Obihall pieno, ieri sera a Firenze, il duo Bersani-Renzi regge e ci mette anche qualcosa in più rispetto alla necessaria "pax" elettorale. Davanti a un salone strapieno (circa tremila persone, non entra più neanche uno spillo, centinaia rimangono fuori, dove è in corso anche una protesta anti-Renzi organizzata da 300 dipendenti comunali) l'abbraccio fra Renzi e Bersani convince e suscita applausi. Insomma, l'aria mefitica respirata durante la campagna delle primarie sembra davvero un ricordo lontanto e la gente lo sente e approva. Del resto, anche le parole dei due "prodi" (come titola stamane, non senza ironia, il Manifesto) vanno in un unico senso: quello di reciproca stima e rispetto, più una sorta di "passaggio del testimone" ante litteram fra il vecchio e il giovane.
Non sono traducibili infatti in altro modo le parole di Bersani, che nascondono un fondo molto serio e riguardano il futuro di Renzi: "''Io faccio un giro e mi fermo, lui è giovane e ha ancora tanta voglia di andare avanti''. Del resto, che si poteva rispondere alla promessa di lealtà (rafforzata dai fatti e proprio da quel palco in cui insieme, ieri sera, hanno rilanciato la "volata" del Pd) pronunciata proprio da Renzi, "''A chi non ha votato per me vorrei dire che non dobbiamo avere paura di chi non la pensa come noi. Meglio dirci prima le cose sennò i finti unanimismi hanno fatto sì che per due volte Romano Prodi è andato a casa. Noi non lo faremo''.
Su una cosa sono d'accordo, Bersani e Renzi: di non mandargliele a dire, al Professore "salito" in politica, quel Monti che si sta trasformando sempre più, man mano che passa il tempo e la scadenza elettorale avanza, in un "pedissequo" recriminatore di qualsiasi passaggio il Pd compia. E quell'ultima battuta sul "partito nato nel 1921" offre il destro a Renzi per una battuta fulminante: "forse si è sbagliato con la sua carta d'identità" che solleva l'applauso in sala. Ma è Bersani, dopo la scoppiettante introduzione di Renzi, a prendere la parola con sicurezza. Se Renzi ha introdotto l'immagine dell'Italia Giusta, quella delle piccole e medie imprese, ad esempio, o quella dei nuovi italiani alla Balotelli, prendendosi pure il gusto di lanciare l'assist al segretario sulle banche (''L'Italia giusta si aspetta un governo che sia capace di un rinnovato rapporto tra finanza e politica, e di questo parlerà Bersani'') Bersani, che si toglie la giacca "in omaggio" al sindaco di Firenze, non si fa pregare: su Mps, questo è lo spinoso tema che giace in sottofondo, nessun timore, piuttosto subito un immediato rilancio sulla richiesta di una commissione d'inchiesta e di regole più strigenti sull'uso dei derivati.
''Non accettiamo di venire raffigurati come quelli che vanno a braccetto con le banche: chi l'ha fatta la portabilità dei mutui, chi ha tolto il massimo scoperto in banca? Voglio lanciare alla destra un messaggio, se si vuole ragionare: in quella vicenda c'é stato negli anni un eccesso di localismo da cui bisognava e bisogna emanciparsi. Al netto di questo, non si azzardassero..''. E poi, altro rilancio: una delle prime misure una volta al governo, la reintroduzione del falso in bilancio.
Alla fine, applausi convinti e il Marzocco fiorentino in regalo a Bersani. Un po' per "sbranare", un po' come segno tangibile che il Pd arriva unito al traguardo.