Renzi fa una cosa di sinistra: perde alla grande

Il Pd dà vita a giornate di partecipazione ma i consueti burocratismi ne impediscono una più ampia. Rottamato il rottamatore, con Bersani vince anche la vecchia classe dirigente

Sgombriamo il campo da equivoci: l’impepata di primarie che il centrosinistra, alias Pd, ha messo in scena in queste tutto sommato appassionanti settimane, è stato esercizio di democrazia vera. Per partecipazione e toni del confronto. Finalmente uno straccio di segnale di ripresa da parte di una classe politica, quella italiana, che vanta primati di bolsaggine e preassapochismo. Alcuni milioni di italiani hanno potuto scegliere, molto probabilmente e Monti-bis o paraculismi moderati permettendo, il futuro premier del Paese. Quello che in questi giorni è andato in scena, pur tra mille difetti e incognite di cui presto si dirà, ha avuto il sapore del titanismo rispetto al pietoso dietrofront del PdL. Meglio tutto insomma del Buttiglione di turno, il sedicente virgineo filosofo che resta preda (alla sua veneranda età) del cazzuto satiro di Arcore e che ha osato difendere guardacaso la simpatica retromarcia pidiellina in nome della presunta brutta figura dei centrosinistri e delle loro tante, eterne divisioni.

Detto della carota, veniamo al bastone. Purtroppo però le primarie restituiscono anche il quadro di un Partito democratico sostanzialmente vecchio e conservatore. Parlare infatti di rottamazione e defenestrazione della casta interna, per chi non sia avvezzo al mondo mutevole e virtuale dei grillini, provoca più che altro reazioni di sconcerto e paura. La storia degli italiani ci dice che non siamo propriamente un popolo di rivoluzionari e intraprendenti strateghi ma di timorosi codini sempre legati col cordone ombelicale allo stato da mungere da una parte e da cui essere schiavizzati dall’altra. Diciamo la verità: di fronte a un toscanaccio vagamente giovane e in maniche di camicia, poco supportato dagli apparati di partito, che in una lingua dalle consonanti aspirate prefigura la dismissione di D’Alema e della Bindi (e di conseguenza orizzonti antropologicamente tutti da definire…), sarà risultato sconcertante al volontario medio della festa dell’Unità. Turbamenti simili a quelli di puerpere e chierichetti davanti alle primi scoperte puberali.

Una gerontocrazia che sfiora la psicopatologia sessuale della gerontofilia associata ad una non meno mortale malattia: la burocrazia. In nome di sgangli e cavilli infatti, pre-iscrizioni e registrazioni, vidimazioni e attestazioni, sanzioni ed esenzioni, molti cittadini, magari spinti all’ultimo minuto da un’invitante battuta televisiva (e che ci stanno a fare i media sennò?), non hanno potuto partecipare al rush finale. Restando con un palmo di naso e con una gran voglia di reintanarsi in quel populismo-qualunquismo di massa da cui per un attimo avevano avuto voglia di riscattarsi. Mannaggia, mille prove tecniche di partecipazione a tratti risoltesi con una gigantesca conventio ad excludendum. E poi diciamola tutta: Matteo Renzi sì che ha fatto davvero una cosa di sinistra. Ha perso alla grande

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