Firenze – Non è più un sogno. Marcia con la forza e la determinazione di uno schiacciasassi, il progetto di portare a Firenze il Salone nazionale del Libro. C’è già una data, 2-3-4 dicembre (a ridosso dell’evento sulla piccola editoria di Roma, ma, fanno capire i ben informati, non sarà un problema dal momento che ci saranno presenze e “tagli” diversi fra le due kermesse culturali), c’è già un “titolo”, Stazione del Libro, ci sono già parole spese dai più grandi gruppi editoriali. Ancora in trattativa, la location: si discute fra la Leopolda, sede molto naturale per un’iniziativa che porta nel titolo il sostantivo “stazione”, oppure la gloriosa Fortezza da Basso. Ma l’operazione sembra molto ben avviata per diventare ciò che Firenze aspetta da anni: un avvenimento che, sulla falsariga di quello di Torino, proietti la città al centro di una tre giorni di intenso scambio, dibattito, incontro fra autori, editori, ghost writers, e, naturalmente, il pubblico.
Per quanto riguarda le varie anime che hanno messo in moto l’operazione, un tributo d’onore va a Porto Seguro, fiorentinissima realtà di visionari (per molti) creativi (per tutti) che, nel coacervo di relazioni e rapporti che si scambiano nel Salone piemontese, ha avuto quel guizzo di lucida follia necessaria a chi si accinge a mettere il sale sulla coda al sogno, facendolo fermare al proprio capolinea. Un capolinea che si trasforma in una accogliente casa per chi ama, scrive, vende libri, non ultimo, a proposito di accoglienza, il costo veramente competitivo degli stand. Non solo: se festa dev’essere, festa sia e allora ecco che il Salone fiorentino sarà “Salone” dalle 10 alle 20, per poi ospitare eventi, concerti, sfilate.
Idee nuove? Da vendere. A cominciare dalla sistemazione degli stand, farina del sacco dei creativi di Porto Seguro: uno stand dei grandi dell’editoria italiana, contornata da una galassia di stand dei “piccoli”. Niente stand “dedicati” niente ghetti: i “piccoli” beneficiano del movimento che si crea attorno ai “grandi” che a loro volta beneficiano del pubblico degli “aficionados” dei “piccoli”. Do ut des, pallone al centro. Altra idea, il “libro del cuore”: con il biglietto, omaggio del tuo grande classico, il libro che hai sempre ritenuto il “tuo”, quello che ti ha aperto gli occhi sulla vita e te stesso, il tuo compagno di viaggio. Happy hour? Servito: 10 euro, e ti compri due libri. Nell’orario dell’happy hour, appunto.
L’Idea – Ma il grande colpo di genio, quello più difficile da realizzare sebbene ci sia già chi ci lavora, è quello di riuscire a ottenere una compagnia ferroviaria come mainsponsor. Una partecipazione che si dovrebbe concretizzare nella messa su rotaia di un treno che attraversi l’Italia, riconoscibile ovviamente, da Aosta a Canicattì, raggiungendo tutte le stazioncine più isolate e impossibili del Paese, con soste, opportunamente comunicate, di tre ore. In quelle tre ore, qualsivoglia autore con un inedito nel cassetto pronto per essere pubblicato può portarlo sul treno e consegnarlo. Lo slogan: “Non devi spedire, veniamo noi”: Stazione del Libro, signori.