Roberto Bolle: missione a Firenze dell’ambasciatore della danza

Firenze – Non si nasconde Roberto Bolle, il “ballerino dei due mondi”, étoile della Scala e principal dancer (primo italiano) del newyorkese American Ballet Theatre. E consapevole, a rischio di sembrare retorico, parla di “missione”. La sua “missione”, che è insieme una questione di civiltà e di cultura: “Voglio avvicinare alla danza quante più persone possibili, gente di tutte le età e sotto ogni latitudine. Voglio portare la danza in luoghi dove non c’è mai stata, spazi all’aperto, più accessibili a tutti, dove il pubblico può sentirsi più a suo agio, libero e disinvolto, non intimorito dall’ufficialità della messinscena”.

Dal 1999 Bolle è ambasciatore di buona volontà per l’Unicef: “E’ stata una occasione di crescita, avevo 24 anni, i viaggi soprattutto in Africa mi hanno profondamente cambiato”. E allora se gli chiedi se la danza ha ancora qualcosa da dire e da insegnare in un mondo così ostile e intollerante come quello di oggi, coerentemente risponde. “La danza è una grande scuola di vita, insegna la disciplina e il rispetto. Per andare in scena, bisogna saper rispettare e ascoltare gli altri. Insegna il sacrificio e l’umiltà. Ogni giorno tutti insieme, étoile e ballerini, ci troviamo davanti a un maestro. Tutti abbiamo bisogno di insegnamenti”.

Per i ballettofili di tutto il mondo (ma non solo) Roberto Bolle è un mito. Una “eccellenza” di quel made in Italy che sta perdendo pezzi. Lo strumento di questa “missione” ha un nome e una data: “Roberto Bolle and Friends” 2008. Un fenomeno inarrestabile. Che ha frantumato i record di ascolto, riunendo attorno a sé il meglio del panorama coreutico internazionale (Boston, Vienna, Londra, Berlino, New York), ovunque e ogni volta facendo registrare il tutto esaurito.

Lo stesso è accaduto all’Opera di Firenze venerdì e sabato (pochi i biglietti ancora disponibili), prima tappa del tour estivo che toccherà Roma, Spoleto, Verona e in Sardegna, Santa Margherita di Pula. “A Firenze ci siamo già esibiti al Giardino di Boboli e al Mandela Forum. Fu una sfida, la prima volta in un palasport, davanti a un pubblico cosi numeroso. Ora sono curioso di scoprire il nuovo teatro di cui mi è stato detto un gran bene”.

Dove però è stato cancellato il corpo di ballo! “Queste cose succedono solo in Italia. Che, non dimentichiamolo, è stata la culla della danza. Compagnie di grande tradizione e dal passato glorioso, come appunto Maggiodanza o il Balletto dell’Arena di Verona, si vedono costrette a chiudere da un giorno all’altro. Ci sono molti giovani in Italia che scelgono la professione del danzatore, ma alla fine per poter lavorare sono costretti a andare all’estero. Potremmo dire a emigrare. Ne ho conosciuti molti in questi anni, nel corso delle mie tournée, che vorrebbero tornare in Italia, ma i posti sono pochissimi, gli sbocchi professionali limitati. Rimangono solo Milano, Roma, Napoli, Palermo. Una situazione assurda che suona come un grande demerito per le nostre istituzioni culturali”.

Il j’accuse di Bolle cadrà pure nel vuoto ma dalla sua poggia sul successo di uno spettacolo che da dieci anni fa il giro del mondo senza perdere un colpo. Anzi. Uno spettacolo che supera i confini del tradizionale Galà per assumere i contorni di un progetto coreografico che cresce e si evolve nel tempo, raccogliendo stimoli, sfide, tendenze: “Non è vero che la danza sta attraversando un momento di crisi: magari in Italia non arrivano ma ci sono nel mondo leve di giovani autori molto interessanti e innovativi. Il teatro danza per esempio ha portato nuova linfa però, per essere autorevole, convincente, ha bisogno di una professionalità estrema, indiscutibile. E non tutti sono Pina Bausch.

Il suo Bolle and Friends è manifesto della danza a 360 gradi, classico, moderno, contemporaneo, che ha aperto nuovi orizzonti, ha conquistato piazze inedite, fino a diventare, grazie al suo artefice massimo, non solo come interprete ma anche in veste di direttore artistico, un potente volano per la diffusione della “forma balletto”, attirando attorno a sé migliaia di appassionati e conquistandone di nuovi.

“Vogliamo rendere l’esibizione fruibile da ogni fascia di pubblico. Perché lo spirito della danza vive in uno stato di perenne dinamismo, una continuità che certo modifica le traiettorie dei corpi ma non snatura la forma del movimento. Anche quando a esaltarlo sono le tecnologie d’avanguardia, come il ‘led wall’, che consente una risoluzione più alta e una resa più realistica”. Poi però, oltre la tecnologia, c’è la magia dello spazio.

Cosa significa esibirsi nel Colosseo, sul sagrato del Duomo di Milano o sullo sfondo della Valle dei Templi? “E’ l’esaltazione dell’arte, entri in contatto con qualcosa che non ti appartiene ma che non ti è estraneo. Ti senti parte di qualcosa che è più grande di noi. E’ una bellezza visiva completa, che spazia nei secoli e sta lì da centinaia di anni, mentre il gesto artistico ha inizio e fine”. Il programma della serata, come sempre messo a punto dallo stesso Bolle, si muove fra classicismo, neo e post modernismo, alternando ai nomi storici di un Petipa o di un Roland Petit le creazioni di giovani coreografi (vedi Massimiliano Volpini che utilizza un video a infrarossi che permette di trasformare in tempo reale i movimenti del danzatore in immagini proiettate alle sue spalle) e alle musiche di un Bizet o di un Minkus le note minimaliste di Philip Glass e le traiettorie ambient dei Radiohead. Inizio spettacolo ore 20,30. Info www.operadifirenze.it

 

 

 

 

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