Firenze – Il reddito di cittadinanza sarebbe una sorta di ostacolo al lavoro e dunque alla ripresa. Si potrebbe sintetizzare così, la posizione di Confartigianato, affidata al presidente Alessandro Sorani: “Da sempre la nostra posizione è fortemente contraria al reddito di cittadinanza per lo meno così come è concepito. Troppo poche sono le persone che cercano lavoro a fronte del numero di coloro che percependo comunque un compenso preferiscono stare a casa”. Alessandro Sorani, presidente Confartigianato Firenze individua nel reddito di cittadinanza il principale motivo della carenza di personale che il mondo produttivo si trova ad affrontare in questo periodo di ripartenza dopo lo stop dettato dalla pandemia. Secondo l’Istat i lavoratori che le imprese cercano ma non trovano sono l’1% degli occupati ma sono in crescita soprattutto nell’industria e nei servizi.
“In questi giorni abbiamo incontrato intere categorie di mestieri – continua Sorani – dalla termoidraulica alla pelletteria, tante imprese stentano a ripartire per mancanza di manodopera e questo è il vero grande freno del nostro Paese. Siamo una Repubblica fondata sul lavoro, questo concetto sottintende la valorizzazione di una cultura del lavoro e far sì che non lavorare sia più gratificante che lavorare è una politica devastante dal punto di vista psicologico, a livello sociale e di conseguenza economico. Siamo convinti che sia fondamentale stabilire compensi e turni di lavoro adeguati, contro ogni forma di sfruttamento del personale, ma serve anche un meccanismo più stringente per il quale il rifiuto di proposte di lavoro a congrue condizioni il diritto di usufruire del reddito di cittadinanza, come anche pensiamo sia fondamentale gestire meglio il tema della formazione professionale”.
Sulla questione, risponde a stretto giro il sindacalista Cgil Maurizio Brotini, della segreteria regionale. “L’unico commento che si può fare in risposta a questa nota è che francamente la trovo imbarazzante. Non credo che Confartigianato sia all’oscuro delle proposte indecenti che spesso vengono fatte ai lavoratori, con contratti a chiamata o comunque precari e sottopagati, come d’altro canto gli stessi focus Ires dimostrano, in settori che vanno dal tessile, al turismo, all’agricoltura. Contratti, se è possibile definirli così, della cui presenza spesso ci rendiamo conto nel caso limite dell’incidente, magari mortale, sul lavoro. Non è neppure sufficiente l’accenno che viene fatto nella nota di contratti “a congrue condizioni”, dal momento che il Jobs Act come sappiamo ha sdoganato anche forme estremamente minime di contratto. Sempre che non si consideri “contratto di lavoro” anche modalità come i falsi part time, tanto per fare un esempio. D’altro canto vorrei anche ricordare che una delle funzioni del reddito di cittadinanza, oltre a quella di fronteggiare la povertà, è anche quella di consentire al lavoratore la possibilità di dir di no a proposte di schiavismo fatte passare per lavoro. Credo che un esame di coscienza da parte degli imprenditori, anche se per fortuna non di tutti, debba essere fatto”. Insomma il diritto di dire di no alle offerte indecenti non può e non deve essere scambiato per volontà di non lavorare.