Firenze – Non arriverà in Toscana e più precisamente a Firenze, la scossa tellurica che la fuoriuscita volontaria e amara di Cofferati ha impresso al partito. Non arriverà, perché il passaggio, molto delicato, cui si sta dedicando la patria del premier, quello delle elezioni regionali ormai alle porte, a detta di tutti coloro che si aggirano per stanze e corridoi del Pd toscano, è ormai cosa fatta: regge la pax tutta toscana fra Enrico Rossi e Matteo Renzi, e regge così tanto che, a meno di un miracolo, la famosa raccolta firme per giungere alle primarie circa il governatore, non darà esito. Nonostante la presenza del professore di Pisa, civatiano, Luciano Modica. Insomma, a pochi giorni ormai dallo scadere del tempo utile, non solo ancora non ci sono le circa novemila firme che sarebbero necessarie, ma non sono cambiati gli assetti politici, in altre parole mancano le condizioni politiche per far sì che appaia un altro candidato capace di raccogliere il consenso prima in termini di firme, e poi in termini di voti. Dunque, la partita toscana non offre, secondo quanto si dice apertamente, nessun grattacapo a un presidente del consiglio che darebbe per ormai superata la questione del prossimo governatore toscano.
Del resto, se qualcuno si prendesse la briga di esaminare lo stato della fetta renziana del partito, la prima evidenza che salta agli occhi è la seguente: Renzi, come già sottolineato da Stamp, si è portato con se’ a Roma tutti i fedelissimi. Vale a dire, gli uomini e le donne del presidente, non solo politici, ma anche quadri amministrativi. Una situazione che lo priva, ma il rischio è perfettamente calcolato, di personale politico “di primo livello” sul territorio: ovviamente, non del tutto, dal momento che il fedelissimo Carrai è in posizione ottima per quanto riguarda l’Adf, e comunque non si può dimenticare che il sindaco Nardella è creatura sua, nel senso dell’investitura. E tuttavia, nonostante la strettissima collaborazione dei due, è del tutto chiaro a tutti, a Firenze, che Dario Nardella, ha anche, nella sua città, un suo alveo e territorio di nascita e crescita che non è coincidente con quello del suo “capo”. Dunque, fedelissimo, sì, ma tutto sommato la sua indipendenza di “nascita politica” lo porta piuttosto a essere un “fedele”. Come, d’altro canto, la vera signora della politica fiorentina, quella Stefania Saccardi, che, sono in molti a giurarci, dopo le prossime regionali eserciterà in modo molto più stringente le sue prerogative, che potrebbero sconfinare anche nella Sanità. E sono in molti, all’interno del partito a fare tanto di cappello alla sua scelta di “mettersi in gioco”, scegliendo di gettarsi nella lizza elettorale alle prossime regionali, invece di starsene tranquilla al suo posto. Perché, come pare abbia detto lei stessa, ogni tanto bisogna pur contarsi. Parole che la dicono lunga sul carattere del vicepresidente regionale.
Da questo punto di vista, l’appoggio a Enrico Rossi può rivelarsi, appunto, la mossa migliore per Renzi. E infatti il premier non ha proprio nessuna voglia di incrinare la sua posizione. Anche perché tutto sommato il presidente uscente qualche grattacapo fra il suo elettorato “storico” ce l’ha. Intanto, sotto il profilo dell’alveo politico del presidente uscente, pare che il suo “serbatoio elettorale”, quello pisano della costa, secondo quanto raccontano dal partito, sia ormai piuttosto svuotato. Ragioni di vario genere, ma sembra che la contrapposizione a tratti anche durissima con Pisa e Filippeschi per la questione dei trasporti, la famosa “guerra degli aeroporti”, abbia finito per dare un colpo definitivo alla popolarità del presidente uscente da quelle parti. Anche se ogni tanto i suoi “distinguo” e certe prese di posizione tornano nell’ambito del Rossi “vecchia versione”, tuttavia è innegabile che la pax renziana fu suggellata da una serie di mosse che si possono riassumere nel “taglio delle ali” della sua giunta; meglio, di taglio dell’ala di sinistra, con l’estromissione di Rifondazione Comunista dalla maggioranza di governo, ma anche un qualche segnale all’area più moderata rappresentativa del mondo imprenditoriale con la defenestrazione della vicepresidente Stella Targetti, nonché l’epurazione dell’assessore al turismo, ora consigliere comunale, esponente di un mondo sostanzialmente laico-progressista delle professioni e dello sport come Cristina Scaletti.
Insomma, un rimpasto che segnò l’avvicinamento definitivo al premier e l’interruzione di una sanguinosa battaglia, sanguinosa soprattutto per Rossi. Un rimpasto che tuttavia potrebbe anche essere una sorta di prefigurazione di un esperimento che potrebbe avere margini molto più vasti di portata addirittura, sussurra qualcuno, nazionale.
Non solo. Tralasciando ancora per qualche giorno la questione successiva alla partita del governatore, vale a dire la formazione delle liste che si annunciano un po’ più complicate del solito, visto che sarà anche la prima volta della nuova legge elettorale (che com’è noto dovrebbe contemperare elementi di “nomina” fra cui il famoso listino “facoltativo” e di “preferenza”) si può tranquillamente asserire che per ora la galassia renziana, lasciando tranquillo il campo toscano, ha ben altre gatte da pelare che riguardano il presidente della Repubblica. Dunque, pace in casa, perché è fuori che spirano venti di guerra. Tant’è vero che tutti sono abbastanza unanimi nel pensare che, una volta portato a casa il risultato legge elettorale (da qui a dieci giorni) e risolto la grande sfida del presidente della Repubblica, nel Pd le correnti sopite e per ora sotto tono prenderanno vigore con tutta la loro veemenza.
Che significa? Per molti, l’uscita di Cofferati ha il sapore di una presa di posizione d’anticipo che segna il posto per tutto l’asse Cuperlo-Civati (la “sinistra” insomma), in cui molti se ne starebbero con la valigia in mano, aspettando solo il casus belli per uscire. E fra alcuni esponenti del Pd, si sussurra che anche la scelta del nome del candidato presidenziale potrebbe avere il suo peso. E il resto, dal “correntone” del capogruppo Speranza, alle varie aree, ai dalemiani, giovani turchi, fassiniani, ecc…. Tutta roba che scomparirà, sussurra qualcuno dentro al partito, mentre l’affacciarsi di una corrente trasversale, che avrà nella toscana Elisa Simoni il portavoce, nata una settimana fa, e che si denomina “Carta 22” dal secondo, severo discorso di Napolitano per il rinnovo del suo insediamento a presidente della Repubblica, è un segnale che nel Pd sta partendo una seconda fase. Tant’è vero, continuano i soliti bene informati, che la prossima mossa del partito, dopo l’elezione del capo dello Stato, sarà occuparsi infine della questione diritti civili. Un altro grande tema finora accantonato ma che è nell’agenda del premier Renzi e che provocherà senz’altro altri malumori e qualche distacco. Ma che, assicurano, gli verrà presentato. Quando i tempi saranno maturi. Vale dire, dopo l’elezione del Presidente degli italiani.