Firenze – Matteo Renzi in piazza della Signoria fra un tripudio di bandiere del Pd: “Domani i giornali non scriveranno niente di solidarietà e di interventi per i più deboli. Riporteranno la splendida frase di Dario Nardella: in questa piazza c’è la speranza, in piazza san Giovanni a Roma c’è il jukebox dell’odio”.
Bene, diamo ragione a Renzi e partiamo proprio da quella frase, degna chiosa di una campagna elettorale che nelle ultime settimane ha registrato toni sempre più accesi fra il Partito democratico e Beppe Grillo. Il doppio Nardella-Renzi ha sapientemente valorizzato i rispettivi ruoli di aspirante sindaco con altissima probabilità di diventarlo al primo turno (“Non vorrete fare spendere un milione di euro al Comune per fare il ballottaggio?”, ha ironizzato Renzi) e di premier ex sindaco della medesima città venuto a dare una mano e qualche botta finale al leader del Movimento 5 Stelle, autodefinitosi a Roma “cattivissimo senza violenza”. “La risposta all’odio e all’intolleranza è la passione e l’entusiasmo di questa piazza – ha esordito il candidato – loro non sanno cosa significa porre una grande questione etica e morale della politica”. Nel momento in cui si appropriano della figura di Enrico Berlinguer “sono imbroglioni della politica senza argomenti né contenuti”.
Lanciato l’assist al segretario – presidente, Nardella ha parlato della città che presto uscirà dai suoi confini storici per diventare Città metropolitana insieme con i suoi vicini, per sancire una volta per tutte “la fine della litigiosità fra i politici”. A questo appuntamento Firenze c’è arrivata grazie alle cose fatte nei cinque anni passati (la lista è quella che ha segnato l’intera campagna elettorale: 130 km di strade asfaltate, asili nido, mille appartamenti per i deboli e gli emarginati…), “Firenze è cambiata e ha cambiato l’Italia, ma non ci si deve accontentare, e questo è esattamente quanto segnala lo slogan Firenze più di prima”.
Secondo assist per l’intervento di Matteo Renzi: il partito democratico è un partito di sinistra che fonda il suo impegno sulla solidarietà, l’attenzione all’ultimo, l’accompagnamento di chi ha bisogno, la giustizia sociale. L’inizio del discorso del segretario-presidente è stato accompagnato da fischi e grida di un gruppetto di contestatori, che tuttavia non sono mai riusciti a interromperlo e dopo poco si sono allontanati: “salveremo l’Italia anche per loro e nonostante loro”, così li ha liquidati l’oratore, che ha messo in campo tutto il repertorio di una campagna dura e intensa. “Vogliamo bene al Paese – ha detto fra l’altro – non lo lasciamo in mano a chi lo vuole distruggere”.
Volere bene al paese significa anche fare tesoro del patrimonio della città, dei suoi modelli di qualità, laboriosità, solidarietà. Così come rappresentare i valori fondativi del partito democratico, sui quali tutti i suoi membri si ritrovano uniti (in piazza c’era anche Gianni Cuperlo) . Molti i riferimenti storici, con un ricordo di Falcone e delle vittime della strage di via dei Georgofili. Ma Grillo dice che le forze dell’ordine sono dalla sua parte, e Grillo non è un uomo d’onore: “Caro Grillo, non si cambiano le idee sulla base della geografia”, ha detto fra gli applausi, ricordando l’ex comico prima fra gli anti-Tav contro le forze dell’ordine e poi a Torino ponendosi come punto di riferimento delle stesse: “Giù le mani dalle persone che rappresentano le istituzioni, perché sono di tutti”.
Poi la raccomandazione di portare gli amici a votare e di “vivere il tempo del futuro” prima del saluto finale di tutti i candidati fiorentini nella piazza festosa al ritmo piacevole, ma molto incalzante, di “Fix you” dei Coldplay.