Nilla Pizzi con Grazie dei fior . La cantante bissò il successo l’anno successivo con Vola colomba. Al secondo posto Papaveri e papere con un  singolare testo evocativo, surreale.

Dal 1953 le canzoni vennero eseguite da due interpreti. Vinse Viale d’autunno cantata da Carla Boni e Flo Sandon’s. Divenne assai popolare Vecchio scarpone  una sorta di marcetta militare venata di nostalgia. Nel 1954 al primo posto si piazzò Tutte le mamme cantata da Giorgio Consolini e Gino Latilla  Vari successi  fecero breccia a lungo nell’immaginario collettivo come Canzone da due soldi, Aveva un bavero( color zafferano e la marsina color ciclamino), E la barca tornò sola 

Il 1955 fu l’anno del debutto del festival in televisione. Vincitori,  Claudio Villa e Tullio Pane  con Buongiorno tristezza. Da notare che la manifestazione canora fin dall’inizio si svolgeva

In tre serate ma per qualche tempo solo l’ultima veniva trasmessa integralmente attorno alle ore 21. Nelle altre due la televisione si collegava dopo le 22.

Nel 1956  il Festival fu riservato a cantanti debuttanti.  Vinse Franca Raimondi  con  Aprite le finestre, una canzone che divenne simbolo della speranza . Celebre il primo verso della seconda strofa (Aprite le finestre al nuovo sole) , Il 1957 segnò un nuovo successo di Claudio Villa che insieme a  Nunzio Gallo cantò  Corde della mia chitarra. Da notare un brano divenuto cult: Casetta in Canada  con un testo  decisamente fuori dall’ordinario dove si parla di un certo Pinco Panco, incendiava sistematicamente tutte le graziose casette che il protagonista Martino si costruiva.

L’edizione del 1958 sancì il trionfo di Domenico Modugno  e  Jonny Dorelli.  Nel blu dipinto di blu (Volare)  aprì un’epoca nuova.(  tra l’altro, Modugno fu il primo autore a interpretare la propria canzone).Volare divenne la canzone simbolo di un’Italia che sentiva giunto il momento del “decollo” dopo gli anni duri del dopoguerra.  E l’anno dopo sempre Modugno-Dorelli tornarono al successo con Piove meglio conosciuta  per il ritornello Ciao ciao bambina. Un momento di malinconia dopo l’ottimismo di Volare.

La formula di un brano cantato  da due interpreti, adottata dal 1953, (unica accezione il 1956),  consentiva  di dare versioni differenti. Al prorompente  ed emozionante  Modugno fece riscontro il misurato, raffinato Dorelli che apparteneva al filone dei cantanti  “confidenziali”. Dorelli ha partecipato a ben nove edizioni del Festival e una volta ne è stato il presentatore.

Questa varietà di toni fu adottata con successo anche da Renato Rascel con Romantica la sua interpretazione,  più tradizionalista, che si era affiancata da quella di Tony Dallara considerato uno dei maggiori esponenti dei c,d,  urlatori.

Per la vittoria di Romantica dopo il biennio di Modugno  si parlò allora, di restaurazione melodica  ma non mi sembra proprio che fosse così. Perchè sebbene in modo diverso anch’essa era innovativa (da ricordare anche la splendida cover incisa da Dalida che ebbe successo in Francia).

Il 1961 vide l’ esordio al  Festival di  Adriano Celentano con uno dei suoi storici successi : 24mila baci che si classifico secondo (in coppia con Little Tony un duo decisamente rock) . Ma a prevalere fu la melodica Al di là cantata da Luciano Tajoli  uno dei  grandi protagonisti della canzone italiana  e da  Betty Curtis che aveva un’impostazione canora innovativa.  Quella edizione vide anche il debutto di  Mina, Milva, Giorgio Gaber.

Nel 1962  vittoria di Addio,addio ! condotta al successo da  due  “pesi massimi” come  Claudio Villa e  Domenico Modugno.  L’anno successivo  fu invece la volta di Uno per tutte  cantata da Tony Renis ed Emilio Pericoli  ma si ricorda anche il successo discografico di  Giovan giovane con  Pino Donaggio – Cocky Mazzetti.

E  arriviamo al famoso festival del 1964  noto per l’esclusione dalla  finale di Una lacrima sul viso, una delle più famose canzoni di tutti i tempi  perché Bobby solo a causa di una raucedine  non potè cantare dal vivo;  Potè esibirsi playback  ma fuori concorso.

Vinse Gigliola Cinquetti (in coppia con Patricia Carli ) con Non ho l’età.  Gigliola Cinquetti che aveva allora 16 anni  fu anche la prima italiana a vincere l’Eurofestival.

Bobby solo ebbe la sua rivincita l’anno successivo con Se piangi, se ridi  cantata in coppia con il gruppo statunitense The Minstrels. In quella stessa edizione che si caratterizzò  come la precedente per la presenza di famosi  cantanti stranieri   i Mistrels  e Wilma Goich  ebbero un grande successo con Le colline sono in fiore  mentre Pino Donaggio e  Jody Miller lanciarono Io che non vivo, un evergreen internazionale.

Oramai con l’avvento dei cantanti stranieri e dei cantautori il Festival conobbe un’ altra evoluzione…

Per adesso mi fermo qui  ma termino ricordando che l’importanza subito assunta dal  Festival di Sanremo  nel costume italiano si riscontra anche da alcuni aneddoti.  In un’ epoca di  contrasti ideologici che permeava ogni  ambito della società. Vola colomba bianca vola fu accusata di  portare acqua al mulino della propaganda comunista che aveva allora come logo la colomba della pace; mentre Papaveri e papere fu guardata con sospetto perché pareva alludere agli alti “papaveri” della politica che, nella canzone, venivano tagliati. Semplici coincidenze, ovviamente. Ma erano simbolo di una mentalità  ancora legata al passato quando, durante il ventennio il regime se la prendeva con quelle che  considerava  velate allusioni, come la canzone Vivere  considerata un contraltare  all’imperativo categorico  del Duce “Vincere!”.

Questa allusione non si riscontra nel testo che parla della fine di un’ amore   ma c’era senza dubbio nella gente che la cantava durante la guerra.

Foto: Amadeus

 

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