Regionalismo differenziato, Rete delle Città in Comune: “Daremo battaglia”

Firenze – Assemblea nazionale, oggi, a Firenze, della Rete delle Città in Comune, vale a dire incontro di discussione e confronto per quelle liste (comunali) che si dicono “sinistra”, differenziandosi, come tengono a sottolineare, da “ciò che si richiama al Pd”. Una Rete che copre tutta Italia, dal momento che ha visto presenti all’appello città del Nord come Milano e Bergamo, Bologna e altre emiliane, quasi tutte le città toscane con prevalenza della provincia fiorentina, e poi via via verso sud fino a Napoli, che giunge all’appuntamento con una consigliera comunale e due altri rappresentanti delle politiche amministrative della “sinistra sinistra”. Insomma, si tratta di quella “realtà a cui aderiscono numerose esperienze locali di liste ed esperienze plurali, di sinistra, di cittadinanza diffuse su tutto il territorio nazionale. Esperienze che si sono misurate col voto in questa come nelle precedenti elezioni locali o regionali, realtà che hanno costruito insieme campagne nazionali diffuse su temi di stretta attualità politica”, come spiegano di se stessi i partecipanti.

Sala dei Marmi al Parterre, molta attenzione e calore fra il pubblico. Il primo dei punti affrontati, la differenza di risultato fra le elezioni europee e quelle amministrative, che configurano la mutazione “genetica” dell’elettorato, diversamente orientato a seconda della vicinanza e dei ruoli. In questo tema, si inserisce anche, come spiega Dmitrij Palagi, della lista consiliare fiorentina Sinistra in Comune, la volontà di non apparire e non essere “il partito degli “amministrativi”, ma piuttosto rappresentare con efficacia concreta una forza composita, come sono varie le provenienze che si riscontrano in questa assemblea” pur sempre legate al filo rosso della sinistra. Dunque, puntualizza l’esponente fiorentino, la Rete pensata piuttosto “come strumento di lavoro per i territori”.

Ma se la differenza del voto a seconda del riferimento territoriale o europeo è la battuta d’inizio, il punto “caldo” del confronto è stato senz’altro quella che si prospetta come una vera e propria battaglia contro il cosiddetto “regionalismo differenziato”, vale a dire l’attuazione in tempi stretti della riforma del titolo V della Costituzione attuata nel 2001 con legge costituzionale n. 3, sia pure approvata in Parlamento con quattro voti di maggioranza nell’ultima votazione e sottoposta a un referendum popolare in cui la partecipazione superò di poco il 34% degli aventi diritto. Una riforma da cui nacque una nuova forma di regionalismo, con la quale venivano trasferiti alle Regioni poteri, funzioni e competenze che le avvicinavano  a un ruolo più simile a quello  degli Stati federali. Tant’è vero che il nuovo titolo V della Costituzione, attuato sotto la vigenza di un governo di centrosinistra, introduceva due elementi fondanti: da un lato, alcuni principi di federalismo fiscale, dall’altro ribaltando la presunzione giuridica introdotta dai padri costituenti che prevedeva che qualora la legge non ne facesse menzione, le materie fossero di spettanza statale nella divisione delle attribuzioni. Dalla modifica vale l’esatto contrario, ovvero, ciò che non è richiamato è di spettanza regionale. Mettendo insieme l’introduzione dei famosi livelli essenziali dell’art. 117, l scomparsa di ogni riferimento al Mezzogiorno, si rischia davvero di assistere  a una sperequazione “iniqua fra Regione povere e Regioni ricche”. Naturalmente, a favore di queste ultime.

Ma se questo è vero, “il problema è più complesso –  sottolinea ancora Palagi, che riporta il punto emerso dall’assemblea – non possiamo rischiare di interpretare il regionalismo differenziato come una guerra del nord contro il sud. Si tratta di una guerra di ricchi contro poveri, dal momento che il sistema di cui stiamo parlando porta fatalmente all’impoverimento del pubblico a favore del privato”.

Fra gli altri temi su cui si svilupperanno nel futuro prossimo impegni e collaborazioni, rilancio di punti comuni e campagne eventualmente da mettere in campo, quello del welfare e del lavoro, oltre all’impegno sull’ambiente. Per quanto riguarda il primo, è in programma l’elaborazione di un pacchetto di proposte “che spostino risorse a favore del sociale”, mentre sul tema specifico del lavoro, è l’esperienza di Bologna, che ha accolto, primo comune in Italia, una “carta dei diritti dei lavoratori digitali” dopo una negoziazione con la “Riders Union Bologna”, esperienza raccontata da Federico Martelloni, tra i principali esperti italiani di lavoro parasubordinato e consigliere comunale per “Coalizione Civica” a Bologna, a “fare scuola”. Nel senso che “lavorare sul fatto che i Comuni  si pronuncino sui nuovi lavori e sulle trasformazioni  del tessuto produttivo”, è non solo possibile, ma foriero di risultati.

“Oggi è stato inviato anche un altro messaggio potente – conclude il fiorentino Leonardo Becheri – quella che si trova a confronto in questa sede è l’Italia, da nord a sud, che per una volta, sfidando ciò che si prospetta ormai come luogo comune, dimostra che non è l’attacco ai migranti il collante dell’unità, ma la comunanza dei problemi. E delle lotte necessarie per risolverli”.

 

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