Riforma Costituzione: primo sì del Senato

Roma – La riforma della Costituzione ha avuto il primo via libera oggi al Senato nei tempi previsti. Il ddl Boschi è stato approvato in prima lettura con 183 voti a favore e 4 astenuti. Nessun contrario, perché le opposizioni Gal, Lega, Sel e M5s hanno scelto di non partecipare al voto per rimarcare il loro dissenso contro la riforma e il modo in cui è stata portata avanti dal governo. Diversi senatori della maggioranza hanno espresso il loro dissenso. Ora il provvedimento, che reca “disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del Titolo V della parte seconda della Costituzione“, passa alla Camera per la seconda lettura. Ne occorreranno almeno quattro, tra Camera e Senato, come avviene per i ddl di rango costituzionale.

Ecco in sintesi cosa prevede il provvedimento che rivoluziona l’attuale assetto costituzionale, a partire dal tramonto del bicameralismo perfetto e dalla fine dell’elettività dei senatori da parte dei cittadini.

Il ddl riforme che ha avuto il primo sì del Senato, e che da settembre sarà all’esame della Camera , cambia i connotati all’attuale Camera Alta e modifica radicalmente il Titolo V, eliminando, per esempio, la legislazione concorrente. Ma nei 40 articoli del testo Boschi sono presenti anche diverse norme che vanno nella linea inaugurata dal premier Matteo Renzi: dalla fine delle indennità per i senatori alla norma “anti-Batman” sui rimborsi per i gruppi nelle regioni, fino al tetto per gli stipendi per i consiglieri regionali.

SENATO DEI 100. La fine del Senato elettivo è certamente la novità più dirompente del ddl. Il futuro Senato sarà composto da 95 membri rappresentativi delle istituzioni territoriali e cinque di nomina presidenziale. Saranno i Consigli regionali e i Consigli delle Province autonome di Trento e Bolzano a scegliere i senatori, con metodo proporzionale, fra i propri componenti. Inoltre ciascuna Regione eleggerà un senatore tra i sindaci dei rispettivi territori. La ripartizione dei seggi tra le varie Regioni avverrà “in proporzione alla loro popolazione” ma nessuna Regione potrà avere meno di due senatori. La durata del mandato dei senatori, che godranno dell’immunità come i colleghi deputati – coincide con quella che si ha nei propri organi territoriali.

BICAMERALISMO ADDIO. Tramonta la funzione legislativa esercitata collettivamente dalle due Camere prevista dall’art. 70 della Carta. La competenza legislativa “normale” sarà quindi appannaggio della sola Camera dei deputati salvo alcune materie (come quelle etiche, introdotta con un emendamento approvato, con voto segreto, contro il parere del Governo) su cui dovrà intervenire anche il Senato. Sulla legge di bilancio, la Camera potrà avere l’ultima parola decidendo, a maggioranza semplice, di non conformarsi ai rilievi posti dal futuro Senato. Che, tra l’altro, sarà anche escluso dal potere di concedere amnistia e indulto.

REFERENDUM. Le firme necessarie per chiedere un referendum abrogativo restano 500mila, con il quorum per la validità della consultazione posto al 50% più uno degli elettori. In caso si arrivi a 800mila firme, invece, il quorum si abbassa: sarà sufficiente che vada a votare la metà più uno dei votanti delle ultime elezioni politiche. Sono introdotti i referendum propositivi e d’indirizzo. Per presentare una leggi di iniziativa popolare bisognerà raccogliere 150mila firme.

PROVINCE ABOLITE, PIU’ COMPETENZE ALLO STATO. La scomparsa delle Province dalla Costituzione e della legislazione concorrente tra Stato e Regioni sono il cuore di questa parte del ddl, che, in generale dà più competenze allo Stato centrale permettendo anche il commissariamento di Regioni ed enti locali in caso di grave dissesto finanziario. Lo Stato, inoltre potrà esercitare una “clausola di supremazia” verso le Regioni a tutela dell’unità della Repubblica e dell’interesse nazionale

GIRO DI VITE SU STIPENDI E RIMBORSI REGIONI. Saranno applicabili subito dopo l’entrata in vigore del ddl alcune norme chiave come la soppressione del Cnel, la previsione di un tetto agli stipendi di Presidente e consiglieri regionali – mai superiore a quello dei sindaci dei capoluogo di Regione – e la ‘norma anti-Batman’ che, sulla scia dei recenti scandali, blocca “rimborsi e trasferimenti monetari” pubblici ai gruppi politici regionali.

ELEZIONE CAPO STATO, NODO NON SCIOLTO. La platea per l’elezione del capo dello Stato resta il nodo non sciolto. Il ddl mantiene il Parlamento in seduta comune, ma senza i delegati regionali, e cambia i quorum: dal quarto scrutinio è sufficiente la maggioranza dei 3/5, dall’ottavo, la maggioranza assoluta. Probabile che nell’esame alla Camera il punto sarà modificato. (articolo di Michele Esposito dell’ANSA)

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