Saccardi (Testimonianze): “Tutti sulla stessa barca verso un mondo nuovo”

Firenze – Antropologia di un mondo in cambiamento è l’argomento del recente volume di Testimonianze (n.532 -3). Un numero monografico pensato per promuovere una riflessione a più voci sui cambiamenti in atto nel «mondo globale» – a partire dalle suggestioni che Ernesto Balducci aveva a suo tempo evocato ne L’Uomo planetario – e che  è diventato anche, inevitabilmente, l’occasione per riflettere sugli effetti (in ambito psicologico, sociale, economico, educativo) della crisi provocata dalla pandemia che, in questo periodo, ha colpito (sia pure in modo diversificato) le popolazioni del pianeta.

I vari autori sottolineano che nel tempo dell’incertezza (che potrebbe perfino essere gestita come opportunità) è importante ragionare di prospettive politiche e culturali (come il dialogo Oriente-Occidente e le responsabilità comuni dell’Europa) e di questioni economico-sociali per conciliare  la ripresa da una crisi gravissima con la sostenibilità. Ma si invita anche a porre attenzione agli elementi antropologici e alle risorse simboliche a cui far riferimento per prendere coscienza che, nell’unica casa che è il mondo, il segno e il verso delle trasformazioni in atto sono, infine, riconsegnati alla nostra responsabilità.

Per conoscere le caratteristiche di questo volume così ricco di spunti di riflessione, di aspetti evocativi, di suggestioni. abbiamo intervistato il direttore di Testimonianze Severino Saccardi, che è anche autore del saggio introduttivo: Quel che manca della notte. Interrogazioni su un mondo che cambia 

Antropologia di un mondo in cambiamento: un cambiamento che ha molte facce. Di cui il covid-19 è inevitabilmente una delle più importanti..

Quando il volume di «Testimonianze» dal titolo Antropologia di un mondo in cambiamento è stato, inizialmente, pensato e progettato, il virus non c’era ancora o, almeno, noi non ne conoscevamo l’esistenza e gli effetti. Poi tutto è cambiato. La riflessione a più voci che “Testimonianze” ha invitato a fare e che oggi presenta, con questa nuova pubblicazione, è diventata dunque inevitabilmente (anche se non solo) l’occasione per analizzare gli effetti (in ambito sanitario, ma anche sul piano sociale, economico, psicologico e umano) che la pandemia è andata provocando, colpendo, sia pure in modo differenziato, le popolazioni del pianeta intero. L’attenzione degli autori (giornalisti, filosofi, psicologi, ma anche un nutrito gruppo di giovani, dottorandi e laureandi dell’ Università di Pisa, coordinati da Fabio Dei) che sono intervenuti in questo dibattito, è rivolta soprattutto ai temi di carattere antropologico, a partire dagli elementi di novità che la drammatica situazione che si è andata determinando ha prodotto nella mentalità, negli assetti di vita, nelle relazioni sociali ed interpersonali.

Si rileva che la globalizzazione cambia segno e verso. Ma si aggiunge un «forse». Come mai?

Perché la situazione è molto complessa e molto incerta. Cioè, non semplice da definire e da decifrare. Certo, è perfino possibile, come sostiene Mauro Ceruti (filosofo della cultura della complessità e storico sodale di Edgar Morin), nell’articolo scritto a quattro mani con Francesco Bellusci per il nostro volume, rovesciare l’ottica con cui guardare alla realtà contemporanea. Le nuove soglie antropologiche potrebbero risiedere proprio nel sostituire certezze consolidate con l’opportunità dell’incertezza, in un momento in cui milioni di esseri umani si sono ritrovati accomunati nello stesso destino, di colpo consapevoli della loro fragilità. La via, come già suggeriva Ernesto Balducci, sarebbe quella di perseguire l’unità planetaria nel rispetto delle diverse storie e delle diverse identità. Comunque, difficilmente è pensabile che l’attuale, drammatico, passaggio metta in crisi la globalizzazione in sé, che è una irreversibile dimensione e tendenza di fondo della nostra epoca. Certo, molti assetti, verosimilmente, cambieranno. E le dinamiche che muovono il nostro tempo sono destinate a riservarci ancora molte sorprese. Basta vedere quel che è successo, per l’appunto, con l’arrivo della pandemia. Nell’immediato, è sembrato di assistere alla ripresa ed al ritorno al centro della scena degli stati nazionali. Le frontiere si chiudono, i viaggi cessano, il turismo di massa (e con esso, una bella porzione dell’economia) va in crisi. Ci si aggrappa al governo dello stato a cui si appartiene, cercandovi un riferimento, una difesa ed una protezione. Inizialmente, abbiamo anche assistito (lo si rileva nel volume) perfino ad un aumento della popolarità del nostro governo (ora evidentemente molto in calo). Ma subito dopo l’istintiva (e necessaria, dal punto di vista sanitario) reazione di chiusura finalizzata all’autotutela, si scopre immediatamente che siamo tutti nella stessa barca e che solo tutti insieme ci si può salvare. Da noi, ci si appella all’Europa. E la ricerca dei farmaci e del vaccino che possano consentire un ritorno alla «normalità» non può che avvenire in un contesto di collaborazione e di condivisione delle competenze e del sapere medico-scientifico a livello planetario. Dove andremo sul piano politico, d’altra parte, è un mistero. La Cina, che, quando fu colpita inizialmente dall’epidemia, sembrava destinata ad una grave crisi, è ora in ripresa, sia sul piano interno, sia nelle relazioni con i vicini asiatici e nella più vasta dimensione internazionale: Gli Stati Uniti, che vivono, in casa loro un momento di notevole difficoltà (soprattutto per il modo contraddittorio con cui è stato affrontato il nodo sanitario, ma anche per le tensioni seguite alle violenze della polizia, prima, e poi all’esplosione del movimento “Black lives matter”, di cui, nel nostro volume scrive Letizia Oddo), sono comunque alla vigilia di un decisivo cambio di rotta dopo le presidenziali. L’Europa, scossa dalla diffusione non domata del Coronavirus e dal connesso disagio sociale, è come un perenne, e collettivo, Amleto, che ogni volta deve stare nuovamente a chiedersi se esistere o no. Ma dei passi avanti sono stati comunque fatti (con le posizioni della BCE e con il Recovery Fund, che alla fine verrà attuato). E poi, come scrivono, nei loro contributi Vanino Chiti e Simone Secci, «oggi di Europa c’è più bisogno che mai».

Cosa è la metafisica della peste di cui ha parlato Sergio Givone ?

Metafisica della peste è un bel libro di Sergio Givone di alcuni anni fa. Dei temi evocati e sviluppati, allora, abbiamo chiesto all’autore di tornare a parlare nel contesto dell’inedita, e drammatica, situazione odierna provocata dalla pandemia. Ne è nato un colloquio fra Givone e me, che è riportato in apertura del nostro volume. Un dialogo in cui, pur prendendo atto che il virus è «natura» e che può essere combattuto con gli strumenti della razionalità della medicina e della scienza, viene rilevato che ci sono flagelli (quello del Coronavirus non fa certo eccezione) che istintivamente fanno riemergere le antiche categorie mentali della «colpa» e del «destino». Colpa di che cosa? Forse, solo quella di esistere? La diffusione nel contagio ha fatto riemergere un senso della precarietà e della provvisorietà della vita che la nostra «cultura della rimozione» ha teso pervicacemente a nascondere e ad occultare. E’, d’altra parte, la stessa dimensione esistenziale che, proprio in relazione all’antico tema e all’irruzione della peste, hanno descritto autori come Tucidide, Boccaccio, McCarthy, Camus. Situazioni in cui ognuno pensa a salvare se stesso dalla minaccia incombente ed a vedere l’altro come pericolo e come minaccia. Eppure, ricorda Givone, proprio in tali momenti, riemerge l’importanza dell’imperativo etico e spirituale esprimibile con le parole: «Ama il prossimo tuo come te stesso». Nell’emergenza che stiamo vivendo, infatti, risalta con forza la constatazione che solo unendo le forze (con la collaborazione fra gli scienziati di ogni paesi e di diversi parti del mondo, ad esempio) e agendo responsabilmente, a livello individuale e collettivo, possiamo lasciare spazio alla speranza e intravedere una possibile via di salvezza.

Il virus viaggia ai ritmi della globalizzazione; ma la globalizzazione può anche servire per sconfiggerlo. Perché ?

Perché in un mondo interdipendente le sfide si vincono, o si perdono, insieme. Come prima dicevamo. Siamo, come titola un libro recente di Mauro Ceruti, Sulla stessa barca. Vale per la strategia finalizzata ad arginare il Covid, ma anche per gli altri grandi problemi «globali» del nostro tempo, che sono ancora tutti lì e che non possiamo dimenticare o rimuovere. Come il cambiamento climatico e il degrado ecologico del pianeta.

Nell’intervento di Vannino Chiti si parla della necessità di un nuovo ruolo dell’Europa e di un nuovo rapporto fra Oriente e Occidente. Quale ?

Anche Vannino Chiti ricorda che non è affatto detto che la crisi (sanitaria, antropologica e sociale) prodotta dal Coronavirus porti alla fine o ad un ridimensionamento della globalizzazione. Anzi. Andrà posta una rinnovata attenzione alla collocazione ed al ruolo dell’ Europa, nel quadro di un nuovo rapporto fra Oriente Occidente, le cui culture sono diverse, ma anche positivamente complementari. E in questo auspicabile e nuovo quadro di rapporti (che pure dovrà misurarsi con mille difficoltà, conflitti latenti ed espliciti e contraddizioni) è auspicabile e necessario che cresca la consapevolezza condivisa della complessità della prova che l’umanità, tutta, ha di fronte e dell’utilità di un’azione unitaria per la costruzione della pace, l’assunzione di adeguate misure per fronteggiare l’emergenza ecologica e per riscoprire vincoli di fraternità (come suggerisce anche papa Francesco nella sua Enciclica Fratelli tutti) al di là delle sensibilità culturali diverse. Come dice anche Stefano Zani in un’altra parte del volume, c’è bisogno di un nuovo umanesimo. E questo umanesimo, questa è la tesi, non può che essere interculturale, come hanno insegnato grandi pensatori come Raimon Panikkar.

Quali gli scenari post Covid? In che senso fate riferimento a un «Rinascimento» possibile?

 Per il superamento della crisi che ci ha investito, ci sono probabilmente molte cose da ripensare. Ad esempio, il modello di città e di vita urbana ed il rapporto città-campagna (come scrivono Pietro Bucciarelli, Giacomo Trentanovi e l’Ordine degli architetti di Firenze). Sono temi che affiorano anche nei contributi (nella sottosezione Pensare a più voci) del gruppo di giovani dottorandi e laureandi dell’ Università di Pisa, coordinati dal prof. Fabio Dei. Per uscire dalla grave crisi provocato dal Covid-19 bisogna, d’altra parte, cercare di ricavare il «bene dal male», come sostiene Giorgio Federici, richiamando il pensiero sociologico di Ulrich Beck e quello politologici di Vittorio Emanuele Parsi, dai quali si ricavano tre parole chiave (Metamorfosi, Progresso, Rinascimento) cui aggrapparsi per guardare oltre la precarietà e l’incertezza del nostro travagliato tempo presente.

Qual è l’importanza, il bisogno di risorse simboliche?

Lo diceva anche Francesco Guccini in una sua canzone. L’uomo ha il «cuore di simboli pieno». Senza simboli e senza pensiero simbolico la vita si inardisce e si impoverisce. In tempi di evidente povertà simbolica, nel momento difficile della prova, hanno saputo simbolicamente parlare al cuore di tante persone, di credenti o non credenti, le immagini del papa che prega da solo in piazza San Pietro o quella, per riferirsi alla nostra città, della preghiera ecumenica delle religioni in una piazza Signoria, anch’essa vuota.

Si parla anche del giornalismo che verrà e dell’accresciuto dominio della rete…

Del giornalismo e della sua crisi avevamo parlato anche in un altro nostro volume di qualche mese fa: La”verità” separata dai fatti. Ne l’ Antropologia di un mondo in cambiamento ne scrive ancora Piero Meucci. Il tema della comunicazione e dell’informazione è più cruciale che mai. Si pensi al ruolo che, all’interno della gigantesca crisi che stiamo vivendo, hanno avuto le fake news, i social, la circolazione di voci e di “notizie” prive di fondamento, il peso che hanno avuto il «negazionismo», la relativizzazione o la minimizzazione della gravità o della stessa esistenza del virus. L’importanza di una buona informazione, di una informazione indipendente e di qualità risalta ancor più che in un periodo di «normalità». Ma il giornalismo (e non solo quello legato alla versione cartacea dei giornali) è in crisi. Tuttavia, il bisogno dei cittadini di informarsi e di capire postula una risposta. Durante i mesi della reclusione c’è stata una notevole attenzione a notiziari, talk show e, soprattutto, al web. Le vendite dei quotidiani tradizionali hanno subito flessioni, anche se in taluni casi proprio le edicole aperte hanno fatto, in non poche situazioni, da punti di riferimento. L’obiettivo da porsi è quello di recuperare l’autorevolezza degli operatori dell’informazione presso la pubblica opinione. Importanti, in questo senso, il recupero di un più forte sostegno da parte dei lettori e nuovi modelli di intervento pubblico a sostegno di una attività e di una dimensione  che sono fondamentali in una società aperta e democratica, messa in subbuglio sempre più, in questo ambito,  dall’invasività delle grandi piattaforme e delle grandi imprese dell’intelligenza artificiale (che attualmente non sono tenute a rispondere e non sono ritenute responsabili dei contenuti pubblicati e ospitati nei loro spazi)

Quanto sono state importanti le intuizioni di Ernesto Balducci ? Ci aiutano anche a leggere il cammino del mondo contemporaneo?

Molto. Balducci è stato autore de L’uomo planetario. Ha saputo vedere per tempo, e in modo preveggente, le dinamiche di un mondo che, nel bene e nel male, sarebbe diventato sempre più interdipendente. E’ la dimensione in cui ci troviamo a vivere, Che poi, come prima dicevamo, la globalizzazione possa parzialmente cambiare verso o segno, è altro discorso. La sostanza di fondo (quella di un pianeta mosso da relazioni sempre intrecciate e interconnesse fra loro ) non pare in discussione. Mi piace, tra l’altro, ricordare che il volume è stato realizzato all’interno di un progetto (sostenuto dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze) dal titolo: Ernesto Balducci: una lezione di libertà fra memoria e futuro. Un progetto che ha permesso anche un lavoro per la collocazione on line di tutti gli articoli scritti da Balducci su “Testimonianze”, per adesso, dal 1958 (anno della fondazione della rivista) al 1980, con l’aggiunta, in un prossimo periodo, anche di quelli pubblicati dal 1980 al1992 (anno della scomparsa del fondatore della rivista). Tutti testi che saranno reperibili a breve sul sito www.testimonianzeonline.com; sullo stesso sito, è acquistabile (oltre che nelle librerie in cui la rivista è presente) anche il volume di cui qui abbiamo parlato sull’ Antropologia di un mondo in cambiamento. Un tema di fondo su cui è importante, insieme, continuando a riflettere con gli strumenti della ragione critica. 

Questo volume monografico speciale è stato curato, oltre che da Severino Saccardi, da Fabio Dei, Miriana Meli, Pierangelo Pedani, Severino Saccardi, Giacomo Trentanovi, Stefano Zani.

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