Firenze – “I recenti scandali sui concorsi truccati alla facoltà di Medicina? Mi creano sconforto, ma non è la regola”. Non sono questi i guai più importanti della Sanità nel nostro Paese, ma piuttosto il crollo degli investimenti, l’obsolescenza tecnologica, l’acuta carenza di personale.
Così Marco Geddes da Filicaia, epidemiologo, con una lunga carriera ai massimi livelli della Sanità pubblica, interviene sul terremoto che ha coinvolto l’università di Firenze. Geddes è autore di un libro, La salute sostenibile, che da alcuni mesi sta facendo discutere intensamente gli addetti ai lavori. La sua tesi? Il nostro Paese deve andare avanti senza scorciatoie sulla strada di un Servizio sanitario equo e universalistico perché, con adeguati interventi, possiamo permettercelo.
L’organizzazione del Sistema sanitario nazionale su base regionale mantiene ancora la sua validità con la scure che ogni anno si abbatte sui bilanci periferici?
Le differenze fra le singole Regioni sono molto rilevanti non solo dal punto di vista dell’efficacia – efficienza ma anche secondo alcuni grandi indicatori, primo fra tutti il tasso di mortalità. La distanza fra le speranze di vita di un cittadino che vive a Firenze e uno di una provincia del sud è addirittura di quattro anni. Ritengo che questo non sia solo effetto della disparità dei sistemi sanitari, ma anche di variabili socioeconomiche come povertà, disoccupazione, abitudini di vita. Dal punto di vista squisitamente finanziario i piani regionali di rientro dal deficit hanno azzerato gli squilibri, ma dal punto di vista del funzionamento del sistema sanitario siamo invece in notevole crisi. Siamo riusciti a costruire una Sanità “sobria e resiliente”, ma se il sistema non verrà rifinanziato la crisi si approfondirà inesorabilmente. Il capitolo della sostituzione del personale per esempio non è più rimandabile…
E’ storia di questi giorni l’allargamento agli alti livelli della dirigenza dell’ospedale Careggi dell’inchiesta sui concorsi truccati della facoltà di Medicina di Firenze. In sostanza proprio la fonte del rinnovamento professionale della Sanità è inquisita per attività illecite e favoritismi. Secondo lei è l’eccezione o la regola?
Personalmente mi sento scoraggiato. Purtroppo queste problematiche sono state sempre presenti a livello universitario. Esiste un serio problema di modalità di selezione, ma l’inquinamento, il sotterfugio, l’illecito non è ovunque. C’è un contrasto non risolto fra scelta ad personam e concorso pubblico basato su criteri oggettivi, che spesso tali non sono. Esiste in politica e nell’Accademia. Ma non è un problema centrale nella formazione del nostro personale sanitario.
E qual è il vero problema degli organici del nostro SSN?
Uno molto importante è quello della mancata programmazione delle scuole di specializzazione: lì è l’imbuto. E poi c’è il tema davvero drammatico della carenza di personale infermieristico. Siamo fanalino di coda dell’Europa. Se dovessimo metterci al pari dell’Inghilterra dovremmo assumere oltre 132mila infermieri; in confronto alla Germania addirittura 439mila. Di questa carenza risentono gli ospedali, ma soprattutto l’assistenza domiciliare. Anche noi garantiamo otto ore per utente come in Svezia e Norvegia, ma loro settimanalmente, noi in un anno! Pensi se il Reddito di cittadinanza fosse finalizzato a riempire queste carenze, sarebbe una vera rivoluzione. Ma questo implica una visione molto diversa del futuro del nostro Paese…
In media attualmente la Sanità assorbe circa l’80% del bilancio della Regione Toscana, una cifra che sicuramente non ha margini di incremento nei prossimi anni. Cosa accadrà nell’immediato futuro?
La cosa più preoccupante è che tutte le forze politiche, a livello parlamentare, sembrano aver sposato questa logica di Austerity. Al contrario la Corte dei Conti e la Ragioneria dello Stato hanno sollevato perplessità sugli ultimi Def perché le spese di investimento in materia di sanità sono state decurtate addirittura del 42% in quattro anni. E’ una batosta enorme. Sono a rischio sismico molti ospedali italiani, per non parlare poi dell’obsolescenza delle tecnologie…
Nel suo libro lei scrive che il contenimento della spesa sanitaria non sta in nuove riforme epocali ma nella strategia del cacciavite. Come lo userebbe qui ed ora in Toscana?
La prima cosa è dotarsi di un piano quinquennale in cui si definiscono investimenti e tecnologie per ridurre il numero di apparecchiature, rinnovarle, e farle funzionare a tempo pieno, anche il sabato mattina per esempio, nel pomeriggio durante la settimana. Abbiamo il doppio di apparecchiature per la Risonanza magnetica rispetto alla Francia e il triplo dell’Inghilterra, ma sono vecchie e funzionano meno. L’altro elemento importante è che un sistema complesso ha bisogno di una governance con continui aggiustamenti e aggiornamenti. Modelli organizzativi, formazione: questi sono aspetti poco appariscenti, che si vedono poco e sono lasciati completamente a se stessi. Potrei fare un lungo elenco delle cose su cui intervenire, ma la sintesi è questa: aumentare i finanziamenti, rinnovare il personale e costruire una superiore capacità di programmazione.
Foto: Marco Geddes