Prato – Era l’estate del 1988 quando Mauro Vannoni, allora Segretario della Federazione del P.C.I di Prato poi parlamentare chiese, tornato in fretta dalle ferie, il Commissariamento della Cassa di Risparmio di Prato. La notizia che c’erano per la Cassa importanti sofferenze bancarie circolava ormai da tempo fuori e dentro le mura cittadine, ma nessuno osava dire apertamente che la Cassa di Risparmio di Prato non aveva i conti in ordine e che sarebbe stato meglio avviarne la procedura del commissariamento.
Per i pratesi quanto dichiarato dal Vannoni fu un colpo al cuore, abituati com’erano a ricorrere per i loro affari alla “mamma” così chiamata in città la Cassa del duo Prospero-Bambagioni. E infatti fu grazie a loro che si materializzò l’ambizioso progetto di far decollare l’imprenditoria tessile locale permettendole di competere con i grandi mercati internazionali, perché essi scommisero sulla capacità dei pratesi che erano in grado di fare impresa anche con due telai in casa.
Erano quelli gli anni in cui i fidi, le garanzie ipotecarie e le fidejussioni si risolvevano con forti strette di mano e ben presto la Cassa, sotto la guida del presidente Silvano Bambagioni e del suo braccio destro Arturo Prospero, da istituto di provincia divenne una banca da grandi numeri. Ma i mutati scenari economici e politici anche a livello nazionale determinarono il crac della banca che si era esposta con operazioni finanziare per 1.600 miliardi di vecchie lire.
Era giunto il momento di agire in fretta per arginare la voragine dei conti. Il sogno pratese di avere una banca con la B maiuscola si infranse quella estate, e la realtà dei numeri che non tornavano si svelò in tutta la sua drammaticità agli ispettori della Banca d’Italia inviati all’epoca dal governatore Carlo Azeglio Ciampi. La banca pratese di via degli Alberti di lì a poco venne commissariata così come aveva chiesto qualche tempo prima Vannoni.
Sono passati tanti anni e su questa vicenda, che è una ferita ancora aperta per la città, si è svolto un dibattito alla Lazzerini di Prato dal titolo “Quando Prato perse la Mamma-trent’anni fa il crack della Cassa di Risparmio”, con i contributi dello scrittore E. Nesi, di A. Bruschini ex direttore della Cassa durante la gestione Mps e del professor G. Nigro che fu chiamato alla vicepresidenza della Cassa prima del commissariamento, moderati dal giornalista Paolo Toccafondi. In sala erano presenti anche il figlio del fu Presidente Bambagioni, Giovanni e l’ex parlamentare Mauro Vannoni.
«La questione della Cassa si trascinava già da molto tempo – così Mauro Vannoni, – e pur non conoscendo la situazione dal di dentro volevo essere coerente con me stesso e la città. Appena venni a conoscenza dei numeri fuori controllo da parte dei dirigenti del sindacato, la Falcri e le sofferenze bancarie della Cassa per oltre 750 miliardi (una volta e mezzo il Banco Ambrosiano che poi si rivelarono il doppio), non potetti non chiederne il commissariamento. Mi è stato chiesto perché lo feci, anticipando così l’ispezione della Banca d’Italia e accelerandone i provvedimenti e la mia risposta è che non presi un colpo di sole come scrissero su di me i giornali, ma la mia era l’intenzione di dare un forte segnale di discontinuità .»
Sui rapporti politici di allora Vannoni ha aggiunto: «Nonostante il partito comunista avesse il 50% del consenso in città mai alcun suo rappresentante era stato chiamato nel consiglio di amministrazione della Banca forse per quella sorta di equilibrio per cui se al mio partito toccava governare la città, alla banca a guida democristiana ne toccava l’amministrazione.»
«Una scelta quella di chiederne io per primo il commissariamento – ha poi concluso – che mi è costata tanta sofferenza anche fisica ma ripagata dal consenso di chi a quei tempi e ancora oggi mi incontra per strada.»
Vero è che dal 1988 in poi per la Cassa pratese ci furono non pochi colpi di scena: dalle dimissioni del presidente Bambagioni e di Arturo Prospero, all’inizio delle inchieste giudiziarie nei loro confronti per i fidi facili, al passaggio della Cassa nel ‘91 al Monte dei Paschi di Siena. Cambio del nome in CariPrato fino al 2002, successivamente il passaggio della sede e i suoi 54 sportelli alla Banca Popolare di Vicenza del banchiere Zonin.
Dopo il crack della Bpvi nel 2017 si riaprì pure quel contenzioso che aveva ferito a morte la città: con il passaggio della Banca a Zonin, fu infatti trasferita a Vicenza la famosa quadreria di via degli Alberti, solo da poco rientrata a Prato e che sarà nuovamente visibile nel 2019, ma questa è un’altra storia.
Ora nella sede in centro a Prato e nelle rimanenti filiali c’è apposto il nome di Intesa San Paolo e si aprono così altri scenari sicuramente meno burrascosi per la banca e per la città.
Foto: Mauro Vannoni