Quartett a Prato: alla fine i cattivi sono gli spettatori

Prato – Siamo, forniti di mascherina da cerimonia segreta più che da carnevale giocoso, al Fabbrichino di Prato chiamati a fare la spia. Sul taboga della seduzione, un lungo tavolo pedana poi basculante sul perno dell’attrazione fisica a rischio sessuale, salgono Valentina Banci e Fulvio Cauteruccio: alias Marchesa de Merteuil e Visconte di Valmont reduci dai piaceri infidi delle Relazioni pericolose di Pierre Choderlos de Laclos; alias interpreti di Quartett di Heiner Muller che qui (prodotto dallo stesso Metastasio) debutta per la regia di Roberto Latini e insieme spettatori di se stessi; alias WonderWoman lei e Superman lui, supereroi da fumetto per via di quei costumi che smoderatamente indossano; alias maschere di sopravvissuti e essi per primi sopravvissuti al mascheramento.

Quindi, a prescindere dalle finzioni in atto, in qualche misura autentici: come Valentina Banci e Fulvio Cauteruccio. Che per noi che li spiamo, mascherina sugli occhi, disposti ai lati della scena pensata da Luca Baldini (appunto tavolo, passerella, altalena, ponte, binario, pedana, bilancia, scivolo e via elencando), imbastiscono questo gioco nel gioco nel gioco del teatro, questo sì pericoloso, moltiplicabile ad libitum, fra specchiamenti, proiezioni, sconfinamenti, annullamenti e ovviamente scambi di ruoli e di identità.

Chi sta interpretando chi e a quale fine? Il voyeurismo dell’identificazione fra attori e spettatori dovrebbe essere assicurato. Se recitare è l’ultimo istinto della vita, far finta di recitare è ancor più l’ultimo gioco di società. Un gioco infantile, fine a se stesso, un po’ perverso, fatto di slittamenti “progressivi del piacere”, di smargiassate eloquenti, di oscillazioni ansimanti come amplessi senili, di equilibri precari per poi ricomporsi, ancora l’uno di fronte all’altra, fine del gioco e della partitura, dismessi i costumi del circo, come avventurieri di un piacere che è prima di tutto prova di forza, umiliazione e sopraffazione, nei panni borghesi del conformismo.

Pronti per un nuovo ruolo? Per una nuova giostra? Ma la prospettiva rimane la stessa: scontro frontale e sbranamento all’orizzonte se quella pinna di pescecane che gira loro attorno come un trenino in salotto significa qualcosa. Increspati dalle musiche diligenti di Gianluca Misiti (dove a un certo punto echeggia il “babbino caro” di Puccini) Valentina Banci e Fulvio Cauteruccio traghettano disciplinati i moduli recitativi di Roberto Latini, altalena di suoni, oscillazioni e amplificazioni, sterzate improvvise  e profondità di campo, echi e riverberi, perfettamente in linea con le acrobazie seduttive dei protagonisti e con la instabile condizione umana che li caratterizza e da cui, lì in bilico su quella linea d’ombra che li separa e li attrae, svincolarsi non sarà facile. Nonostante WonderWoman e Superman.

Nel frattempo qualcuno fra il pubblico si è tolto la mascherina. Repliche fino  a domenica 17. Info 0574 6084.

 

 

 

 

 

 

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