Firenze – Un incontro con la stampa per ribadire le posizioni espresse in assemblea pubblica ieri sera, mercoledì 25 gennaio, è stato attuato oggi nell’edificio di proprietà dei Gesuiti, in via Spaventa a Firenze, occupato da un gruppo di rifugiati somali dopo il rogo di Sesto Fiorentino, dove è perito un uomo di 44 anni, Alì Muse. I punti sono due: innanzitutto, è stato ribadito che i rifugiati sono pronti ad accettare soluzioni da parte delle istituzioni “purché non siano temporanee”; dall’altro, hanno chiesto che sia Padre Ennio Brovedani, direttore della Fondazione culturale dello Stensen, a mediare aiutandoli nei loro rapporti con le stesse istituzioni.
“Accettiamo di parlare con tutti, ma vogliamo essere noi a discutere dei nostri problemi” ha inoltre detto Mohamed Alì, originario della Sierra Leone, chiarendo che la volontà degli occupanti non è certo di rimanere “per sempre” nello stabile, ma di aspettare una proposta da parte dello Stato che “possiamo valutare bene”. E’ stata inoltre ribadito che non è essenziale trovare una sistemazione per tutti quanti insieme, ma punto irrinunciabile è che le soluzioni proposte non siano “temporanee”. E’ stato sempre Mohamed a chiedere a padre Brovedani, presente tra il pubblico della conferenza stampa, di assumere un ruolo di mediatore tra gli occupanti e le istituzioni. Prima dell’inizio dell’incontro con la stampa, ci sarebbe stato un confronto fra gli occupanti, dal momento che sembrerebbe che alcuni di loro fossero intenzionati ad accettare qualsiasi tipo di soluzione anche indipendentemente dalla durata. La sensazione che serpeggia fra gli occupanti sembra essere di stanchezza da un lato, ma anche di dispiacere per quanto accaduto. Del resto, l’obiettivo principale lo indica uno di loro, parlando con i giornalisti: “Siamo pronti a ogni tipo di soluzione pur di vivere una vita senza paura”.
E sull’onda di quanto richiesto, la risposta di padre Brovedani a quella che è in buona sostanza una richiesta di aiuto, è sulla falsariga di quanto dichiarato ieri sera in assemblea. Padre Brovedani si dice pronto a fare il possibile per aiutare le persone che hanno occupato l’edificio, “perché non voglio che venga ulteriormente svilita la loro dignità”. “Mi chiedono di essere un mediatore – ha aggiunto – non è una cosa facile, la situazione è complessa e richiede competenze e capacità”. Ribadisce anche un punto importante più volte enunciato, il direttore dello Stensen: “Non voglio chiedere lo sgombero perché bisogna trovare una soluzione ragionevole”.
Sempre sulla vicenda dei rifugiati che vivevano nell’ex mobilificio andato a fuoco, si registra un intervento del Movimento di Lotta per la Casa, che aiutò i somali nell’occupazione della struttura di via Silvio Spaventa e che da anni (circa 15, da tanto si trascina la questione) se ne occupa. “E’ il momento di schierarsi”, scrive in una nota il leader del Movimento di Lotta per la Casa, Lorenzo Bargellini, che continua: “La piccola ma straordinaria battaglia dei richiedenti asilo somali in corso da 15 giorni dopo la sciagurata perdita di Alì Musse, ci chiama inevitabilmente in causa. La piccola ma importante vicenda dei rifugiati somali “mette a nudo” l’ipocrisia e la falsità del moderno “welfare sociale”. Lo spreco di risorse da una parte, l’arricchimento delle cooperative amiche dall’altro, la cancellazione del desiderio di indipendenza e autonomia nella vita delle persone sostituita dalla disciplina e dal controllo sociale”.