Case popolari solo ai residenti – o lavoratori – da almeno tre anni in Emilia-Romagna. E’ la principale della riforma in dirittura d’arrivo in Regione. La commissione Territorio, ambiente, mobilità ha infatti approvato ieri la delibera di giunta che modifica i requisiti per l’accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica. Per fare domanda, da ora in avanti, il richiedente dovrà avere “residenza anagrafica o attività lavorativa stabile nell’ambito territoriale regionale da almeno 3 anni”. Presentato dal Pd, l’emendamento in questione ha ottenuto il voto favorevole dei consiglieri dem, l’astensione di Lega Nord, M5S e Fdi, il no di Sel (i vendoliani hanno però votato sì alla delibera complessiva).
“I tre anni di residenza – spiega l’assessora al Welfare Elisabetta Gualmini – sono un requisito ragionevole in una società che cambia. Ci siamo ispirati alla Toscana, dove il governatore Rossi, che non è certo un estremista di destra, ha introdotto un limite di 5 anni”.
Poi nel merito: “Nei Comuni, per accedere agli alloggi Erp, esistevano già dei criteri di premialità sulla base degli anni di residenza. E così molta gente entrava nelle graduatorie pur sapendo che non avrebbe avuto la possibilità di scalarle. Abbiamo preferito introdurre il criterio dell’anzianità all’ingresso. La nuova legge regionale prevede un principio a cui tutti Comuni dovranno attenersi. Poi le singole amministrazioni potranno agire in piena libertà”. L’assessore attribuisce al Pd l’emendamento dei tre anni: “È un’idea del gruppo dem, non dalla giunta. La Lega? Non abbiamo inseguito nessuno. Ma ritengo che per la casa fosse ragionevole riconoscere il principio del radicamento sul territorio e chiedere agli assegnatari alcune garanzie di stabilità: non si distingue in nessun modo tra italiani e stranieri, la regola varrà anche per gli italiani che hanno appena trasferito la residenza in Emilia-Romagna”.
Gualmini ci tiene a precisare che gli altri servizi non risentiranno della novità: “Naturalmente, le regole per i servizi educativi, scolastici e assistenziali resteranno come prima: qui l’anzianità non vale”. Esulta il capogruppo leghista Alan Fabbri, che inizialmente aveva proposto un limite di 10 anni ma (al netto dell’astensione) ha gradito la delibera: “Cade un tabù della sinistra, grazie alla Lega parlare di priorità degli emiliano-romagnoli non è più uno scandalo. Abbiamo abbattuto il muro dell’ideologia”. Contrario invece il consigliere di Sel Igor Taruffi: “Oggi l’80% degli alloggi Erp è già destinato agli italiani. L’obbligo dei tre anni non mi sembra positivo: sarebbe preferibile che fossero i Comuni a disporre i criteri di premialità”.