Questa è l’Italia che va in lista

Dalle pagine di GQItalia i nomi dei cinquanta più influenti del Paese

Valentina Barbieri e Luca Gemmi

Siamo pur sempre in un’epoca in cui le classifiche vanno di moda. E fanno discutere. Il mensile Gq Italia ha pensato bene di festeggiare la sua centocinquantesima uscita nelle edicole il 1 Marzo con una lista de ” I 50 più influenti d’Italia“. Stilata da un corposo consiglio dei cinquanta fra opinion leader, editorialisti, direttori e vicedirettori di quotidiani, settimanali e telegiornali, conduttori radiofonici e televisivi, insieme a cinquanta lettori selezionati da GQ.com.

Il podio monopolizzato da due economisti, Mario Draghi e  Mario Monti, seguiti dall’ ex presidente del consiglio Silvio Berlusconi, non stupisce più di tanto. “Dopo la Tatcher la politica non conta più niente, c’è solo economia” si diceva un tempo. La nomina dello stesso Monti alla Presidenza del Consiglio ha alimentato le opinioni sempre più diffuse che i professionisti della politica stiano lasciando il posto ai professionisti della finanza, che il futuro delle nazioni si decida più nei consigli d’amministrazione delle banche che a palazzo Chigi. E GQ sembra voler alimentare il dibattito.

In merito ai poteri forti, non può non balzare all’occhio la posizione del cardinal Angelo Bagnasco, presidente della CEI, e del cardinal Tarcisio Bertone, segretario di stato Vaticano, rispettivamente al settimo e tredicesimo posto. Ma Papa Benedetto XVI manca all’appello. Le alte gerarchie vaticane, in questi giorni sotto il mirino dell’opinione pubblica a causa di documenti segreti trapelati dalla Santa Sede, sono riuscite a eliminare il Sommo Pontefice, almeno dalla lista di GQ Italia.

Appare a sorpresa anche una triade mafiosa. Matteo Messina Denaro, Bernardo Provenzano e Totò Riina. Curiosamente è anche nell’ordine cronologico di ascesa al comando di Cosa nostra: da Riina si passò a Provenzano, e, dal giorno dell’arresto di quest’ultimo, Messina Denaro è considerato il vertice della mafia siciliana. Diabolik, come viene soprannominato, è attualmente uno dei latitanti più ricercati del mondo, secondo The Guardian. Il mensile di Romagnoli lo reputa più influente persino della sindacalista Susanna Camusso e del presidente di Confindustria Emma Marcegaglia. Dettaglio interessante: solo due donne schierate contro quarantotto uomini. Segno indelebile di una società ancora androcratica e misogina.

Spunta anche Licio Gelli, gran maestro della loggia massonica P2. Protagonista delle pagine più nere del nostro Paese. Dai depistaggi per la strage della stazione di Bologna allo scandalo del Banco Ambrosiano. Della stessa loggia massonica è Luigi Bisignani, alla posizione trenta, anch’egli faccendiere, presente in molte inchieste giudiziarie degli ultimi anni, dalla condanna nel processo Enimont alle inchieste Why Not e sulla più recente P4.

Menomale che a risollevare le sorti di questa black list arrivano Rosario Fiorello, Vasco Rossi, Jovanotti, Roberto Benigni. Della serie meglio ridere che piangere. Fabio Volo affianca senza motivo nomi noti del giornalismo come Ezio MauroFerruccio de Bortoli, Marco Travaglio. Gli imprenditori si spalleggiano: ai primi posti Sergio Marchionne, Luca Cordero di Montezemolo, Carlo De Benedetti. Il Made in Italy è nobilitato da Giorgio Armani e il luminare Umberto Veronesi. Mentre  il presidente Giorgio Napolitano è costretto a fissare il podio dal suo quarto posto. Questa è l’Italia che va in lista

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