“La volontà di una maggioranza, che si considera come rappresentativa della volontà di tutto il popolo può essere, come spesso si è dimostrata, più ingiusta e più oppressiva che non la volontà di un principe”. Così il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il 3 luglio 2024, alla 50^ edizione della Settimana Sociale dei Cattolici in Italia. Il giorno dopo, la ministra per le Riforme istituzionali Elisabetta Casellati: “Oggi inizia il secondo passaggio della riforma costituzionale del premierato qui alla Camera e spero che, nonostante l’ingorgo di tanti provvedimenti possa procedere con celerità”.
Solo 24 ore separano la lectio magistralis di Mattarella sulla democrazia e l’arrivo trionfante a Montecitorio, in seconda lettura, della ‘Madre di tutte le Riforme’, voluta fortemente dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni in nome della stabilità dei governi e del mantrico ‘sia fatta la volontà dei cittadini’.
Il presidente della Repubblica ha volato altissimo, spaziando nella storia e nell’attualità, citando i grandi pensatori liberali, democratici, socialisti e cristiani, da Alexis de Tocqueville a Karl Popper, da Alcide De Gasperi e Giuseppe Dossetti a don Lorenzo Milani e Norberto Bobbio, per ricordare cosa è stato, cosa è e cosa non deve diventare l’esercizio della democrazia.
Certo, non si può attribuire nessun riferimento diretto al dibattito sulle riforme costituzionali e all’attualità politica contingente. Il presidente della Repubblica non scende nell’agone, ma la lettura attenta delle sue parole è lecita e induce a recepirle come un avvertimento visto che, con il premierato, pare si stia andando nella direzione opposta.
Ancora Mattarella con Bobbio: “Non si può ricorrere a semplificazioni di sistema o a restrizioni di diritti in nome del dovere di governare. Una democrazia della maggioranza sarebbe, per definizione, una insanabile contraddizione, per la confusione tra strumenti di governo e tutela della effettiva condizione di diritti e di libertà. Un fermo no, quindi, all’assolutismo di Stato, a un’autorità senza limite, potenzialmente prevaricatrice”.
Eppure, la riforma Casellati, in nome della stabilità di governo, con soli otto articoli, stravolge le funzioni attribuite dai nostri costituenti al Presidente del Consiglio, che si vuole eletto dal popolo, al Presidente della Repubblica , che perlopiù ‘prende atto’, al Parlamento che è confinato al traino del premier, grazie a una legge elettorale che si presume largamente maggioritaria.
Proprio la legge elettorale diventa un discrimine per l’impianto che il governo sta dando alla riforma: per una navigazione stabile del premier eletto non può che esserci un generoso premio di maggioranza, con una ulteriore forte compressione di democrazia, tanto che le opposizioni tutte, per bocca del Pd Federico Fornaro, esortano: “Prima di entrare nel merito del disegno di legge di riforma costituzionale il governo deve scoprire le carte sulla legge elettorale”. E la ministra Casellati su questo rassicura che “ci sta pensando” e prevede entro l’autunno di presentarla. Poi, lo stesso giorno in cui Mattarella definisce “democrazie imperfette” quelle in cui “il principio ‘un uomo un voto’ viene distorto attraverso marchingegni che alterano la rappresentatività e la volontà degli elettori”, Casellati annuncia: “La legge elettorale a cui sto lavorando prende come punto di partenza il Mattarellum, perché è un sistema misto, maggioritario e proporzionale, che potrebbe favorire la formazione di aggregazioni prima del voto anziché dopo”.
La lunga e densa lezione di Mattarella è come se avesse puntato dei riflettori sulla stagione politica che stiamo vivendo. C’è stato un riferimento implicito anche all’autonomia differenziata quando ha ricordato come “la Costituzione seppe dare un senso e uno spessore nuovo all’unità del Paese”, aggiungendo che “i diritti fondamentali delle persone” rappresentano “un’area intangibile”, indisponibile al “contingente succedersi di maggioranze e, ancor più, a effimeri esercizi di aggregazione degli interessi”.
Ma l’autonomia marcia svelta: i due presidenti di Regione di Veneto e Piemonte, Luca Zaia e Alberto Cirio, dopo l’ok definitivo della Camera, la rivendicano già sulle materie fuori dai Lep (Livelli Essenziale delle Prestazioni) e quindi vogliono cominciare a ‘differenziarsi’, mentre le opposizioni, stavolta unitissime , insieme a varie associazioni, Cgil, Acli, Anpi, Wwf e molte altre, si ritrovano tutte davanti alla Cassazione per depositare il quesito che darà avvio alla stagione dei referendum sulle ‘indigeribili’ riforme del governo Meloni.
“Un bambino che nasce a Reggio Calabria ha cinque anni di aspettativa di vita in meno rispetto a uno che nasce a Bologna. Oggi siamo qui per presentare un quesito contro l’autonomia che spacca questo paese. Ci stiamo muovendo anche a livello regionale per difendere l’unità nazionale”, ha detto la segretaria del Pd Elly Schlein, sintetizzando la posizione di tutti i proponenti il referendum.
Mattarella, nella sua lezione, ha spaziato su molto altro, a cominciare dall’Europa, minacciata dai venti sovranisti, come mai successo dalla sua fondazione. “Una più efficace unità europea – più forte ed efficiente di quanto fin qui non siamo stati capaci di realizzare è oggi condizione di salvaguardia e di progresso dei nostri ordinamenti di libertà, di uguaglianza, di solidarietà, di pace”, ha ammonito il presidente. Perché, “se in passato la democrazia si è inverata negli Stati – spesso contrapposti e comunque con rigidi, insormontabili frontiere – oggi, proprio nel continente che ne è stato la culla, si avverte la necessità di costruire una solida sovranità europea che integri e conferisca sostanza concreta e non illusoria a quella degli Stati membri”.
Ma, con le ultime tornate elettorali sembra si stia andando nella direzione opposta, così come non si intravede soluzione ai conflitti che assediano anche l’Europa. E il presidente ha ricordato come “la guerra soffoca, può soffocare la democrazia”. La democrazia. Mattarella l’ha citata, spiegata, evocata ad ogni passaggio del suo discorso, come bene prezioso da tutelare. Ma la democrazia è fatica e, citando ancora Bobbio: “le condizioni minime della democrazia sono esigenti”. Mattarella ha suggerito di partire dalla “coscienza dei limiti” come “fattore imprescindibile di leale e irrinunziabile vitalità democratica”. E ha concluso con l’invito a “battersi affinché non vi possano essere ‘analfabeti di democrazia’. Una causa primaria, nobile, che ci riguarda tutti”.
In foto Sergio Mattarella