Rischio Charlie…Chaplin

chaplinInarrestabile ma visti i fatti e il sangue ancora caldo delle vittime, del tutto comprensibile il fiume retorico che ha invaso anche la piazza reggiana durante la comunque ben partecipata manifestazione per i valori dell’Occidente (perché di questo si è trattato intitolandola “Liberté, égalité, fraternité). Dal palco, davanti a un numero imprecisato di persone (i 5mila affermati dalla questura ci sembrano un po’ ingigantiti), sindaco e presidente della provincia hanno arringato la variegata folla commossa e sinceramente partecipe. Composta da locali e molti stranieri e sventolante una cartellonistica altrettanto variegata: fatta di inni alla bontà delle religioni, alla necessità del dialogo e al sacrosanto diritto della libertà di espressione (compresa la dissacrazione) ma anche dell’altrettanta necessità di una maggior secolarizzazione nei rapporti sociali.

D’accordo, in questi giorni ad alto tasso emotivo, abbiamo ribadito tutti “je suis Charlie Hebdo”: ma quanti, specie tra politici e amministratori, prima di quei fatti e magari all’indomani dello scampato pericolo, adotteranno il dialogo aperto, la critica dialettica anche senza sconti e il confronto sincero come dimensione permanente del proprio servizio alla comunità, anche di quella parte della stampa e della società civile che dissente dalla vulgata e dal pensiero unico? Ci è parso di scorgere in questi giorni una rincorsa all’annoverarsi negli strenui difensori della libertà di stampa, espressione ed opinione direttamente proporzionale all’affrontare con fastidio un contraddittorio complesso.                                                          amministratori tutti

E un’ultima parola, sempre interna alle dinamiche locali ed italiane: chi, sempre in queste ore di matite trucidate, fa comunque dei distinguo sulla legittimità o meno di quelle vignette religiose, si mette forse involontariamente in una parte che è più vicina ai kalashnikov dei fanatici che alla satira di Charlie Hebdo. Perché il mio eventualmente risentito sentimento religioso (fatto del tutto personale) è infinitamente meno importante dell’altrui libertà di espressione. Regolata solo e soltanto dalle leggi, si spera il più laico possibile, dello Stato di appartenenza.

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