Prato – Sul caso Saman Abbas, la ragazza pakistana scomparsa presunta vittima della famiglia che voleva imporle il matrimonio, si fa sempre più strada l’ipotesi che poteva essere salvata se solo si fosse applicato l’articolo 18 bis del testo unico di immigrazione, che tutela le donne immigrate dalla violenza e che si applica quando siano state accertate situazioni di violenza o abuso nei confronti di una straniera (di norma una donna), ed emerga un attuale pericolo per la sua incolumità.
Infatti dopo la tragedia di Saman, il questore di Bergamo Maurizio Auriemma ha disposto pochi giorni fa, due avvisi orali nei confronti di due extracomunitari residenti a Bergamo, padre e e fratello di una ventinovenne che aveva deciso di abbandonare la casa paterna per andare a vivere con il compagno. I due familiari avevano minacciato la ragazza perché contrari allo stile di vita adottato dalla giovane e alla relazione sentimentale.
A chi fa notare che in quel testo manca la specifica del matrimonio forzato, la presidente dell’Associazione Nazionale APS Senza Veli Sulla Lingua (contro la violenza sulle donne e di genere), Ebla Ahmed,ha dichiarato: “Nella scorsa puntata del programma Chi l’ ha visto del 30 Luglio 2021 è stata data per la prima volta la notizia in trasmissione dal giornalista Paolo Andrioli, da noi informato, che per il caso Saman Abbas (la ragazza pakistana uccisa a Novellara), si poteva applicare l’articolo18 bis del testo unico di immigrazione ( ex 558 bis c.p.). Infatti se fosse stato applicato il suddetto articolo, la ragazza sarebbe oggi viva.
Saman infatti aveva cominciato a denunciare la sua situazione di vittima di violenza domestica ben sette mesi fa: ovvero che veniva tenuta segregata in casa dal padre; che non le veniva data la possibilità di studiare; che non aveva la libertà di frequentare amici;che le veniva impedito di vestirsi a suo piacimento; e per di più riceveva percosse in famiglia. Disagi e vessazioni incredibili da sopportare a cui si è aggiunta poi anche la volontà paterna di imporre alla giovane un matrimonio forzato che però è solo la punta di un iceberg di una lunga serie di atti persecutori perpetrate a danno della giovane. L’articolo 18 bis, ha dato attuazione all’articolo 59 della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e lotta alla violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica ed introduce il rilascio dello specifico permesso di soggiorno alle vittime degli atti di violenza perseguiti dalla Convenzione”.
La vicepresidente Patrizia Scotto di Santolo: “Se nell’articolo 18 bis non è incluso il matrimonio forzato poco importa, perché Saman era palesemente vittima di violenza domestica e quindi rientrante nella categoria di vittime di violenza dell’ art. 18 bis. A questo errore di valutazione se ne è aggiunto un altro altrettanto grave e che riguarda principalmente la protezione di Saman, perché la giovane doveva essere messa in una casa protetta e non in un luogo accessibile; le doveva essere tolto il cellulare per non essere rintracciabile da nessuno. Sarebbe stato auspicabile anche che Saman avesse potuto essere seguita da uno psicologo insieme ad un mediatore culturale”.
Tutta una serie di “sviste” a causa delle quali Saman si è sentita costretta a ritornare a casa e tentare così di riprendersi i suoi documenti negategli dal padre. Un ritorno peró che le è stato fatale e che dimostra una rete di protezione fallimentare. “Quindi, – conclude poi la presidente Ebla Ahmed – continuare a sostenere che il caso Saman non rientra nell’art.18 bis rappresenta un errore madornale che poteva, anzi doveva essere evitato. E basterebbe a questo punto riuscire a trovare la prima denuncia di Saman Abbas. Questa potrebbe finalmente fare luce su tutta questa terribile e drammatica vicenda”.
In foto Ebla Ahmed e il logo dell’associazione Senza Veli sulla Lingua