Stamp incontra la candidata in quota Pd alle prossime rgionali Donata Bianchi. Civatiana “di opinione”, convinta tuttavia che sia importante “mantenere, all’interno del Pd, uno spazio per testimoniare la presenza di opinioni e idealità provenienti da una cultura diversa da quella della maggioranza”, Bianchi illustra alcuni punti fondamentali del suo impegno politico. Posizioni che si riverberano su alcuni degli snodi caldi del momento, come la scuola, i rifuti, la sanità. Con posizioni a volte critiche ma tutto sommato non irriducibili (ad esempio sulla scuola), altre volte nettamente contrarie, nello spirito e nella proposta, alle posizioni assunte dalla maggioranza renziana del partito, Donata Bianchi è in un certo senso il testimone del travagliato passaggio che scuote in questo momento il Pd, in particolare dopo l’annuncio dell’uscita di Civati, che si porterà dietro un piccolo gruppo di fedelissimi. Un’operazione che condurrà senza dubbio i “civatiani” fuoriusciti a guardare al soggetto che a poco a poco sta prendendo faticosamente forma alla “sinistra” del Pd.
“La mia provenienza è di area civatiana – dice Bianchi – del resto, ho ripreso la tessera del Pd dopo ere geologiche, per intenderci l’ultima volta che mi ero iscritta c’era ancora il Pci. A decidermi fu l’emergere della personalità di Civati, persona che è riuscita a portare all’interno del partito contenuti importanti. Dopo l’esperienza di costruzione del gruppo E’ possibile, ci fu la difficoltà dell’area Civati a metabolizzare l’esclusione dalle candidature per sindaco, con la frattura fra chi si manteneva sempre all’opposizione di fatto rifiutando di dialogare anche con quei pezzi della maggioranza con cui sarebbe stato possibile. Per quanto mi riguarda, ritengo sia importante mantenere una presenza su contenuti anche alternativi, penso ad esempio al trattamento intelligente dei rifiuti o agli investimenti su cultura ed educazione. Insomma nel Pd questi contenuti “diversi” ci devono stare e devono ottenere legittimità”.
Andando sulle posizioni concrete di cui lei si fa portavoce, è inevitabile, visto lo scontro in atto nel Paese, parlare di scuola.
“Credo che il primo passo importante sia dividere le due cose: assunzioni da un lato, riforma della scuola dall’altro”.
Ma a monte non c’è piuttosto un problema che riguarda la natura stessa della scuola pubblica?
“Sgomberiamo il campo da equivoci: istruzione, sanità e sociale devono rimanere di competenza pubblica. Detto questo, è anche vero che si può pensare a un presidio forte e penetrante del pubblico sul privato che può essere utilizzato sia sul sociale appunto, come d’altro canto sta già avvenendo con tutto il terzo settore, sia sulla scuola. Il problema non si pone sulla scelta di scuola privata o scuola pubblica, o sul fatto che la scuola privata riceva fondi dallo Stato; il problema che la legge sulla scuola pone, e che mi rende inquieta, è quello che emerge ad esempio sulla figura ridisegnata dei dirigenti che possono scegliere gli insegnanti, o sul fatto che le scuole pubbliche possono essere finanziati dai privati, il che significa far sedere in consiglio d’amministrazione un rappresentante delle realtà produttive che “finanziano” quella determinata scuola. Un altro grosso nodo è quello del rischio di povertà educativa. Insomma, la questione di fondo è: quale visione abbiamo? E quella subito dopo: quale alternativa abbiamo? Tutti gli indicatori socio-economici ci stanno indicando che siamo sull’orlo del baratro per quanto riguarda la formazione delle generazioni del futuro. E’ il momento di fare scelte consapevoli, secondo un principio generale di equità delle opportunità, da cui discende: mitigare la possibilità di scelta del super dirigente; capire che se la scuola dipende dai donneurs non è libera (esempio, le facoltà scientifiche, simbolo del fallimento di questa politica); ma anche mettere in atto la riqualificazione degli insegnanti e sostenere il sistema dell’alternanza scuola-lavoro, con tirocini pagati”.
Ma a cosa si riferisce esattamente quando parla di “controllo pubblico” sul privato nella scuola? E’ proprio di questi giorni infatti un dibattito che, se pur squisitamente fiorentino si inserisce in quello nazionale: la proposta della vicesindaca Giachi di appaltare alle cooperative i pomeriggi della scuola dell’infanzia.
“Ricordiamo che in Toscana c’è una lunga tradizione di compartecipazione delle cooperative ai servizi pubblici; inoltre, il progetto 0.6 (età della prima infanzia) trasforma i nidi da servizio socio-assistenziale a processo educativo. La domanda da farsi intanto è: cosa può essere passato alla statalizzazione e con quali regole si può fare entrare il privato sociale all’interno del processo educativo? Ad esempio, con criteri d’appalto molto stringenti e chiari, con l’allineamento contrattuale degli insegnanti, con l’omogeneità da Bolzano alla Sicilia dei vincoli del pubblico sull’appalto. Del resto, nell’ultima proposta della giunta alcuni passi avanti, grazie al comitato delle mamme (di cui anche Bianchi ha fatto parte, ndr) sono stati fatti. Basti pensare che la proposta originaria prevedeva una semplice divisione fra mattina – insegnanti comunali, pomeriggio – cooperative sociali con funzione semplice di doposcuola. Colgo l’occasione per dire anche che bisognerebbe rendere più consapevoli i genitori dei loro spazi d’intervento nella scuola e formarli ad utilizzarli al massimo, anche perché i comitati sono importanti attori di vigilanza sociale, irrinunciabili”.
A proposito di comitati, lei è stata anche “dentro” a quelli della Piana contro l’inceneritore.
“E’ una battaglia che intendo portare avanti e che si basa sul superamento degli inceneritori e la creazione di una filiera integrata di gestione dei rifiuti che possa creare anche occupazione, come si vede negli esempi di altri territori italiani ed europei”.
Gli altri “snodi” del suo bagaglio politico?
“In tema di sanità,, la difesa dei presidi socio-sanitari di prossimità, oltre a una posizione fortemente contraria ai licenziamenti (sembra circa 2mila) di operatori sanitari che vanno a ridurre i servizi sul territorio. Un altro grande tema sociale? Bisogna trovare il modo di farsi carico del processo di impoverimento che sta subendo la nostra società. Non è possibile che ci sia solo l’emergenza freddo. Inoltre, è importante costruire e valorizzare un presidio contro la violenza a donne e minori (Bianchi è fra le fondatrici della nota associazione di difesa e tutela delle donne e dei minori Artemisia) e infine i diritti civili, che meritano uno spazio a parte. La Toscana è stata infatti per molto tempo un’eccellenza in questo campo, ma negli ultimi anni il tema è stato abbandonato. E’ importante riprendere il contrasto alle discriminazioni per ragioni sessuali, religiose, di razza. E poi, cominciano a diventare una presenza precisa i bambini figli di copie omosessuali. In questo caso, la domanda da farsi è: perché devono giustificarsi?”.