Questione meridionale, il 68% dei 470 comuni in crisi si trova al Sud

Un’area in profondo disagio si misurerà con l’autonomia differenziata

Nel giorno in cui l’autonomia differenziata diventa legge, con 172 voti a favore e 99 contro, più un astenuto, al termine di una lunga notte senza dibattito, con il governo che decide di forzare la mano dopo il mancato accordo fra i capigruppo, suonano particolarmente significativi i dati diffusi dalla ricerca della Fondazione nazionale dei Commercialisti che riguardano i Comuni in stato di crisi.

Come i cavoli a merenda, potrebbe dire qualcuno. Invece no, perché la questione dell’autonomia differenziata lungi dall’essere solo una trovata retorica, non solo cambia in maniera indiretta (ma neppure tanto) l’assetto istituzionale del Paese, ma si cala in una realtà concreta che vede la Questione meridionale tornare alla ribalta. Incrociando i dati della ricerca dei Commercialisti e l’operatività sui territori della legge sull’Autonomia, i rischi per il Sud diventano evidenti.

Intanto, citando la ricerca della Fondazione nazionale dei Commercialisti, scopriamo che in Italia gli enti locali comunali in stato di crisi sono 470, ovvero il 6% del totale. Concentrati prevalentemente al Sud. Nello specifico, 257 Comuni si trovano in stato di predissesto e213 in dissesto; ovvero, 257 si stanno avvalendo degli strumenti che sono stati affiancati nel corso del tempo al tradizionale istituto del dissesto, al fine di ampliare le possibilità per gli enti locali di correggere gli squilibri finanziari, mentre gli altri 213 sono i dissesto dichiarato, alcuni da dieci anni, quindi ben oltre il tempo concesso dalle norme.

Secondo i dati emersi dalla ricerca dei commercialisti, aggiornati ad aprile scorso, il 68% delle procedure di predissesto sono concentrate al Sud, 16% al Centro, e 16% al Nord. I dati più impressionanti sono quelli di Campania e Sicilia: 43 comuni coinvolti in ciascuna delle due regioni, pari al 34% del totale. In Calabria i comuni coinvolti sono 36, pari al 14%, 35 nel Lazio (14%) e 22 in Puglia (9%). A Centro nord, troviamo due Comuni coinvolti in Emilia Romagna , 1 in Trentino Alto-Adige, Marche e Veneto. Dai dati emerge che caratteristiche specifiche dei comuni in pre-dissesto sono popolazione inferiore ai 5mila abitanti e sede geografica, Sud.

La musica non cambia per quanto riguarda i comuni in dissesto. Dei 213 enti locali che si trovano in questo stadio, e che si trovano in 13 regioni, 47 Comuni sono in Campania e 69 in Sicilia. Si risale lungo lo stivale col Lazio, che ne ha 15, per tornare al Sud con gli 8 della Puglia e al Centro sud con l’Abruzzo, 7. In percentuale, l’area meridionale Sud-Ovest e la Sicilia incorporano circa il 90% degli enti dissestati, molti dei quali, sottolinea la ricerca dei commercialisti, ormai cronici.

In questa situazione, l’applicazione dell’autonomia differenziata potrebbe avere l’effetto di un congelamento della situazione, che, come reso evidente dalla ricerca dei commercialisti, vede differenze sostanziali fra Centronord e Sud della penisola. Una cartina di tornasole, la ricerca messa in atto dai commercialisti, che ben esemplifica cosa si trovi dietro al solito mantra del Sud “povero”. Non solo povero, ma anche con un tessuto pubblico in pericoloso declino. E a rischio, con la nuova legge dell’autonomia differenziata, di rendere questo iato con il resto del Paese, strutturale.

La nuova legge consta di 10 articoli che trattano i criteri e le modalità con cui le regioni potranno ottenere la gestione in proprio di alcune materie ad ora di competenza dello Stato centrale. Non si tratta di materie di poco conto: fra le 23 definite, ci sono tutte quelle che ben possono qualificare uno state federale, dal momento che si va dalla Sanità, all’Istruzione, allo Sport, ma anche Ambiente ed Energia (in tempi di transizione energetica e politiche europee, con tanto di gettito di risorse dall’Europa, particolarmente allettante ma anche gravosa), Trasporti, Cultura e Commercio Estero, sicurezza sul lavoro. Quattordici materie sono definite dai Lep, Livelli Essenziali di Prestazione. Da sottolineare, che la legge non fa altro che definire le procedure con cui si dà attuazione al terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione, frutto, a sua volta, della riforma del 2001. Ricordiamo cosa recita l’art. 116 cost. comma 3, dopo la modifica del 2001:  “Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell’articolo 117 (..) possono essere attribuite ad altre regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei princìpi d i cui all’articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la regione interessata.” . Un trasferimento di competenze che le Regioni possono richiedere direttamente al governo centrale, che attuerebbe così una sorta di patto con le singole regioni. E, con le competenze, può transitare anche il gettito fiscale, che si troverebbe così a essere distribuito in regione e non più su base nazionale.

Torniamo dunque ai Lep, ovvero i Livelli essenziali di prestazione, alla cui determinazione è subordinato il riconoscimento di una o più forme di autonomia. .Intanto, i Lep definiscono il livello di servizio minimo che deve essere garantito in modo uniforme sull’intero territorio nazionale. E come avviene questa determinazione dei costi e dei fabbisogni standard? Attraverso una ricognizione della spesa storica dello Stato avvenuta in ogni Regione nell’ultimo triennio. Il governo nazionale dovrà varare, entro 24 mesi dall’entrata in vigore della legge approvata oggi, uno o più decreti legislativi per determinare livelli e importi dei Lep.

Spesa storica, ovvero “spesa destinata a carattere permanente sostenuta dallo Stato (…) )” per determinare le risorse necessarie “per le funzioni relative a ciascuna materia o ambito di materia”. In altre parole, come sottolineano eminenti giuristi, come il magistrato di Cassazione Domenico Gallo, la conseguenza evidente è lo stabilizzarsi e irrigidirsi delle differenze. Tornando a noi, il Sud con il 68% dei 470 comuni italiani in crisi, quale spesa storica per i servizi potrà avanzare? Quale spesa storica per la scuola, la sanità, l’ambiente, lo sport, l’energia, i trasporti? Quale determinazione dei Lep, e per quali materie consentirà di ottenere l’autonomia differenziata, che porterebbe a trattenere sul territorio il gettito fiscale? Quale gettito fiscale? Quello dell’Emilia Romagna ad esempio, che non per niente è stata una delle Regioni che, pur di centrosinistra, era favorevole alla legge? O della Toscana? O della Lombardia? ….

Total
0
Condivisioni
Prec.
Ex Gkn, la Regione conferma: si spinge per il commissariamento

Ex Gkn, la Regione conferma: si spinge per il commissariamento

E arriva il “percorso di sostegno attivo al lavoro”,

Succ.
Cultura e gastronomia: quegli “intrusi” hanno reso la vita più piacevole

Cultura e gastronomia: quegli “intrusi” hanno reso la vita più piacevole

Pomodori, patate e cacao: gli alimenti venuti in Europa da lontano

You May Also Like
Total
0
Condividi