Firenze – Reddito universale, una delle colonne fondanti delle proposte della Sinistra. Ma cos’è e con quali modalità si può attivare, è la grande domanda che viene sempre opposta dai critici e dai detrattori della proposta. Una proposta molto concreta, che, pur presupponendo alcuni cambiamenti di sistema, è sempre più presa in considerazione dagli economisti, mentre sulla questione si segnala la decisione della Commissione Europea di autorizzare il nuovo ECI-UBI 2020, l’Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE) per l’introduzione di un reddito di base incondizionato negli Stati membri dell’Europa. Il titolo dell’iniziativa è: “Start Unconditional Basic Incomes throughout the EU”. L’ICE prevede la raccolta di almeno 1 milione di firme (online) da parte di altrettanti cittadini europei che risiedono nei diversi Stati membri. La raccolta delle firme è iniziata il 25 settembre 2020 e si concluderà il 24 settembre 2021. Sulla questione, l’aggregazione della sinistra (sindacati di base, movimenti, associazioni e partiti politici) ha convocato un presidio che si terrà sabato in piazza Santa Croce, alle 15.
L’iniziativa è stata illustrata in un incontro con la stampa, avvenuto stamattina, da alcuni rappresentanti delle organizzazioni facenti parte del gruppo “Ogni giorno il Primo Maggio”, che comprende il sindacalismo di base, movimenti, associazioni impegnate sul territorio, partiti, collegati in una rete unitaria . L’iniziativa prende le mosse dalla constatazione che la situazione di emergenza pandemica non sarà transitoria, tant’è vero che già si parla della terza ondata, mentre il vaccino svilupperà verosimilmente i suoi effetti solo nel corso del 2021-22. La recessione economica che accompagna la pandemia rischia, secondo i rappresentanti della sinistra, di accellerare e rendere strutturale la riorganizazione del sistema economico vigente che vede da un lato un ancora più stringente smaterializzazione e concentrazione dei processi di valorizzazione mentre dall’altro cresce il processo di individualizzazione del lavoro che conduce alla precarietà esistenziale, oltre a rendere sempre più pesante il cosiddetto “ricatto dal bisogno”. In altre parole, la solitudine del lavoratore singolo accentua la sua situazione di ricattabilità per quanto riguarda la cessione di diritti rispetto al bisogno.
“Piazza Santa Croce è stata presa a simbolo di una necessità che riguarda non solo la nostra città ma l’intero Paese, legata alla pandemia e non solo – spiega Silvia Gabrielli, Usb – il 12 dicembre non è una data a caso, perché è la data della strage di piazza Fontana, uno dei momenti più bui del nostro Paese. La pandemia ha portato alla luce tutto lo sfascio che è stato portato avanti nel corso di questi ultimi 30 o forse 40 anni del modo di concepire una società. Una società che è stata impostata sul profitto e sul profitto veloce, senza guardare in faccia a chi veniva stralciato o emarginato da questa scelta politica. Siamo a un punto di svolta finale, ma sulle macerie bisogna imparare a ricostruire. Ciò che sentiamo dal governo centrale e regionale non attua una ricostruzione di svolta, ma configurano una sorta di fase di attesa per poter ripartire esattamente come prima. La necessità è invece quella di costruire un progetto importante che dia un vero segno di cambiamento, che riporti al centro il lavoro e permettere alle persone di poter lavorare, come previsto dalla Costituzione, e poter vivere, non sopravvivere o essere costretti a elemosinare. Si pensi a cosa significa il fatto che a Firenze, nei primi tre giorni di riapertura del bando per i buoni spesa, ci sono già state 2.500 richieste. E’ un segnale lampante del punto di distruzione sociale cui siamo arrivati. Dal mondo del lavoro scomparso (a Firenze le scelte sono state quelle di impostare tutto su terziario, cancellando il resto), derivano altri problemi fondamentali per la vita della gente, fra cui quello abitativo, chi non ha reddito non può pagare un canone, o vivere con un minimo di dignità. Per ricostruire la dignità dei lavoratori e delle persone, serve secondo noi un percorso molto lungo e faticoso, ma per compierlo serve un supporto che consenta quell’esistenza libera e dignitosa per tutti che è impressa nella nostra carta fondamentale”.
Paolo Bartoli, membro del collettivo fiiorentino Unità anticapitalista, che fa parte della rete nazionale Fronte di Lotta no Austerity, sottolinea: “I risultati di questo sistema sono sotto gli occhi di tutti. La società è devastata dalla priorità data al profitto, in nome del quale i lavoratori sono mandati al macello, in tutti i settori, ma in particolare, in questo frangente, i lavoratori della sanità che non possono neppure scioperare al momento che stanno svolgendo un servizio primario ed essenziale. Non dimentichiamo tuttavia che la sanità pubblica proviene da anni di tagli, il che ha provocato la devastazione di cui stiamo pagando le conseguenze. Questo percorso unitario, di cui siamo stati fra i promotori principali, produrrà una serie di iniziative che preludono a una grossa iniziativa, tempi permettendo. I ristori che sono stati dati sono stati in parte elemosine, con mille paletti che hanno reso i percorsi burocratici infernali e paralizzanti, quando è evidente che, qualora scoppino queste emergenze, l’unica possibilità che ha un Paese per salvare le vite dei propri abitanti è quella di garantire una chiusura ragionata con i sostegni al lavoro. Abbiamo voluto cominciare le iniziative con un presidio dedicato al reddito universale; non è un caso, in quanto questo concetto di trascina dietro tutte le altre rivendicazioni del mondo del lavoro. il ragionamento sul reddito universale, che noi riteniamo debba calibrarsi sulla media delle paghe operaie, è molto antico e proviene da lontano, e non è appannaggio solo dell’estrema sinistra. Il reddito di cittadinanza che già esiste non è sufficiente perché intanto non arriva a tutti, e in secondo luogo ha delle restrizioni disarmanti. Ci vuole un altro strumento, e il reddito universale è il primo step per levare di mano l’arma di ricatto cui soggiace il lavoratore stretto dal bisogno”.
La questione del reddito universale si intreccia con quella del disagio abitativo, come ricorda Marzia Mecocci, del Movimento di Lotta per la Casa. “Anche in questo senso, si tratta di uno strumento fondamentale – spiega – anche perché alla ribalta si affacciano nuove povertà, nuove famiglie che non riescono a pagare l’affitto, come anche tantissimi esercizi commerciali. Restando sull’emergenza abitativa, a Firenze il problema è storico, le case sono sempre mancate, mentre assistiamo e abbiamo assistito a una politica di vendita degli immobili pubblici da parte delle amministrazioni locali, invece di riconvertire gli immobili patrimonio della cittadinanza in edilizia popolare. Il reddito universale è uno strumento fondamentale per stoppare il nuovo tsunami di sfratti che arriverà al termine del blocco, che, se non ci saranno proroghe, cadrà il 31 dicembre. A partire da quella data, fra sfratti vecci e nuovi, la tragedia annunciata si compirà. Lo strumento di cui stiamo parlando permetterebbe di usufuire di un piccolo salvagente. Il vero problema, tuttavia, è che il sistema attuale (e su questo non credo che il reddito universale potrà incidere più di tanto) conduce a una sorta di guerra fra inquilini e piccoli proprietari cui quel reddito spesso è essenziale per campare, mentre il sistema economico di base non interviene in modo decisivo. Si tratta di una scelta politica, ma mi permetto di osservare che se il piccolo proprietario è senza colpe e l’inquilino senza lavoro non può pagare, chi si frega le mani sono i grandi fondi immobiliari e le cordate speculative. Tutto questo porta alla sottrazione di alloggi, all’impoverimento della città e a una situazione sempre più grave il cui esito finale può essere solo oggetto di ipotesi”.
Infine, la fatidica domanda: cos’è il reddito universale e in cosa si differenzia dal “salario minimo” o dal reddito di cittadinanza? Intanto, come viene sottolineato in letteratura, ricordano gli intervenuti, non è salario minimo dal momento che non riguarda i soli lavoratori occupati, e non è reddito minimo o reddito di cittadinanza, in quanto questi ultimi vengono percepiti in quanto poveri. Per reddito di base o universale si intende un’erogazione monetaria a scadenze fisse di cui beneficiano tutti i cittadini e i residenti, senza richiesta di alcuna condizione e senza alcun tipo di discriminazione, dalla nascita alla morte. In altre parole, come spiega da circa trent’anni, sempre più seguito, l’economista e filosofo belga Philippe Van Parijs, non è un sostegno sociale, ma un diritto.
Con quali risorse mettere in campo il reddito universale? “Si va dal taglio drastico alle spese militari, taglio alle grandi opere inutili, alla tassazione che riguarda i grandi patrimoni e le grandi ricchezze in applicazione della nomra costituzionale sulla tassazione progressiva”, come spiega fra gli altri Sandro Targetti, Rifondazione Comunista. Per quanto riguarda la dottrina, è a un economista cattolico, Gaël Giraud, direttore di ricerche al CNRS (Centre national de la recherche scientifique) di Parigi, che va forse la palma del sistema più concreto per il finanziamento del reddito universale. L’esempio è quello di un esperimento condotto in Alaska, nel 1982, menzionato in un articolo dello stesso Giraud (https://www.laciviltacattolica.it/author/gael-giraud/). Ogni anno, infatti, “una frazione dei dividendi petroliferi viene distribuita ai residenti, incondizionatamente e su base individuale. Gli importi – tra i 1.000 e i 2.000 dollari l’anno, a seconda del periodo – sono nell’ordine di grandezza della soglia di povertà di 7,4 dollari al giorno ricordati sopra (il minimo stabilito per garantire unesistenza dignitosa, ndr). Si tratta di importi piccoli, ovviamente, considerando il tenore di vita medio in questo Stato americano. Ma la cosa più interessante è il principio usato dallo Stato dell’Alaska per giustificarli: si tratta di una compensazione per il diritto di sfruttamento di un bene comune, il petrolio, che in realtà appartiene a ciascuno dei residenti”. In altre parole, come si chiede lo stesso economista nell’articolo, “Perché non immaginare che una frazione del reddito derivante dallo sfruttamento dei nostri beni comuni globali sia ridistribuita per finanziare un reddito di base?”.