Firenze – Dopo il fermo ferie, che con il Governo Renzi è stato davvero breve, è l’ora di fare il primo bilancio dei primi mesi di attività del Governo e di guardare alle prospettive del prossimo futuro. Un futuro che si apre con cattivi presagi dal lato economia e con ancora peggiori auspici in tema di politica internazionale con le crisi incombenti dell’Ucraina e del Medio Oriente.
Insomma non si può dire che il Governo Renzi abbia navigato in acque tranquille. Ma d’altronde non è una novità per i Governi italiani. Ma due novità ci sono ed è bene evidenziarle. Sono, in fondo, il patrimonio che Renzi ha accumulato in questi mesi e che, se vorrà e potrà continuare a governare, saranno l’elemento di forza su cui fondare la propria azione per i prossimi, importanti, 1000 giorni.
Il primo è la situazione politica italiana. Complice il successo, per alcuni versi inaspettato almeno a quel livello, di Renzi e del PD alle recenti europee la situazione politica italiana non appare in grande fibrillazione. Certo c’è l’azione devastante di Grillo e del M5s, e di alcuni partiti che di volta in volta si aggregano su singole battaglie come Sel o la Lega, ma oramai sembra più l’espressione, sempre più velleitaria e inconcludente, di affermazione di una presenza identitaria che una vera e propria strategia di alternativa politica.
Il leader Renzi, il suo Governo e il suo Partito godono di ampia fiducia da parte dei cittadini e non sembra, nonostante le oggettive difficoltà del momento, che tale fiducia stia declinando. Certo tutti sanno che non si tratta di fiducia in bianco. Certo tutti sanno che nel novero di chi ha fiducia in Renzi c’è anche, e sono tanti, chi in effetti è spinto dalla sfiducia assoluta in tutto il resto del panorama politico. Ma il dato non cambia. E su questo patrimonio di fiducia Renzi può oggi stare al centro della politica italiana con una certa tranquillità dal punto di vista politico.
Il Governo e la maggioranza, potremmo dire le maggioranze se si distinguono le Riforme istituzionali e le Azioni di governo, tengono. Il parlamento, pur pervaso da mille “mal di pancia”, tiene e nei momenti topici appare schierato con lealtà e impegno sull’azione del Governo. Insomma, pur fra le tante turbolenze del mare della politica italiana, si può facilmente sostenere che, a meno di tracolli improvvisi oggi non prevedibili, Renzi e il suo Governo hanno i numeri e la stabilità necessaria per arrivare ai fatidici 1000 giorni senza i tradizionali affanni che hanno caratterizzato i Governi nazionali.
Il secondo è il metodo Renzi. Certo in questo metodo ci stanno anche quegli eccessi comunicativi non sempre in linea con l’aplomb del ruolo ricoperto (dal gelataio a palazzo chigi ai continui twitter, dalle battute in perfetto idioma fiorentino, spesso non amate dai palazzi romani e romaneschi, agli atteggiamenti un po’ troppo liquidatori su professori, manager e intellettuali di turno), ma ci sta anche tanto contenuto nuovo e tanta comunicazione nuova di cui il paese aveva bisogno. Il metodo Renzi si può sintetizzare in tre slogan.
Il primo è quello di fare oggi quello che puoi fare oggi senza rimandare a domani. Può sembrare una banalità, ma è un atteggiamento che una volta affermato ai più alti livelli e quindi diffuso nel resto del sistema, pubblico, parapubblico e pubblico-privato, può sortire (e sta sortendo) effetti insperati. Velocizzazione, tempestività, concentrazione sugli obiettivi, impegno a prendere decisioni e a trovare soluzioni senza rimandare. Musica nuova per i palazzi romani, e quindi, di tutta Italia.
Il secondo è il principio hirschmaniano dello sviluppo squilibrato. Pensare di far andare avanti il sistema tutto insieme e in equilibrio è un modo per stare fermi. E per discutere ad oltranza, fare tavoli e perdersi nel nulla di fatto. Lo sviluppo squilibrato va avanti a impulsi. Si va avanti su un punto, si crea il bisogno di una nuova azione, si fa quella e si procede in una sorta di rincorsa, continua e mai definitivamente conclusa, verso il nuovo. Certo c’è uno schema, c’è un obiettivo finale, c’è una strategia ma tutto di definisce meglio andando avanti e risolvendo problemi, creandone di nuovi e risolvendo di nuovo.
Infine, il terzo, è l’attenzione quasi maniacale alla comunicazione. La comunicazione è “a servizio” del metodo Renzi. Parla di quello che si fa, di quello che si vuole fare domani e di quello che si farà poi nei mille giorni. Facendo interagire i piani e dando ai cittadini l’idea di come quello che si fa oggi sta dentro una strategia di più lungo periodo. Insomma azione flessibile dentro un canovaccio dato con una continua interazione con i cittadini anche saltando in parte i corpi intermedi. E in questa comunicazione c’è anche il collegamento, e il rispondere in maniera immediata, al “sentire comune”. L’indignazione o la sensazione per alcuni fenomeni che accadono nella vita di tutti i giorni, vengono fatti propri dal vertice istituzionale che cerca, nei limiti del possibile e delle regole, di dare immediata risposta. Si tratta di un sistema che può arrivare, se non ben governato e gestito, a derive di tipo populistico ma che è però anche una risposta forte e concreta allo scollamento delle istituzioni verso la società civile e i cittadini.
Forte del metodo Renzi che ha prodotto in questi pochi mesi veri e propri cambiamenti climatici nella politica e nei palazzi della politica e della burocrazia romana, l’azione del Governo si muove su due fronti. Quello istituzionale, con la maggioranza che spazia verso Forza Italia, e quello più propriamente di Governo con una maggioranza più ristretta e con una indubbia prevalenza del ruolo del PD.
Bene potremmo dire per quanto riguarda la Riforma istituzionale. Certo i tempi del Parlamento non sono quelli ipotizzati dal primo, impaziente, Renzi ma alla fine le cose vanno avanti. E forse nella Riforma istituzionale i tempi allungati non sono, a parte i fenomeni di ostruzionismo, tempi persi.
Sui temi di Governo le cose sono più complesse. Non che non ci siano e non ci siano stati interventi e azioni importanti (in ultimo lo “Sblocca Italia” col suo novero di norme e strumenti per accelerare i processi decisionali e operativi e per combattere inerzie ed inefficienze diffuse). Ma nonostante le cose fatte e le cose messe in ponte, l’azione di Governo avviene in mancanza di pur minimi segnali di crescita e di inversione di tendenza in economia.
E’ chiaro che se si rimane dentro la “stretta, e miope, ottica europea” di affidare la crescita e lo sviluppo agli effetti delle riforme strutturali questi non possono essere, ammesso che lo siano e lo siano nella misura sperata, che legati al lungo periodo. E potranno dare risultati visibili solo alla fine del processo di Riforma.
Per la crescita a breve, quella necessaria a ridare respiro al paese, non bastano né stimoli al consumo né accelerazione di investimenti che stanno tuttavia dentro un perimetro dato di deficit pubblico. Cioè, alla fine, interventi pagati con i tagli effettuati su altri settori. Giusti magari (come gli 80 euro per fini “sociali”), efficienti magari (come investire in opere più utili) ma incapaci di dare impulso all’economia. Per sostenere una crescita maggiore ci vuole una ripresa degli investimenti di almeno 30 miliardi: 10 pubblici e 20 privati. E, a fronte di un’economia stagnante e senza aspettative di crescita, gli investimenti privati non possono che seguire ciclicamente l’impulso dato dal “di più” degli investimenti pubblici.
Qui sta il “nodo” del Governo Renzi. Stretto da quel blocco di “miopia economica” che va da Bruxelles fino ai palazzi romani della Ragioneria Generale in una sorta di impedimento ad agire giocato tutto su una sorta di “neovittorianesimo” che spara contro gli “spendaccioni”. In effetti in Inghilterra dopo gli economisti vittoriani si affermò Keynes con le sue idee sulla crescita. Ma L’Europa di oggi sembra esserselo scordato.
Renzi potrà arrivare, supportato dall’innovazione del suo metodo, alla fine dei 1000 giorni con successo se e nella misura in cui riuscirà a uscire da questo blocco. E‘ potrà riprendere in mano, col Governo, le redini dell’economia non sostituendo lo Stato all’Impresa ma,come in tutte le più moderne economie, facendo dello Stato un soggetto attivo, efficiente e credibile insieme all’Impresa nello scenario economico nazionale ed europeo.
Quindi la partita si sposta dalla sonnnacchiosa Roma alla velenosa Bruxelles: ed è qui che Renzi giocherà la partita più importante. Ed è qui che, come diceva il sommo poeta, ” si parrà la sua nobilitate”.