Regione e licenziamenti, rivolta del personale, la Rsu proclama lo stato di agitazione

Firenze – La RSU regionale ha proclamato ieri,  25 febbraio 2019, lo Stato di Agitazione del personale della Regione Toscana, attivando al contempo la comunicazione prevista per l’avvio del procedimento di raffreddamento e conciliazione presso la Prefettura fiorentina.

L’antefatto – Una mossa significativa ma non inaspettata da parte della Rappresentanza Sindacale Unitaria dei dipendenti regionali, che prende le mosse dai 16 provvedimenti di licenziamento emessi in seguito all’inchiesta della Procura su 70 impiegati, 35 dipendenti regionali e 35 provinciali che lavoravano negli uffici di via Democrazia a Massa. L’inchiesta ipotizzava un diffuso sistema di “assenteismo” dei dipendenti pubblici, che avrebbero attestato falsamente la loro presenza in ufficio. Un comportamento che, oltre ad avere rilevanza penale, comporta l’avvio del procedimento disciplinare nei confronti di questi dipendenti. E la giunta regionale, nella prima settimana di settembre, con un atto di indirizzo politico definito dai sindacati “senza precedenti, che odora di populismo”, aveva ritenuto senza indugio di “dare mandato alle strutture regionali competenti di applicare la sanzione disciplinare del licenziamento senza preavviso”. Sanzione prevista dalla normativa nazionale, purché la falsa attestazione della presenza in servizio si configuri come “fraudolenta” cioè scientemente attuata. La stessa decisione prevedeva che fosse verificata anche l’esistenza di responsabilità dirigenziali per omesso controllo ma ad oggi non si ha notizia di nessun dirigente che abbia ricevuto alcun provvedimento.

E così, ai primi di gennaio, dei 21 dipendenti regionali finiti agli arresti domiciliari 16 sono stati licenziati e 5 sospesi, mentre per gli 8 dipendenti provinciali soltanto uno è stato licenziato. Due pesi e due misure – si chiedono dalla parte sindacale – e cosa ne sarà degli altri 14 colleghi regionali ancora da passare al vaglio?

I punti contestati dall’Rsu – Evidentemente la mano dell’Ufficio di Disciplina regionale è stata ben più pesante di quella dell’omologo ufficio provinciale. Tanto pesante, dicono dai sindacati, al punto di gettare “altrettanto pesanti ombre sul corretto operato dell’ufficio regionale, certamente intimorito dal diktat politico ricevuto, al punto di non esaminare con serenità e con il dovuto scrupolo i casi sottoposti”. E così arriva la “paradossale e beffarda” nuova decisione presa dalla giunta regionale due settimane fa: venga costituita una commissione di alti dirigenti che riveda le singole posizioni e riveda i criteri di giudizio adottati, ma…li utilizzi in un tentativo di conciliazione davanti al giudice del lavoro. Da parte sindacale, ecco il commento: “Come dire: “prenditi un avvocato, fammi causa e dammi così il modo di dimostrarti tutta la mia magnanimità!”…”…

“Quest’ultimo atto politico – continuano i lavoratori – starebbe a dimostrare lo sbando e la retromarcia della giunta ma…a buoi ormai scappati”. Insomma, di fatto ci si trova di fronte a una decisione che ammette di non aver tenuto conto delle diverse fattispecie di gravità dei comportamenti in esame, come invece la giurisprudenza insegna sia assolutamente necessario. Inoltre, rileva la RSU, “nel corso del procedimento disciplinare molti interessati non hanno potuto agire compiutamente il proprio diritto alla difesa per la ristrettezza del tempo concesso e la difficoltà di produrre documentazione reperibile solo sul posto di lavoro o con accesso al sistema informativo del personale secondo procedure non tempestivamente comunicate”. La RSU sottolinea anche che “in relazione al verificarsi di comportamenti di natura sicuramente non fraudolenta, abbia contribuito una inadeguatezza delle procedure organizzative e dell’articolazione delle strutture e dei presidi territoriali”. La Regione, insomma, con le frequenti necessità di uscita dalle sedi e le proprie procedure farraginose, potrebbe, dicono i sindacati, in più casi aver indotto a cadere sulla buccia di banana i propri dipendenti.

Le modalità della protesta – Intanto, i lavoratori seguiranno uno “sciopero bianco”: rigido rispetto della disciplina dell’orario di lavoro con inevitabile rallentamento dell’attività degli uffici. In particolare, nessuno uscirà dall’ufficio per servizi esterni o si tratterrà a lavoro più del dovuto, se non con un’autorizzazione preventiva del dirigente. Come pure, nessun lavoratore andrà in missione rinunciando al diritto al rimborso delle spese sostenute. E di accollarsi il lavoro dei colleghi licenziati (gli uffici di Massa sono in ginocchio) non se parla proprio, a meno di un ordine specifico firmato dal dirigente.

Poi se non vi sarà ascolto e se la procedura di raffreddamento non andrà a buon fine, allora si arriverà a scioperare o a presidiare le sedi regionali.

Le richieste – Ed ecco la “carta” delle richieste, inoltrate dalla RSU, a contrasto della decisione dei licenziamenti, presa dall’Ufficio di Disciplina della Regione (un ufficio composto da una sola persona, che si è avvalsa di un’apposita consulenza legale costata alle casse regionali più di settemila euro, molto vicina, come ordine di grandezza, al presunto danno erariale causato dai licenziati).

Al primo punto, l’RSU richiede che la procedura di conciliazione ipotizzata dalla giunta possa avvenire in sede extra-giudiziale, richiesta peraltro già inoltrata dieci giorni fa e rimasta nel silenzio. E ciò “per ovvi motivi di risparmio in termini di tempo e di costi legali da sostenere, sulla base di criteri equi che distinguano le diverse fattispecie di irregolarità, che non possono automaticamente portare al licenziamento”. Gli interessati poi devono essere messi in condizione di “trasmettere all’Ufficio Disciplinare ulteriori elementi per la corretta valutazione degli addebiti a loro contestati al fine di una migliore enucleazione dei suddetti profili anche tenendo conto delle fattispecie che si sono verificate in concreto, affinché la Commissione non operi su basi puramente teoriche e scollegate dalla realtà quotidiana degli uffici”.

Ma soprattutto, prosegue la RSU nella propria richiesta, che “sia escluso qualsiasi addebito di fraudolenza atto a determinare la sanzione del licenziamento senza preavviso per servizi esterni e missioni non rendicontate, servizi esterni e missioni svolte senza autorizzazione, meri errori nella rendicontazione oraria dei servizi esterni e delle missioni, effettuazione di pause di recupero psicofisico, anche alla luce dell’assenza di una loro regolamentazione nel periodo dei fatti”.

Inoltre i sindacati richiedono  che “sia tenuta in conto, sotto il profilo soggettivo, la storia professionale dei lavoratori, la valutazione individuale, il lavoro ed i risultati conseguiti negli anni, come pure l’assenza di pregresse contestazioni disciplinari; sia esclusa qualsiasi discriminante automatica basata sulla somma dei minuti di assenza ma sia invece valutata effettivamente la gravità dei comportamenti contestati e presa in considerazione la sostanza dell’attività concretamente svolta durante i periodi di assenza non formalmente attestata;  sia considerato il contesto lavorativo e organizzativo e le difficoltà e impossibilità dovute ad una procedura di rilevazione presenze non idonea a garantire procedure intellegibili, di facile attuazione e funzionali allo svolgimento del lavoro; che i criteri così individuati dalla Commissione siano resi pubblici e costituiscano valido riferimento sia per i lavoratori sia per coloro che saranno chiamati a dare corso a futuri procedimenti disciplinari”.
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