Firenze – “Riprendiamoci il presente, conquistiamo il futuro!”. E’ un solo grido, scritto grande anche su uno striscione, quello che muove i lavoratori del pubblico impiego che, sotto le bandiere dell’Usb, sono confluiti stamattina alle 10 in piazza Salvemini, dando luogo a una colorata e determinata protesta circa la riforma della Pa sventolata dal governo Renzi. Uno sciopero che ha l’obiettivo di indurre alla riapertura dei contratti, alla stabilizzazione dei precari, contro “la mobilità selvaggia e l’attacco ai diritti sindacali”, precisa Stefano Cecchi, uno dei leader riconosciuti del sindacato di base fiorentino. Non solo: sul tavolo anche la questione dei servizi e del personale entrambi esternalizzati e ora da “riportare indietro”; e, se riforma dev’essere, che sia quella di una Pa “finalmente al servizio dei cittadini e non delle imprese”.
Quali sono i punti proprio “indigeribili” dai lavoratori? Eccoli: si va dalla contestata mobilità obbligatoria nel raggio di 50 chilometri anche per gli enti locali, un modo per “far posto” ai lavoratori delle Province e al loro riassorbimento, (ma “… come e dove? – chiede il sindacato – ci sarà la riorganizzazione a livello regionale dei servizi territoriali, ma in che modo verrà attuata? E gli accorpamenti che verranno fatti rispetto ai servizi, non contribuiranno a rendere ancora più estranea la Pa ai cittadini?”), fino all’estensione della precarietà (“i 250mila lavoratori precari della Pa non hanno nessuna garanzia di diritti acquisiti per il lavoro di anni”), e al “demansionamento” in caso di esubero, vale a dire la possibile ricollocazione di un dipendente in un ruolo “inferiore” e con uno stipendio minore per far sì che emergano occasioni di “ricollocazione”. Perfetto. Ma di che occasioni, quali, come e dove si parla? “Ridimensionamento dello stipendio ? – si interroga un impiegato- oggi molti di noi, per partecipare allo sciopero, hanno dovuto prendere ferie. Perché, per timore? Macché. Il problema è che molti non possono fare a meno di quegli 80 euro che si perderebbero. Non ce la facciamo a fare la spesa o a pagare la bolletta”.
Ma non è solo lo sciopero contro una riforma che viene vista come peggiorativa sotto tutti i punti di vista, a partire dallo smantellamento del welfare e dei diritti dei lavoratori di cui viene accusata. Sotto tiro in special modo anche un altro punto doloroso, quello del rinnovo economico dei contratti. Fermi dal 2009. Dunque, se è vero che l’impiegato pubblico si vede arrivare la busta ogni mese, spiega Cecchi, è anche vero che in media guadagna dai mille ai mille e duecento euro. Tutt’altra cosa rispetto alla busta paga dei dirigenti. “E alla fine – conclude Cecchi – la Pa dopo la riforma non sarà più in grado di dare servizi”. Cosa sarà? “Sportello per le imprese. Gratuito”.
Non ci sono Cgil. Cisl e Uil, oggi in piazza Salvemini. “Hanno rinunciato alla lotta” dicono lapidari sindacalisti e lavoratori, nonostante l’appello dei giorni scorsi. Ma attenzione: “Nessuno può avanzare l’alibi di non avere capito la portata del gioco- dicono gli esponenti dell’Usb – un gioco che manda al massacro tutele, welfare, servizi, punta a isolare i lavoratori e a dividerli. Non c’è nessuno che possa, o potrà dire: “Io non avevo capito””.