Firenze – Non commento la partita di ieri perché l’ho già commentata mesi fa. Quando chiedevo a tutti, me compreso, di avere pazienza, di aspettare la Fiorentina nel girone di ritorno, di non aver fretta coi nuovi e con quei giocatori che si prestavano a giocare in un ruolo non loro, di capire e aiutare Montella nel suo sforzo di quadrare una compagine che stava perdendo pezzi da tutte le parti, e che soffriva soprattutto di grave mal d’attacco; per le concomitanti assenze di Rossi, Gomez e Bernardeschi, ma anche per presenze il più delle volte fantasmatiche (come quelle di Cuadrado e dello stesso Gomez). Montella fino ad oggi ha compiuto un capolavoro tattico, e la sorte finalmente lo ha ricompensato a Roma, in Coppa Italia, e nel doppio confronto col Tottenham in Europa League: la squadra favorita dai bookmakers di tutto il mondo. E se i viola batteranno anche la Roma, dato che ora è lei la favorita per i bookmsakers, vorrà dire che abbiamo vinto due finali europee!
Si parla in questi giorni, con motivato orgoglio, di un accenno di rinascita del calcio italiano. Certo, l’impresa di ieri legittima un certo entusiasmo. le nostre hanno spazzato via dall’Europa una bella fetta di gloria continentale, a vederne i titoli: Feyenoord, Tottenham, Athletico Bilbao, Celtic (il Napoli finora ha durato meno fatica, e suo è il sorteggio più facile anche per gli ottavi, ma resta il fatto che vince e stravince). Ma è legittimo parlare, in questo caso, di calcio “italiano”? C’è un minimo comun denominatore tra le squadre che ci rappresentano?
Io ho visto analogie soltanto tra Juventus e Fiorentina. Le due loro partite sono state praticamente speculari, un po’ come anche le loro avversarie. Hanno sofferto la superiorità di palleggio e di pressing organizzato degli avversari (finché le forze gliel’hanno consentita), hanno subito pochissimo (la Juve un’occasione per una disgrazia di Chiellini, la Fiorentina, più fortunata perché non ha preso gol, un’occasione per un fuorigioco sbagliato) e hanno saputo ripartire con velocità e semplicità, rinunciando a giocate mirabolanti e a palleggi insistiti, e andando al sodo. Come ai vecchi tempi: quando tutti ci temevano per le nostre difese insuperabili e per i nostri contropiedi micidiali.
L’altra sera Marocchi chiese a Allegri se la superiorità di possesso palla concessa a lungo al Borussia era una scelta o un’imposizione. Proprio come un filosofo che discute di libero arbitrio! La risposta non può essere che una: un tecnico bravo, che sa di calcio, che conosce i limiti propri e altrui, che non soffre di fanatismo integralista nel voler “imporre” ad ogni costo il proprio gioco, decide di lasciare il campo e il palleggio agli altri semplicemente perché non riuscirebbe a tenerlo.
Ma questo non vuol dire rinunciare. Vuol dire preparare la squadra a contrapporre un pressing adeguato, a interrompere il più possibile le linee di passaggio avversarie, a abbassare, quando conviene, i ritmi; ma in fase di recupero palla e di possesso si può riuscire a sfruttare la difesa alta (e in genere, in Europa, poco organizzata) degli avversari, e si può far male. Come hanno fatto Juve e Fiorentina, in contropiede, spietatamente. E questo equivale a “imporre” il proprio…controgioco!
Se la Fiorentina, ieri, con quei centrocampisti che sul peso regalavano cento chili agli avversari, che di statura e velocità erano ancora più carenti, e che potevano fronteggiare gli inglesi solo sulla tecnica, avesse inteso fare possesso palla, girandola in orizzontale, lasciando che la difesa avversaria si piazzasse, e magari perdendo palla come contro il Torino… La cosa davvero curiosa, in un’èra in cui la “conoscenza” del calcio è senz’altro maggiore (anche se poi alla fine, da noi, sulla conoscenza vince l’ideologia!), è che ci siano persone che si pongono ancora questi problemi: come se le partite si vincessero ai punti, sul possesso palla, e magari sul numero dei calci d’amgolo!
Le occasioni più limpide, nelle due partite che sto commentando, le hanno avute la Juve e la Fiorentina. E questa sì che per me è una vittoria ai punti, che per fortuna è stata anche una vittoria vera! Forse in questa analogia tra Juve e Viola c’è qualcosa che parla di calcio “italiano”. Forse anche il Torino è italiano. E il bello è che anche Roma e Napoli stanno mostrando novità e carattere europeo con un gioco diverso ma al momento egualmente vincente. E allora la forza di un calcio nazionale è anche nella differenza e nel potersi “allenare” (come diceva Capello) alla differenza. Quello che al confronto la Fiorentina può vantare è che può giocare alternativamente il gioco italiano, quello spagnolo e quello inglese, con corse sulle fasce e cross. E questo perché le differenze (nei venticinque giocatori della rosa) le ha tutte dentro. Ecco perché dicevo guai a chi critica Badelj perché non è Pizarro. Meno male che non lo è! Per permettere alla Fiorentina un altro gioco.
Voglio concludere soltanto con un sogno (perché le mie speranze di migliorare ancora non si sono acquetate con i recenti risultati). Fatemi sognare questo Salah accanto a Pepito, senza centravanti di ruolo… Ancora un altro gioco, ma che gioco!