Quando la partecipazione necessita di Empatia

L’articolo che segue è un contributo scritto a quattro mani dal professor Giovanni Allegretti, uno dei massimi esperti in tema di processi partecipativi, non nuovo alle pagine di Stamp, e dal professor Michelangelo Secchi, coordinatore generale e coordinatore scientifico del progetto “Empatia”. 

Firenze – Uno spettro si aggira per l’Europa, parafrasando un celebre Manifesto, ma questa volta si tratta della richiesta che arriva dal basso di vedere soddisfatta, con strumenti e modalità spesso ancora da inventare, la forte spinta alla partecipazione che percorre i popoli europei. Un paradosso, si dirà, perché questo anelito alla democrazia partecipativa dilaga proprio nel momento in cui la democrazia rappresentativa sta toccando uno dei livelli più bassi della crisi in cui è sprofondata da anni.

Infatti, in un momento in cui l’affluenza alle urne in Europa è in costante calo e le istituzioni pubbliche faticano a mantenere fiducia e legittimità in un contesto di crescenti tagli ai loro bilanci, assistiamo – allo stesso tempo – al fiorire di innovazioni democratiche e di nuove forme di democrazia partecipativa come il Bilancio Partecipativo, il Dibattito Pubblico o le Giurie Cittadine. Si tratta, per lo più, di sperimentazioni che si sviluppano un po’ ovunque su scala europea, soprattutto a livello locale e, più raramente, provinciale e regionale. Alcune di queste innovazioni partecipative (come in Francia e in Polonia) sono persino incentivate da legislazioni nazionali che hanno saputo raccogliere con sagacia la necessità di costruire nuove istituzioni intorno a quello che Yves Sintomer e Loic Blondiaux hanno chiamato “l’imperativo partecipativo” della modernità. Ossia, un’indispensabile apertura della democrazia rappresentativa a un dialogo costruttivo con il cittadino, che possa contribuire a ridurne la sfiducia nelle istituzioni e ad arricchire la qualità dei progetti e delle politiche pubbliche e la loro capacità di rispondere alle ansie e ai bisogni dei loro concittadini. Queste pratiche – ancorché spesso concepite in ambito istituzionale – hanno dimostrato di essere un potente strumento a disposizione dei cittadini, in grado di farli contribuire direttamente all’amministrazione della propria città in qualità di co-decisori, e non più solo in forma indiretta in quanto elettori.

Storicamente, i processi d’innovazione democratica si sono caratterizzati per una partecipazione prevalentemente “offline” (assemblee e tavoli di progettazione, seggi elettorali e schede di voto cartacee, etc.). Ma, da almeno dieci anni, amministrazioni e cittadini hanno incominciato a trarre beneficio da una serie di strumenti di comunicazione digitali, sia sul versante pubblico (governo elettronico e politiche di dati aperti), che su quello privato e sociale, con l’incremento dell’utilizzo dei media online e dei social networks. Mentre il mercato comincia a offrire strumenti pensati per il settore pubblico, finora è tuttavia mancata una piattaforma completa che integrasse questa vasta gamma di componenti con lo scopo di supportare processi di democrazia partecipativa di qualsiasi dimensione e in contesti culturali e politici variegati. Inoltre, molti canali di dialogo sociale “online” si sono sommati a percorsi partecipativi “offline” preesistenti smentendone la filosofia. Infatti, hanno finito per servire solo a sommare suggerimenti e preferenze inviate in forma individuale, invece che potenziare la collaborazione orizzontale tra cittadini “sfusi” e gruppi sociali organizzati che cercano di costruire nuovi legami sociali mentre assumono collettivamente decisioni per migliorare la qualità della vita sui loro territori. Inoltre, oggi molte tecnologie scimmiottano portali informatici che non vanno oltre lo sviluppo di Internet degli anni 2000, ignorando l’alto potenziale generato dall’apparizione del Web 2.0 e delle reti sociali intorno al 2006.

In questo quadro, ha preso forma un progetto europeo chiamato EMPATIA (Enabling Multichannel PArticipation Through ICT Adaptations – http://empatia-project.eu) che vuole contribuire a rendere l’uso delle nuove tecnologie più coerente con gli obiettivi di una democrazia partecipativa che faccia crescere tutti i partecipanti in un percorso di ascolto e rispetto mutuo. Come ben chiarisce l’edizione italiana del sito del progetto (http://www.progettoempatia.it), EMPATIA ha l’obiettivo di sviluppare una piattaforma software open source (e gratuita) capace di accompagnare i processi partecipativi adattandosi in maniera flessibile ai diversi modelli e metodologie esistenti. Soprattutto, EMPATIA aiuta a riconcepire i processi partecipativi non a partire dalle sole esigenze dell’amministrazione (centrate su percorsi settoriali che ricalcano i limiti dell’organizzazione amministrativa), ma incorporando i punti di vista dei cittadini partecipanti e le loro percezioni di come il percorso partecipativo può contribuire a cambiare la cultura politica del loro territorio.

EMPATIA intende sviluppare e distribuire strumenti aperti destinati a facilitare il rapporto tra le amministrazioni (e in particolare le amministrazioni locali!) e i loro cittadini nella costruzione di uno spazio regolato di dialogo e interazione. E vuole anche aiutare i cittadini a comprendere in che maniera – durante il percorso partecipativo – essi stessi spesso abbandonano le loro posizioni iniziali, negoziando con altri e spesso convergendo verso nuovi obiettivi comuni. Al contrario di come accade normalmente, dove le scelte metodologiche e organizzative dei processi di consultazione e deliberazione si piegano alle possibilità offerte dagli strumenti tecnologici a disposizione, in questo caso si sta creando una piattaforma modulare e multifunzionale adattabile alle esigenze di territori diversi. Tramite EMPATIA, in due anni, sarà quindi possibile disegnare e gestire un’ampia gamma di diversi processi partecipativi attraverso un uso intelligente delle tecnologie informatiche, che saranno integrate a modalità tradizionali di partecipazione basate sull’incontro e il dialogo interpersonale.

Il progetto è finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito di Horizon2020, il programma quadro comunitario per lo sviluppo e la ricerca. Nello specifico, è appoggiato dall’iniziativa CAPS, che promuove l’innovazione digitale e sociale e la coscienza collettiva di nuove forme possibili di comunicazione tra cittadini, e tra cittadini e istituzioni (https://ec.europa.eu/programmes/horizon2020/en/h2020-section/collective-awareness-platforms-sustainability-and-social-innovation-caps). Il consorzio EMPATIA è guidato dal Centro di Studi Sociali (CES) dell’Università portoghese di Coimbra, e vede tra i suoi membri l’Università degli Studi di Milano, che rappresenta l’Italia in un gruppo di partner sparsi tra il Portogallo, il Regno Unito, la Repubblica Ceca e la Germania.

Oltre alle attività di ricerca e sviluppo tecnologico, il finanziamento europeo permetterà il test e la sperimentazione di EMPATIA in progetti pilota che si svolgeranno in Portogallo, Germania, Recpubblica Ceca e Italia. Molti dei progetti-pilota si concentreranno sulla sperimentazione di forme innovative di Bilancio Partecipativo, ma nelle città più grandi si cercherà di lavorare alla costruzione di sistemi di partecipazione multicanale, dove diverse modalità di interazione con il cittadino sono coordinate e cucite insieme in un ecosistema complessivo di democrazia partecipativa locale.

Il progetto è ancora aperto ad accogliere altre amministrazioni locali interessate a realizzare nuovi progetti pilota. E, per questa ragione, si presenta questa settimana al Festival della Partecipazione dell’Aquila (www.festivaldellapartecipazione.org) con un evento dedicato ad “Empaville”, un gioco di ruolo che non solo serve a testare le diverse componenti della piattaforma EMPATIA, ma simula e sperimenta nuovi spazi di interazione partecipativa che utilizzano molteplici canali di tecnologie elettroniche, soprattutto a vantaggio dei giovani cittadini. In Portogallo, il gioco sta venendo usato in molte scuole per preparare gli adolescenti al “Bilancio Partecipativo Scolastico”, un percorso attraverso cui – a partire da settembre – il Ministero dell’Istruzione ha deciso di dare ai giovani studenti portoghesi un ruolo di co-decisori su una non piccola percentuale di fondi destinati al miglioramento degli edifici scolastici e della loro integrazione con l’intorno.

 

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