È stata affidata a Elisabetta Moro, apprezzata antropologa culturale, la seconda lectio di avvicinamento alla XV edizione dei Dialoghi di Pistoia il cui tema è quest’anno “Siamo ciò che mangiamo? Nutrire il corpo e la mente”: si è tenuta al Teatro Bolognini di Pistoia la mattina di martedì 5 marzo.
Studiare lo stretto rapporto fra cibo e cultura caratterizza il lavoro di questa studiosa, che con il garbo distintivo della competenza si è rivolta ai giovani in sala proponendo loro un ragionamento tanto articolato quanto appassionante, che attraversa il concetto di cibo nei secoli, attraverso la funzione che questo ha avuto nella cultura delle civiltà, a partire dalla religione.
L’interpretazione del suo intervento offre una chiave di lettura diversa, più concreta, rispetto alla famosa affermazione di Karl Marx secondo la quale la religione è l’oppio dei popoli: un concetto vero, se consideriamo la cultura del cibo come aspetto strettamente legato a regole alimentari che ne sottintendono altre, legate al comportamento.
I testi sacri danno indicazioni precise, alle quali i seguaci di una religione devono attenersi. Noi occidentali, più legati alla matrice culturale cristiana, siamo piuttosto morbidi sul rispetto delle regole (in fondo, basta andare a confessarsi per trovare assoluzione alle nostre manchevolezze), altre religioni impongono invece regole di comportamento molto rigide, rispettate – per quanto a noi possa sembrare strano – perché rappresentative di una ritualità che diventa vero e proprio atto di preghiera. Per questo i praticanti sono rigidi, molto più delle regole stesse tenuti a rispettare: regole che, proprio in quanto riflettenti una regola rituale di appartenenza socio-culturale, possono mutare col tempo acquisendo sfumature più idonee a essere comprese, fatte proprie e quindi assecondate.
Quanto più una religione è rispettosa dell’ambiente, quindi della vita di ogni essere che lo popola, tanto maggiore sarà il grado di spiritualità che la definisce: senza, naturalmente, avere l’intenzione di puntare il dito contro qualcosa o qualcuno per il proprio credo, Elisabetta Moro ha sottolineato la necessità di comprendere, compito principale dell’antropologia. Ha ricordato, infatti, che l’antropologo non giudica, bensì a lui spetta di capire i comportamenti di un gruppo sociale in maniera quanto più possibile distaccata, senza cioè lasciarsi condizionare dalla propria cultura di appartenenza. L’antropologo cerca di capire come l’essere umano cerchi di sopravvivere a ciò che più lo spaventa: la fine, della vita come di ogni cosa che gli è cara.
Da qui la preziosità di questa disciplina di studio, che rivolge attenzione a ogni religione per conoscerne le regole che stabiliscono il giusto atteggiamento per i suoi seguaci se vogliono mantenere in purezza il proprio corpo, seguendo il regime alimentare definito in base a precisi canoni, più o meno rigidi.
Partendo da questo principio, e ricordando come – almeno nel nostro Paese e in Occidente più in generale – alla “crisi delle religioni istituzionali” corrisponda l’avanzare di una “religione del cibo” che condiziona le nostre vite, avendo spesso la conseguenza di indurre ad acquisire atteggiamenti che vanno in senso contrario alla salute. Sono molti i neologismi recentemente coniati in questo senso, tutti orientati a farci comprendere il prolificare di comportamenti anomali verso il cibo, preludio di problemi di natura anche emotiva: cibomania o cibofobia, dismorfofobia, obesofobia, vigoressia… tutti atteggiamenti che ci rendono gli umani infelici, quindi “feroci”. Una ferocia che attraverso i social trova conferma e amplificazione incontrollati. Se prima era “Dio” a contenere i comportamenti, adesso è l’“Io” ad avere la meglio, un Io che non ammette le imperfezioni, e si parla di quelle manchevolezze più o meno lievi che ci rendono umani.
Tutti questi argomenti sono approfonditi nel nuovo libro di Elisabetta Moro, scritto a quattro mani con il collega Marino Niola “Mangiare come Dio comanda” (Einaudi, 2023).
Il tema dell’alimentazione sarà argomento, protagonista in tutte le sue sfumature, durante gli incontri della XV edizione dei Dialoghi di Pistoia, il festival di antropologia del contemporaneo “Siamo ciò che mangiamo? Nutrire il corpo e la mente” in programma da venerdì 24 a domenica 26 maggio 2024 nella città toscana.