Firenze – Il grande regista svedese Ingmar Bergman, la sua poetica, il suo lavoro e la sua storia. Un’indagine profonda della sua eredità artistica, i simboli e significati di un lungo percorso cinematografico incentrato su tematiche a lui vicine e particolarmente care che Franco Marucci ha depositato in un libro “L’occhio del diavolo” appena uscito da Nardini Editore per la collana Blow up.
Il titolo del libro prende spunto da uno dei 45 film di Bergman, “… quantità che supera ampiamente la media dei suoi contemporanei: di un Fellini, di un Antonioni, anche se non di un Woody Allen”.
L’occhio del diavolo fu girato dal regista nel 1960, “… è una commedia satanica destinata a mostrare il sopravvento dell’impulso al male, o come si dice nel film la manichea e calvinista rivalità in corso, senza vinti né vincitori, delle potenze divine e maligne e cioè diaboliche”. Un mix tra Faust e Don Giovanni, il libro di Marucci non si limita a questo, anzi.
Con una scrittura sapiente e coinvolgente l’autore ci trasporta nell’universo bergmaniano, dove la ricerca, le sceneggiature e i film dell’artista si intrecciano con la vita, i sentimenti e la storia dell’uomo.
Conoscere Ingmar dalle sue origini, la sua famiglia, la sua vita affettiva, l’attività teatrale che precede la scelta cinematografica, in un contesto storico e intellettuale come quello svedese “ in cui si innestò a metà degli anni Quaranta l’esordio di Bergman”, valorizza ancora di più la sua produzione.
Un’attività profonda, enigmatica, che raccoglie “tutto il patrimonio drammatico della classicità e della modernità, dal teatro greco a quello francese e inglese del Seicento, a quello tedesco del preromanticismo goethiano a quello mitologico-naturalista di Ibsen, a quello contemporaneo di stampo esistenzialistico, assurdo e precocemente postmoderno, un panorama quest’ultimo in cui spiccano Pirandello e Beckett, Albee e Tennessee Williams, Pinter e persino il primo Stoppard”.
Ma è in una frase che Franco Marucci sintetizza l’evoluzione dello svedese dallo spettacolo teatrale alla macchina da presa: “Strindberg è sicuramente il deux ex machina che ha fatto nascere Bergman come regista del cinema”.
Un’affascinante racconto tra smarrimenti e allucinazioni dell’uomo e grandezza della sua arte, sempre in bilico tra divino e diabolico, in un continuo susseguirsi di estasi mistiche, patologie ansiogene e crisi allucinatorie.
Nel libro Marucci analizza ogni suo film. Ogni dettaglio è scandagliato, contestualizzato all’interno di tutta la sua produzione cinematografica. Niente è escluso. La musica, i simboli come la mela che viene mangiata dalla donna, i ruoli dei protagonisti. In un susseguirsi sempre più stringente si inquadra la grandezza del genio Bergman.
Franco Marucci
L’occhio del diavolo
2020 Nardini Editore