Rivalutazioni storiche: l’immeritata cattiva fama di Napoleone III

Il 150° anniversario della morte di un personaggio controverso

Ricorre quest’anno il 150° anniversario della morte di Napoleone III ed è un’occasione. per “riscoprire” un personaggio controverso, specie in Italia dove a causa dell’armistizio di Villafranca, è stato considerato mancatore di parola e, in seguito, per aver difeso lo Stato pontificio, è stato addirittura visto come “nemico”.

Eppure, è indiscutibile che senza Napoleone III il Risorgimento avrebbe avuto un’altra storia. Nel 1849, dopo la sconfitta di Novara, che faceva seguito a quella di Custoza, il sogno dell’Italia unita e indipendente pareva destinato ad essere accantonato per molto tempo. L’Austria era di nuovo l’incontrastata potenza egemone nella Penisola e fu chiaro che il piccolo Piemonte non era in grado di sfidarla.

E’ noto che Cavour compì un capolavoro diplomatico stipulando a Plombières un accordo segreto con l’imperatore francese, il quale aveva vari motivi per guardare con interesse alla Campagna d’Italia. Non dimenticava, infatti, il suo passato di carbonaro, quando si era battuto per l’indipendenza d’Italia contro i sovrani reazionari tornati sul trono nel 1815. E nei suoi scritti giovanili considerava un sopruso la dominazione austriaca nella Penisola.[1]

Ovviamente, l’empereur non agì solo per solidarietà con i patrioti italiani. Voleva anche modificare gli equilibri europei sanciti dal Congresso di Vienna che aveva ridotto la Francia al rango di potenza secondaria. E per riportarla al centro dello scacchiere continentale[2] non poteva bastare la guerra di Crimea. Gli occorreva un successo militare contro l’impero asburgico, da cogliere senza che Prussia, Gran Bretagna e Russia scendessero in campo.  

Il sostegno a una piccola potenza “aggredita” dall’Austria appariva, quindi, un’occasione irripetibile. Inoltre, assegnare al regno di Sardegna il Lombardo Veneto, l’area economicamente più avanzata della Penisola, significava sferrare un duro colpo all’egemonia dell’Austria.

Bisogna anche dire che a Corte era ampio il fronte di chi osteggiava questo progetto. A cominciare dall’imperatrice Eugenia e dal ministro degli esteri Walevski (figlio naturale di Napoleone Bonaparte).

Ma Napoleone III non si lasciò frenare. Stipulò l’alleanza con il regno di Sardegna ipotizzando di dare vita a una Confederazione con un Regno del nord sotto i Savoia fino all’Appennino tosco-emiliano, uno Stato del Centro Italia (la Toscana e gli altri territori pontifici, esclusa Roma che sarebbe rimasta al Papa) il Regno delle due Sicilie. In specie, nel nuovo Stato dell’Italia centrale, pensava d’insediare un Principe francese. Ma anche per il regno del Sud, a  Parigi  s’ipotizzava d’insediare il figlio di Gioacchino Murat.

Un forte Stato sabaudo sarebbe stato un prezioso alleato in funzione antiaustriaca e, all’occorrenza, antiprussiana. ma soprattutto sarebbe rimasto una media potenza e, quindi,  inevitabilmente, satellite della Francia.

L’azione dei patrioti dell’Italia centro- settentrionale fece fallire i suoi piani. Alla fine, però, il regno dell’Alta Italia, sorto dopo la seconda guerra d’indipendenza, non era molto diverso da quello ipotizzato a Plombières perché se mancava il Veneto c’era in più la Toscana. [3]

Il fatto nuovo che influì sulla decisione di sospendere le ostilità era che un Regno dei Savoia  esteso fino al Lazio rendeva impraticabile l’idea della Confederazione e rischiava di portare alla nascita di un grande Stato al confine sud della Francia, cosa che a  Parigi non poteva essere vista con favore. Lucian Boia ha scritto che l’imperatore riteneva l’Italia unita “capable de devenir un acteur europeen presque aussi important que l’empire français[4] .

Il 4 febbraio 1859 il visconte de La Gueronnière, stretto collaboratore dell’imperatore pubblicò il pamphlet, L’Empereur  Napolèon III et l’Italie, nel quale affermava che l’elemento nazionale “risponde a ciò che c’è di più imperativo e di più legittimo nelle aspirazioni dei popoli della Penisola”.[5] Poi, parlava della Confederazione nei termini prospettati a Plombières.

Cavour, invece, pensava che si sarebbe potuto costituire un solido regno dell’Alta Italia   solo se il Piemonte appoggia[va] la testa sulle Alpi e i piedi su Ancona. Ciò conferma che negli accordi di Plombières c’era una buona dose di riserve mentali. Per Napoleone III, un  Bonaparte nello Stato dell’Italia centrale  e truppe francesi  che avrebbero dovuto presidiare lo Stato pontificio per evitare una nuova Repubblica  romana,  avrebbero  sancito  un’egemonia della  Francia su tutta la  Penisola. Cavour lo aveva ovviamente capito. Per questo attuò delle contromosse per fare del regno sabaudo un polo di attrazione per tutti gli italiani.

Quando, alla vigilia della seconda guerra d’indipendenza, il Granduca Leopoldo II abbandonò il trono non volendo reprimere con le armi le dimostrazioni a favore del Piemonte. Cavour colse al volo l’occasione per inviare subito in Toscana alcuni delegati di Vittorio Emanuele II che prepararono l’annessione. Tanta tempestività  fa ritenere che questa evenienza fosse stata preparata già da tempo. La sorte gli fu propizia perché se  Leopoldo II  avesse resistito  e fossero intervenute le truppe francesi, sarebbe stato difficile impedire al nipote dell’imperatore d’insediarsi a Firenze.  Il 28 aprile il governo provvisorio della Toscana offrì la dittatura a Vittorio Emanuele II che rinviò, perché Napoleone III  si accingeva a valicare le Alpi e non era il momento di creare contrasti.

Nel corso della guerra i francesi sostennero il maggior peso delle battaglie di  Magenta e di Solferino. A Magenta, in particolare, gli zuavi  protestarono contro  i piemontesi giunti in prima linea quando ormai la vittoria era a portata di mano. Episodio minimizzato dalla storiografia italiana ma Paul Guériot afferma che Vittorio Emanuele II subì l’ira dell’imperatore[6]

Ed è presumibile che Napoleone III, impressionato per i costi umani della battaglia di Solferino, tenesse conto anche di questi dissapori quando pose fine alla guerra mentre tutti, in Italia si attendevano  la liberazione del Veneto. 

La decisione ebbe varie motivazioni. Oltre alle gravi perdite francesi e alla difficoltà di scalzare l’Austria dal Quadrilatero ebbero rilevanza i malumori dell’opinione pubblica francese  per una guerra poco sentita. Ma l’imperatore era anche preoccupato per il possibile intervento della Prussia che stava portando 250mila uomini sulla frontiera renana. Ed è presumibile che Napoleone III temesse soprattutto l’inatteso ampliamento del Piemonte che con l’annessione della Toscana, dei ducati e delle Legazioni pontificie di Bologna, Ferrara e Ravenna prefigurava l’unità d’ Italia sotto i Savoia.

Proprio in conseguenza di quanto avvenuto in Toscana e a Villafranca l’imperatore francese accettò il fatto compiuto. Nel dicembre 1859  propose di restringere  il dominio del Papa alla sola città di Roma e accantonò l’idea di un regno dell’Italia centrale [7].

Sulla scia di questa presa di posizione, nel gennaio1860, le potenze europee presero  per la prima volta in considerazione la possibilità di un’unificazione dell’Italia. L’impresa di Garibaldi  realizzò  il  progetto  di un regno d’ Italia . Così, invece di un comodo Stato cuscinetto, la  Francia  vide nascere  ai suoi confini sud-orientali un regno di grandi dimensioni, quindi un potenziale rivale come effettivamente sarebbe avvenuto quando, dopo il c.d. schiaffo di Tunisi del 1881, l’Italia stipulò la Triplice alleanza con Germania e  Austria Ungheria,  in funzione antifrancese.

Eppure, Cavour chiese e ottenne l’autorizzazione di Napoleone III prima di inviare le truppe sabaude nell’Italia meridionale, non per un semplice passaggio nelle terre dello Stato pontificio,  ma attraverso l’occupazione dell’Umbria e delle Marche. Concedendo il via libera, l’imperatore sebbene non fosse troppo favorevole all’ impresa garibaldina finì, di fatto per ratificarla ed eliminò ogni possibilità d’intervento dell’Austria in quanto Francesco Giuseppe non voleva certo un nuovo conflitto armato con la Francia.

E questa è un’altra pagina della cattiva e immeritata fama di Napoleone  III . Il fatto che l’impresa dei Mille non sarebbe avvenuta se la Francia l’avesse avversata e che l’occupazione dell’Umbria e delle Marche ”concessa” dall’imperatore accelerò la dissoluzione dello  Stato pontificio. Ma questi fatti sono stati sottovalutati mentre è stato enfatizzato il contributo inglese alla spedizione dei Mille e questo ebbe influenza  sulla politica estera dei decenni successivi.

Napoleone III  fu avversato dai patrioti italiani , a partire da quelli  d’ispirazione  democratica   e mazziniana   – e,  in particolare,  da  Garibaldi  –  perché  difendeva  la sovranità  della Chiesa su  Roma.  Ma si dovrebbe ricordare anche che subì il risentimento di Pio IX per aver consentito  l’annessione delle  Legazioni  (Bologna, Ferrara, Ravenna e  Forlì )  durante  la seconda guerra d’indipendenza  e,  nel  1860,  la conquista  di Umbria, Marche e Abruzzo  da parte delle truppe sabaude.    

Comunque se in Italia è un personaggio misconosciuto, anche in Francia, salvo alcune recenti  rivalutazioni,  Napoleone III non ha avuto  sorte migliore. Ha scritto   Nel  saggio  Louis Napoléon le Grand  Paris 1990  Séguin,  ha scritto che Napoleone III  è sicuramente il  più  mal-amato  tra i capi di Stato francesi e  che «  il  Secondo  Impero è il più mal conosciuto dei suoi  sistemi di governo » [8] .

Alle considerazioni di Séguin possiamo aggiungere anche il fatto che è l’unico sovrano a non essere sepolto sul suolo di Francia[9].

Foto: la battaglia di Solferino


[1]   P. Guériot,  Napoleon III ,  Paris 1933  tr.it. Napoleone III  De Agostini  1969  pp.   292 –  5  sottolinea che   il giovane Luigi Napoleone condividendo l’opinione di  Philippe Le Bas considerava un’ iniquità  che  la dominazione  austriaca  fosse stata  confermata dal Congresso di Vienna  e riteneva  che sarebbe dovuta sparire in base al diritto e all’equità.

[2]  Sulla politica estera di Napoleone III  si veda   E. Di Rienzo, Napoleone  III , Roma  2010   passim.

[3]    Cfr. A.Petacco,  Il regno del Nord, Milano 2009  passim.  

[4]  L.. Boia,Napoléon III, le mal-aimé   Paris  Les Belles Lettres , 2008 p.  165.

[5]Cfr. quanto osserva E. Mongiano, Il principio di nazionalità e l’unificazione italiana, in Verso l’unità italiana: contributi storico-giuridici a cura di Gian Savino Pene Vidari, Torino 2010 pp. 65-6

[6] Guériot,  Napoleone III, cit., p.327.

[7]    Ivi,  p. 71.

[8]   P. Séguin,  Louis Napoléon le Grand  Paris 1990.

[9] Per una valutazione accurata cfr. F.Cardini, Napoleone  III ,    Sellerio 201ì0

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