Meglio il basket o il calcio, viene da domandarsi in queste giornate maxischermistiche reggiane e grissinbone?
La risposta è ovvia: mah, boh, chissenefrega, a chi piace uno e a chi piace l’altro, fine delle discussioni. Scegliere non è necessario, anzi.
Piuttosto, da spettatori: cosa hanno di bello (e di brutto) l’uno e l’altro sport, al di là del gioco in sé e per sé, che rimanda ai gusti personali?
Vediamo.
Il bello del calcio
Le regole sono facili da capire. Una volta fatta pace col fuorigioco, il resto è tutto in discesa. Ognuno si sente un esperto, quindi in grado di discuterne, ed è normale che sia così, perché bene o male un calcio al pallone lo abbiamo dato tutti.
Il bello del basket
Lunga vita a tempo effettivo e guerra a simulatori e protestatori. Il tempo effettivo sarebbe la prima cosa da inserire nel calcio, un po’ per rispetto verso chi paga il biglietto a prezzo intero e assiste a partite che, al netto delle interruzioni, durano la metà; ma soprattutto per disincentivare i simulatori: vuoi rimanere per terra cinque minuti? No problem, il tempo non scorre. E così arriviamo a uno degli aspetti più entusiasmanti del basket, dove gli arbitri fanno passare la voglia di protestare o anche solo di accentuare i contatti (e pure di esultare eccessivamente), caricando di sanzioni sia il singolo giocatore, o l’allenatore, che la squadra. Bene perbacco.
Il brutto del calcio
Vedi sopra. Si gioca la metà di quello che si dovrebbe, se simuli o cerchi di ingannare l’arbitro non sei un disonesto, ma un giocatore furbo, esperto. Ci sta, insomma, il concetto che passa è questo. Ma qui nemmeno le ammonizioni riescono a fare qualcosa, il dna è quello e purtroppo crea imitazione, anche tra i giovani. Ingiusto generalizzare, sia chiaro, ma inutile far finta che i “furbetti” non siano la maggioranza.
Rivedibile, per non dire di peggio, anche il lancio della maglia dopo un gol, in segno di esultanza, che oltretutto costa un cartellino giallo.
Il brutto del basket
Uno: gli arbitri hanno potere di vita o di morte. Volendo i direttori di gara possono fischiare in ogni azione, così, a caso: tanto qualcuno che ha spinto, che ha fatto un blocco irregolare, che è rimasto per troppo tempo in area, che ha pestato una riga eccetera eccetera, lo si trova sempre.
Certo, anche nel calcio gli arbitri hanno potere di vita o di morte, ma sono chiamati a giudicare episodi un po’ più “sostanziosi” (o presunti tali).
Due: pick and roll, alley-oop, palming, step back, mismatch, overtime, starting five, addirittura pick and pop. Fino ad assist e time out ci arriviamo senza problemi, ma dopo è dura… Why? Anzi, perché? Sicuri non esistano termini italiani corrispettivi o almeno simili?
Tre: massimo rispetto per la ditta Grissin Bon e per chi ci mette tanti eurini, ma la squadra chiamata per sponsor non si può sentire. Per dire AcquaVitaSnellaCantù occorre un quarto di gara, idem per Banco di Sardegna Sassari e Giorgio Tesi Group Pistoia. Che poi non si capisce perché Milano sia una delle poche privilegiate ad essere chiamata col nome della società, Olimpia, e non EA7 Emporio Armani. Come se la Reggiana Calcio l’avessimo chiamata negli anni passati Unieco o Giglio. No dai…