Di fronte a questa vicenda, che è complicata e quindi può darsi finisca in altro modo, per anni ci siamo sentiti dire: ‘aspettiamo la sentenza, sono le sentenze che parlano’. La sentenza ora è arrivata, ma è come se non ci fosse stata. E’ come se ci fosse stata solo un’opinione”.
Con queste parole oggi Nando Dalla Chiesa, presidente onorario di Libera, ha commentato polemicamente le reazioni alla sentenza del Tribunale di Palermo sulla trattativa Stato – mafia. Dalla Chiesa ha parlato alla celebrazione del 25 aprile che si tiene all’Istituto Cervi, a Gattatico nella casa che fu dei sette fratelli Cervi, partigiani e martiri della Resistenza.
“Mi ricordo – ha detto Dalla Chiesa – la mattina dopo la sentenza di primo grado su Andreotti: Roma era tappezzata di manifesti che davano per scontato che quella fosse ‘la sentenza’. Ora che si è entrati nel vivo della trattativa tra stato e mafia, questa non è ‘la sentenza’, non è neanche ‘una sentenza’, sembra una cosa che pensano dei magistrati che non hanno abbastanza elementi per capire quello che è accaduto. E soprattutto è colpa dei giudici popolari che non sono sufficientemente preparati dal punto di vista tecnico per giudicare, è la prima volta che lo sento dire…”.
“Non posso non vedere – ha sottolineato ancora Dalla Chiesa – che la sentenza ci dice che quei quattro magistrati che hanno lavorato per arrivare a quella sentenza non erano degli ossessi, non erano dei fissati della trattativa, perché dopo di loro ci sono stati dei magistrati che hanno giudicato. Non erano solo quei quattro a pensarla in quel modo, sono passati attraverso un dibattimento molto lungo, di fronte a persone che non erano coinvolte nelle inchieste e che hanno giudicato con serenità”.
Ha detto ancora Dalla Chiesa: “Il 23 maggio, a ricordare Falcone a Capaci, vedremo tante persone che sgomitano da anni fra di loro per farsi vedere, perchè quella è la grande occasione in cui si celebra la propria antimafiosità. Poi spariscono, non c’è più una parola, una assunzione di responsabilità. Questo ci manca: a certi livelli ci manca il senso di responsabilità. Abbiamo però il movimento antimafia più forte del mondo”.
Dal palco ha parlato anche Soran Ahmad, Segretario Istituto Internazionale di Cultura Kurda”Sposate la questione curda come una questione di diritti umani, di diritti alla persona. Io credo che non abbia importanza tanto il Kurdistan, io credo che abbia importanza che la gente possa avere un’identità culturale e muoversi liberamente. Dopodiché si può vivere con chiunque, non sarà lo Stato la questione fondamentale, ma saranno questi principi. Io credo che solo capendo questo e incontrandoci, riusciremo a perseguire questi principi, perché non siamo molto lontani”.
“Il 25 aprile è ricordo – ha sottolineato la presidente dell’istituto Cervi Albertina Soliani – ma è anche amore, da tradurre in politica. Mi direte che non è possibile, ma i fratelli Cervi hanno fatto l’impossibile. Se siamo qui è per capire questa cosa. Un giorno come questo c’è stato regalato perché ne avessimo abbastanza per sempre. Che cosa ci vuole di più del 25 aprile? Che cosa ci vuole di più di questa speranza nel cambiamento del mondo? Ci vuole solo che ci crediamo e che lo facciamo diventare la nostra vita. Sentirsi fratelli, sentirsi uniti, e volere la stessa cosa per noi e per gli altri, senza violenza e senza soprusi. Il grande sogno della Liberazione, il loro sogno, che si può tradurre così: in amore e in fraternità.”