Renzi e il referendum: in gioco c’è il futuro del Paese

Firenze –  C’è chi dice Sì al cambiamento, ad un Paese più semplice, alla velocizzazione delle leggi, alla diminuzione dei costi della politica ed a molto altro. E c’è chi sa dire solo No, sono coloro i quali credono nell’immobilismo, nelle garanzie delle poltrone a vita, contro ogni tipo di cambiamento a prescindere perché sono abituati a stagnare nella palude politica da sempre.

Questo, in poche parole, possiamo dire essere il concentrato del messaggio di Matteo Renzi, ieri a Firenze.  Al teatro Niccolini, di recente inaugurato con il suo restyling, il presidente del Consiglio ha dato il  via alla campagna referendaria con la esplicita richiesta di sostegno attraverso la modalità già conosciuta dei Comitati, composti da 10 a 50 persone,e  massima mobilitazione per costituirne diecimila per il “sì” al referendum costituzionale.

“Dopo il 15 Maggio saranno disponibili le modalità e la struttura organizzativa”,  dice Renzi dal palco del teatro, gremito in ogni ordine di posti tanto che molti sono dovuti rimanere fuori con rammarico per ragioni di sicurezza. Il Premier ha parlato a braccio del suo impegno nei due anni e mezzo di Governo.

Ha parlato della bellezza di Pompei, ” andateci, io non l’avevo mai vista. Merita!” , degli investimenti per Bagnoli, degli 80 euro in busta paga, delle banche e della restituzione fino all’80% delle perdite subite dagli investitori di fascia medio bassa. Fuori dal teatro, fin dal mattino, si era formato un gruppetto di contestatori che hanno approfittato dell’uscita del Premier teso a salutare chi era in fila per poter accedere all’interno, per urlare contro il Governo e le banche, a loro dire, salvate a scapito dei risparmiatori.

All’interno moltissimi ad attenderlo, ” volti noti ( dice Renzi) che ricordo bene per l’impegno e per la militanza” . Ad attenderlo Dario Nardella, Sindaco di Firenze, ed in prima fila le Istituzioni fiorentine, Enrico Rossi , presidente regione toscana, Eugenio Giani, presidente del consiglio regionale ed alcuni onorevoli e consiglieri regionali . Ha iniziato parlando di un’Italia “da sempre in costante depressione politica”, isolata e priva di quella credibilità internazionale che necessitava sbloccare e della lungaggine dei provvedimenti bloccati in Parlamento, per introdurre il tema del giorno : le Riforme.

Renzi ha citato Berlinguer e il programma dell’Ulivo che ponevano come obiettivo politico la rif0rma del Senato. “Queste sono le riforme di cui da anni si parla, si discute ma che nessuno ha mai veramente portato avanti con forza per il cambiamento necessario – ha proseguito –  Come abbiamo potuto appurare, sin dai tempi di Nilde Iotti, ma anche prima, si parlava di superare il bicameralismo perfetto ( che poi tanto perfetto non lo è affatto!) ma tutto è sempre rimasto immobile. Del resto con i nostri governi balneari che altro si poteva sperare? Con il bicameralismo un legge impegna almeno due anni per poter venire approvata, se il governo cade si inizia tutto daccapo. Questo è un dato di fatto. E adesso c’è questa grande possibilità, “le riforme hanno iniziato il loro percorso di concretizzazione.

Tra i temi affrontati da Renzi ci sono stati quelli dell’autonomia delle Regioni, con la riforma del titolo V: dalla promozione del turismo all’estero fino alla politica energetica, ambiti che a detta di Renzi devono tornare allo Stato centrale e non più alle regioni. E poi ha toccato puntualmente il tema dei costi della politica, “via ai poteri di troppo alle regioni, via al Cnel, basta con i presidenti delle Regioni che guadagnano più del sindaco della città capoluogo”.

Dopo 30 anni di discussione, e dopo sei letture,e le ultime tutte con maggioranza assoluta, il Parlamento ha approvato la riforma costituzionale. ” Noi abbiamo scelto di andare a chiedere alla gente il voto al referendum e vedere da che parte sta ”, dice il Premier  aggiungendo che occorrerà come sempre un impegno forte e collettivo per sostenerlo : ” Una gigantesca campagna -casa per casa- sopratutto per riportare gli italiani a votare, e decidere se vogliono tornare all’Italia di due anni fa od entrare nel futuro. Sì alla riforma spiegando a chi dice No e soltanto No, l’importanza di questo cambiamento, andando in giro, tra la gente. Senza risparmiarsi, io lo faccio anche da solo perché abbiamo il dovere di costruire un futuro per i nostri figli e i nostri nipoti. E l’Italia che dice sì è più forte: andiamo a scovarla”.

Ciò che si sta delineando e da tempo, è che questa fase delicata sia diventata strumento di riscontro politico sull’operato e la credibilità del Premier. Sicuramente il suo annuncio che pone l’esito referendario come la cartina di tornasole del suo programma di governo, così da legittimare, nel caso di fallimento, la sua fuoriuscita, ha solleticato la minoranza e tutti quelli che stanno osteggiando la politica di Renzi.

Fare la battaglia del No per delegittimare il Premier è sostanzialmente farsi del male perché un Presidente del consiglio si può e si deve cambiare, come lui stesso dice ” due mandati e poi a fare il bibliotecario “,  ma le riforme riguardano sopratutto i cittadini e sono tese a migliorare tutti quegli aspetti che abbiamo sempre contestato e combattuto. “Noi vinceremo questo referendum – ha concluso il premier – Ne sono certo, ma quello che per me è più importante non è il vincere ma è il coinvolgimento degli italiani. Io sono in prima fila perché si capisca che da questa sfida dipende il futuro delle nostre istituzioni. Non il mio”.

 

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