Più che una riforma assomiglia a un cupio dissolvi. Gli ultimi giorni della Provincia, spazzata via dalla legge Delrio, sono accompagnati da un clima di fine impero che poco o nulla a che fare con le parole di speranza pronunciate quotidianamente dal prmier Matteo Renzi. Non ci sono solo investimenti che rischiano di saltare, a cominciare dal piano di salvataggio delle Fiere, ma anche centinaia di persone che non sanno quale sia il loro futuro. Le conseguenze dell’abolizione degli enti, dunque, si stanno rivelando pesanti su diversi fronti.
Dipendenti in balia degli eventi
Intervengono i sindacati sulla situazione dei dipendenti “che attualmente sono lasciati in balia degli eventi e sul cui destino lavorativo non vi è alcuna certezza”.
“Dopo l’approvazione della legge Delrio (legge 56/14) – scrive la Fp Cgil – sulla presunta abolizione delle Province – che in realtà sostituisce ai vecchi organi nuovi organi non direttamente eletti dai cittadini – si era in attesa di un provvedimento di competenza governativa che rendesse chiare le materie delegabili dalle Regioni ai nuovi Enti di area vasta. Ieri è decorso il termine, fissato proprio dalla legge Delrio, e del provvedimento nessuna traccia. Evidentemente il Governo è talmente “veloce” da aver superato il provvedimento senza accorgersene lasciandolo indietro. Ma ciò che ci preoccupa maggiormente è la situazione in cui si trova la Provincia di Reggio Emilia ai cui organi competenti da tempo chiediamo chiarimenti ed informazioni su questioni retributive dei lavoratori, sulla sorte di selezioni interne su cui aleggia un fittissimo mistero, sulla prossima delocalizzazione di alcuni settori dell’Ente ed infine sulla vicenda di alcune assunzioni a tempo determinato di cui ci è giunta “voce” dall’interno dell’Ente senza che nessuno si sia preso il disturbo di informare le rappresentanze sindacali”.
“Siamo di fronte ad un vero e proprio muro di gomma – denuncia il sindacato – che denota, con tutta evidenza, un disprezzo per i lavoratori e le lavoratrici della Provincia che anche in queste ore (in realtà mesi) continuano a svolgere le loro attività quotidiane e che, ciononostante, vengono lasciati all’oscuro di decisioni che comunque si riflettono nella loro vita personale. E’ paradossale dover rendere pubblico questo stato di cose ma necessario, nella speranza che chi guida l’Ente se non le richieste di parte sindacale legga e ascolti almeno gli organi di stampa ai quali si rivolge richiesta di pubblicazione”.
Investimenti a rischio
Non sarà la dura presa di posizione dell’Alleanza della cooperative contro il piano di salvataggio delle Fiere, approvato dal consiglio provinciale tre giorni prima dello scioglimento dell’ente, ma di certo i toni utilizzati dalle centrali cooperative sono la diretta conseguenza della debolezza politica di Sonia Masini, ormai stretta in un angolo. “Abbiamo sostenuto a suo tempo l’opportunità di dare continuità al calendario fieristico 2014 con la creazione di una nuova società di gestione e il suo finanziamento anche da parte della Camera di Commercio, ma questo non ha nulla a che vedere con operazioni di questa natura e di questa entità e con acquisizioni di immobili e terreni che impegnerebbero la collettività in uno sforzo economico insostenibile, dai 20 ai 30 milioni di euro, in assenza di progetti ed opportunità di apprezzabile valorizzazione” si legge nella nota dell’Alleanza, che arriva al termine di una lunga discussione sul futuro del quartiere fieristico approdata ad un piano di salvataggio che ha visto in palazzo Allende la cabina di regia. A condividere le obiezioni anche numerosi esponenti del Pd di esponenti del Pd e i sindaci dell’area Autobrennero, le cui quote rappresentano la gran parte dei finanziamenti previsti. E’ evidente che la nota dell’Aci rappresenta una presa di distanza politica prima ancora che economica che rischia di fare saltare tutto.