Firenze – Un racconto fatto da 4 racconti, in una veste dal linguaggio innovativo della graphic novel. Innovativo per il tema, la mafia, per la sceneggiatura, per il segno grafico, ma anche per lo spirito. Perché il libro presentato ieri, nel giorno della strage di via D’Amelio, alle Serre Torrigiani, era ben altro della commemorazione dovuta e un po’ stantia, dopo trent’anni e a fronte di un’ultima sentenza che manda liberi dei poliziotti accusati di depistaggio per decorrenza dei termini, che si usa in queste occasioni. Era ben altro, perché di fronte si trovavano Salvatore Calleri, presidente della fondazione Antonino Caponnetto, il vicepresidente della fondazione Renato Scalia, il questore Maurizio Auriemma, il prefetto Valerio Valenti. e la differenza era questa: si commemora il passato per analizzare il presente e modificare il futuro.
Modificare il futuro, combattendo la difficilissima battaglia della rivoluzione delle coscienze, è del resto la missione della Fondazione Caponnetto, che non per niente ha una delle sue punte di diamante nell’impegno nelle scuole. Dalla consapevolezza che passa dalla diffusione della verità sui tragici fatti che inanguinarono e fecero tremare la Repubblica nel 1992, ma anche dall’implacabile tenere i fari puntati sulle cosche e sulla criminlità organizzata, nasce questa graphic novel, che, come spiega il presidente Calleri, si vuole rivolgere a tutti, un pubblico adulto, ma soprattutto ai ragazzi, che devono sapere. E si rivolge a loro, come sottolinea anche la moderatrice, la giornalista Chiara Dino, con il loro linguaggio, per dare conto di una verità continuamente esautorata, che è quella di come nasce il confronto con la mafia, nei quartieri popolari di città che vanno da Roma a Palermo a Napoli, da parte dei ragazzi di borgata, come nasce il mito dell’uomo d’onore, come crolla miseramente, come si costruisce la consapevolezza del male e del bene in quella zona confusa del disagio sociale. E si racconta degli uomini che la combatterono, di Paolo Borsellino ma anche di Michele Zagaria, di realtà spezzate eppure capaci di regalare alcuni fra gli uomini più risoluti e capaci della lotta alla criminalità organizzata.
“Non è stato semplice – dice Marco Nucci, il giovane sceneggiatore di Resistere – confesso di essrrmi un po’ spaventato, davanti al compito di semplificare senza svilire, riportandolo al linguaggio del fumetto, la complessità di un mondo in cui entrare, comprendere, riportare un messaggio di esistenze impregnate di ideali e coraggio così grandi”.
Compito riuscito anche con l’aiuto del presidente Salvatore Calleri, che commenta: “La semplificazione è una delle doti ereditate da Antonino Caponnetto, messaggi chiari e diretti per raggiungere tutte le persone. Questa operazione risponde all’esigenza di diffondere la conoscenza a tutti ma in particolare alle giovani generazioni. Perché uno dei punti principali è che in questo momento la lotta alla mafia è in pericolo, con l’attacco a quegli strumenti che sono stati fondamentali per metterla in difficoltà. Intendo ribadire in questo contesto la contrarietà della Fondazione all’abolizione dell’ergastolo ostativo e del 41bis. Chiamo anche in campo le responsabilità della politica. Le nostri classi dirigenti socio-politiche ed economiche, non affrontano la mafia come andrebbe affrontata. In Toscana, il caso Keu partì benissimo, a livello di indagini, mentre la politica delude; basti ricordare l’antecedente sversmaneto di Palaia, nel 2016, che funzionò come campanello di allarme. Avvertimmo chi di dovere, ma nessuno se ne curò. Temo che quelle famose parole di Caponnetto a latere dei funerali di Paolo Borsellino, “E’ tutto finito”, se furono sul momento dettate dall’emotività, ora, trent’anni dopo, potrebbero rivelarsi tragicamente attuali”.
Appassionato l’intervento del membro della direzione della Fondazione Renato Scalia, consulente della Commssione parlamentare Antimafia, intensa carriera sul campo, che racconta la gensi del libro e la sua partecipazione. Un’excursus nel quartiere romano di Centocelle, qando ancora a Roma non si parlava di mafia ma già i ragazzini imparavano il fascino perverso di chi comprava armi, aveva “belle donne, belle auto, tanti soldi”. Una fascinazione che però aveva il contraltare della resistenza delle persone oneste, di famiglie solide che conducono alla scelta della legalità. Il messaggio di Scalia, diffondere la conoscenza, per dare gli strumenti alle giovani generazioni per scegliere e resistere. Scelta e resistenza che passano anche attraverso la meoria e la consapevolezza di ciò che fu, capace, la memoria, di pesare sulle scelte dell’oggi e del futuro.
Il questore Auriemma ricordando le stragi e l’impegno della Polizia, gli agenti morti insieme ai magistrati, esterna la sua soddisfazione per un’operazione che getta le basi per modificare il futuro, mentre nella piena attualità ci catapulta il Prefetto Valerio Valenti, spronato dalle domande della moderatrice. Il vero punto in cui si toccherà con mano la capacità attuale della mafia di intervenire nei processi socio-economici del Paese, sarà l’impiego della marea di soldi portati in Italia dal PNRR. “E’ un passaggio che si vive con travaglio – dice Valenti – sappiamo che il Paese ha bisogno di riuscire in questa operazione, ma nel contempo siamo, come Prefetti, preoccupati. La direttiva è di seguire con attenzione tutto ciò che concerne il Piano, ma conosciamo anche la molteplicità di modalità con cui il PNRR può essere impiegato. Da questo punto di vista, è stato attuato dall’amministrazione comunale il suggerimento di creare fra il pool amministrativo che si occupa del PNRR e la Guardia di Finanza, un contatto quotidiano che mi risulta essere stato accolto, dando risultati positivi. Devo aggiungere tuttavia, fra le note negative, la scarsità di risorse della Prefettura, in particolare i tagli al personale che si traducono in un impovermento culturale circa il fenomeno mafia: la mafia per essere combattuta deve essere conosciuta e ciò richiede tempo. Questo patrimonio è ad oggi quasi sparito, mentre fino a 10-15 anni fa ancora resisteva”.
Un altro punto su cui si sofferma il Prefetto è l’introduzione, da parte del Governo, della figura della “prevenzione collaborativa”, che comportal’introduzione di un contraddittorio con le imprese, in quanto l’amministrazione informa la persona in odore di mafia dell’iniziativa volta all’accertamento. Altro punto della fattispecie, l’introduzione del concetto dell’ “occasionalità” dell’infiltrazione, fattispecie questa la cui valutazione è affidata al Prefetto e che conduce all’impossibilità di procedere con l’interdittiva antimafia, aprendo la strada alla misura alternativa, appunto la prevenzione collaborativa. Un accertamento quello dell’occasionalità, difficile, mentre il contraddittorio si deve sviluppare in tempi strettissimi. “Se mi trovo di fronte a questo – si chiede Valenti- come deciderò? La priorità è senz’altro quella di tutelare un bene pubblico. Intanto, abbiamo già avviato intese con Comune e DDIA”.
Alla presentazione erano presenti le assessore Cecilia Del Re e Maria Federica Giuliani, che hanno portato la partecipazione e la vicinanza delle istituziomi.