La crisi compie cinque anni, e con questo anniversario, si avvicina il Ferragosto meno vacanziero degli ultimi tempi. Le città non sono deserte, e non perché si sia scoperto il fascino delle vacanze intelligenti, concetto ignoto al genio italico: semplicemente, mancano i soldi. Tanti bofonchiano constatazioni ovvie e perciò sospette («si sta bene anche in città, vuoi mettere il lusso di non litigare per il parcheggio»), mentre i più audaci tentano il tutto per tutto selezionando furiosamente le destinazioni meno dispendiose su Internet. Due su tutte: Spagna e Grecia. Sarà un caso che si tratti di Paesi sull’orlo del collasso, con i quali condividere le ansie da prestazione economica? Ma il viaggiatore è giustamente accaldato, vorrebbe dimenticare Monti e i suoi, non si interroga e prenota.
Dunque si parte per destinazione amica, familiare, mediterranea. Ed è solo lì che, come in un dramma greco che si rispetti, accade, appunto, la nemesi.
Bianchi, enormi, ciabattanti, i nostri rivali tedeschi si accalcano di fronte al chiosco annesso alla spiaggia alla ricerca di una birra fresca (sono le otto del mattino). Il vostro compagno osa guardare con cupidigia l’algida valchiria che, con la pelle arrossata, si appresta a giocare a tennis nonostante la calura; ma voi, irritate dalle minacce tedesche di compromettere l’euro, raffreddate il suo entusiasmo. Complice il fatto che lei è infinitamente più alta e aggraziata di voi e che non le occorre curarsi i capelli, già di per sé fini e biondi, gli ricordate con sdegno quanto stiamo soffrendo a causa loro. Lui, turbato, dirotta il suo interesse sulla incolpevole cameriera greca (tra l’altro vi somiglia di più), e la crisi diplomatico-coniugale è risolta.
A tavola, vi propongono l’affronto della cucina internazionale: ogni piatto è modificato e reso non commestibile dalle astruse consuetudini locali. Il tedesco accanto chiede il doppio di tutto (non sono mica in recessione, loro), e preferisce non condire gli spaghetti che affondano stracotti nel piatto. I loro figli sono infinitamente più calmi dei vostri, e sembrano guardare con curiosità alle t-shirt griffate e alle frivolezze che ostentano. Mentre voi vi affannate in spiaggia con una mise da cocktail, le ragazzone bavaresi sono incuranti di apparire sciatte. Seppure in terra straniera, soffrite: il bruciore dello spread è aggravato dalla loro inconsapevole rozzezza che, anche senza leggere le dichiarazioni del Presidente del Consiglio, vi opprime.
Ma la tanto agognata nemesi, almeno nel periodo agostano, arriva di sera. Dopo una giornata di mare, arrivate a cena abbronzati, deliziati dalla cantilena ellenica, storditi dal profumo di mirto. Avete chiacchierato lungamente con gente del posto, siete rimasti colpiti dalla dignità delle persone che stanno cercando di ricostruire, scongiurando il temibile Grexit. I tedeschi sono incuriositi dal vostro gesticolare, stupiti del fatto che diversamente da loro non siete ancora in ciabatte, affascinati dalla melodia della lingua italiana. Mentre cenate, sentite i loro occhi puntati addosso: stanno degustando la feta insieme al quinto cappuccino del giorno, e intuiscono che non sia l’abbinamento migliore. Noi e i greci ridiamo della nostra condizione di ultimi d’Europa, ricordiamo i fasti delle nostre origini lontanissime. Ci passiamo l’un l’altro il piatto di olive, all’insegna di una ritrovata identità giudaico-cristiana e mediterranea. E mentre lo facciamo, loro, i tedeschi, ci guardano e ci invidiano per come siamo. Alla faccia dello spread.