Firenze – Quando se ne va uno come Riccardo Conti, un amico, un compagno di partito, un collega di lavoro (lui era assessore in Regione dal 2005 al 2010 ed io Direttore Generale) se ne va in fondo un pezzo anche di te e della tua storia. Quel periodo di “lavoro comune” è stato per lui e per me importante. Abbiamo cercato, lavorando insieme al nuovo Piano di Indirizzo Territoriale, di indicare un sentiero di crescita alla Toscana che fosse nello stesso tempo di sostenibilità e di sviluppo.
Rifuggendo l’antindustrialismo radicato nella profonda cultura toscana (avevamo letto e apprezzato ambedue i lavori di Giorgio Mori sullo sviluppo dell’Italia) che si allea con le moderne visioni “new age” dell’ambientalismo tutto acqua e sapone, e nello stesso tempo la subalternità allo sviluppo a tutti i costi che in Toscana si identifica con l’espansione urbana e il continuo e incessante consumo di suolo e di risorse naturali e del paesaggio senza alcuna visione di equilibrio sostenibile di lungo periodo.
Un Pit per alcuni versi criticato sia dagli ambientalisti che dagli industrialisti dissipatori di territorio in quanto, nella scelta fra i due estremi, sceglieva l’equilibrio fra le due forze. Però, non uno stare nel mezzo opportunistico. Ma un cercare di mantenere vivi sia il motore (l’industria) che la carrozzeria (il territorio) della Toscana non indulgendo ad alcun fenomeno di banalizzazione del tema dello sviluppo.
Il Pit di Riccardo Conti era contrario nello stesso modo alle villette a schiera nel countryside toscano (quanti imprenditori ci hanno fatto proposte di investimento sul tema!) ma anche al blocco della Laika a Tavarnelle o delle Cartiere nella Lucchesia. Produrre, e produrre con l’industria, è ancora oggi una sfida dell’uomo.
Ed è una sfida che deve essere vinta innovando, formando le risorse umane, rafforzando la qualità organizzativa e tecnologica delle imprese e non cercando una via di rimessa che ci può portare a diventare, noi toscani, giardinieri e camerieri per il buon riposo dei ricchi pensionati delle diverse aree del Mondo. La Toscana da cartolina! Riccardo Conti amava la Toscana e amava, come tutti noi toscani, le perle ambientali e paesaggistiche che la natura ha dato a questo territorio e che tanti amministratori nel tempo hanno contribuito, pur fra errori e qualche nefandezza ambientale, a mantenere e a tramandare alle nuove generazioni.
Ma il suo, il nostro cuore, batteva anche per i luoghi della produzione, i luoghi della mobilità delle merci e delle persone (i porti, le ferrovie, gli aeroporti), i luoghi della ricerca e della innovazione. E’ li’ che si sente l’uomo con il suo progetto. Col suo pensare al futuro. Con la sua ansia, pur fra gli errori, di andare avanti. Oggi non si può più andare avanti distruggendo, dissipando e scambiando sempre e comunque la quantità per la qualità. Oggi si tratta di ricucire e di rigenerare il territorio, le città, i luoghi produttivi. Ma non con l’atteggiamento riduttivo del moralizzatore di turno, intento a bloccare e disconoscere tutto ciò che è stato segnato dall’intenso, e spesso disordinato, processo di sviluppo.
Ma con l’atteggiamento del riformista che Riccardo Conti amava sempre citare nelle discussioni. Colui che si fa carico del territorio, delle sue ferite e anche delle brutture che sono state commesse in anni di incuria e di sviluppo senza freni e qualità, e lo accompagna verso una profonda rigenerazione partendo da ciò che esiste. Cogliendo le opportunità reali che emergono dai territori non al posto delle comunità locali ma facendo forza su queste e sulla loro capacità reale di sviluppo e di innovazione.
Avrebbe detto Calvino: ”L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.”
Il Pit di Rccardo Conti è stato questo: far durare ciò che conta, pur in mezzo alle ferite del territorio, e dargli spazio. Negando spazio a nuove ferite. Un percorso riformista che Riccardo ci lascia. E che sono certo molti, anche in Toscana, stanno portando avanti con la stessa passione, la stessa intelligenza e lo stesso impegno politico e professionale. Ciao Riccardo