Signor Dario Nardella,
mi rivolgo ai lei mentre è impegnato nella campagna elettorale perché è uno dei momenti in cui è più facile essere ascoltati dai politici.
Premesso che le riconosco, tra gli altri, due grossi meriti come responsabile dello sport del Comune di Firenze, aver contribuito in modo rilevante a portare a Firenze i mondiali di ciclismo 2103, evento per la prima volta in assoluto in Toscana. E di aver tentato di far partire da Firenze il Tour de France del 2014 per festeggiare così il centenario della nascita dell’indimenticabile campione fiorentino Gino Bartali.
Confesso che per quest’ultimo tentativo, purtroppo fallito, il mio apprezzamento è ancora maggiore, rispetto a quello per i campionati del mondo di ciclismo, perché condotto da lei con particolare puntiglio senza cercare mai visibilità, quindi consensi. Cioè senza sventolare le iniziative, di volta in volta, assunte per realizzare il progetto.
Pertanto è stata una vicenda scarsamente nota, ma che come giornalista ho seguito in prima persona. Per questo voglio riassumerla, prima di esporre i motivi per i quali mi sono permesso di indirizzarle queste righe.
Lei incontrò in Palazzo Vecchio Christian Prudhomme, patron della grande corsa francese. Per la partenza del Tour da Firenze cioè presentazione delle squadre partecipanti, una minitappa a cronometro ed una tappa in linea, Prudhomme chiese qualcosa come 5 milioni di euro. Cioè quasi dieci miliardi di vecchie lire.
Si dice che lei sbiancasse in volto davanti a quella richiesta. Ma non si arrese. Contattò, sempre in silenzio, ancora il patron della corsa transalpina che ridusse le sue richieste a 4 milioni. Era sempre una cifra astronomica non solo per le misere casse di Palazzo Vecchio. Allora cercò degli sponsors puntando anche su alcune aziende francesi che operano in Toscana.
Forse avrebbe potuto essere una strada percorribile alla condizione che oltre alle prove fissate per Firenze si aggiungesse, per trovare un adeguato numero di sponsors, almeno un’altra tappa in Italia. Magari partire da una città toscana (Pisa? Viareggio?) e far tappa a Novi Ligure “legando” così al nome di Bartali quello del suo grande e storico rivale Fausto Coppi. Con questa proposta – e pare altre minori – ancora in silenzio raggiunse Prudhomme a Parigi. Ma la risposta fu no perché il Tour dopo Firenze avrebbe dovuto rientrare direttamente in Francia. Insomma niente Giro di Francia all’ombra del Cupolone, ma rimane il suo lodevolissimo impegno per realizzare il progetto.
Ecco ora le chiedo, signor Nardella, di affrontare con lo stesso slancio il problema del museo del ciclismo Gino Bartali di Ponte a Ema che sta agonizzando. Ricordo che è stato inaugurato nel 2006 tra gli applausi di tutti e con due miliardi e mezzo di soldi dei fiorentini. Proprietari il Comune di Firenze per il 65 per cento, il resto tra Comune di Bagno a Ripoli e la Provincia di Firenze.
La struttura venne affidata all’Associazione Amici del Museo formata da tutti volontari senza che la proprietà si preoccupasse mai di niente. Nel tempo il museo si è arricchito di tantissimi e preziosi cimeli che illustrano la storia del ciclismo e della bicicletta. Insomma meriterebbe di essere inserito tra gli enti culturali della città.
Però ha vissuto sempre una vita molto difficile – un periodo chiuse anche i battenti – e sarebbe lungo e doloroso rievocare le amare vicissitudini che, tra l’altro, lei conosce bene. I dirigenti dell’Associazione amici del museo stanno organizzando, a partite dal 5 maggio, una serie di interessanti iniziative per festeggiare appunto il centenario della nascita di “Ginettaccio”.
Ma siamo arrivati ad un punto di non ritorno. La situazione è estremamente critica che impone un immediato e deciso intervento. Le soluzioni sono soltanto due : rilancio alla grande fino a farne del museo una tappa anche per il turismo di massa; oppure chiuderlo definitivamente. A lei signor Nardella spetta il compito di risolvere questo quesito perché rappresenta praticamente la proprietà del museo.
Grazie per l’attenzione e cordiali saluti.
Franco Calamai