Firenze – Una lunga chiacchierata con lo scrittore e giornalista Tommaso Galligani si trasforma presto in un tentativo di fare il punto su un genere letterario, il Pulp, che in Italia ha conosciuto un destino curioso: pur essendoci un pubblico (lo testimonia il successo di graphic novel e fumetti dell’area, volutamente ignorando il cinema) manca l’offerta. O meglio, dopo la “fioritura” degli anni Novanta, dove scoppiò il caso di Aldo Nove e del primo Ammanniti solo per citare i nomi più conosciuti e tutto il dibattito che ne seguì e che vide su fronti opposti paladini della tradizione letteraria italiana e critici inneggianti ai “nuovi” scrittori, si ha l’impressione che la questione sia morta e seppellita, seguendo d’altro canto la tradizione tutta italica che divide da sempre la “Letteratura” dal “Genere”. Facendo piazza pulita, in questo modo, di tutta una serie di scrittori promettenti e innovativi che invece provengono, o praticano con grande soddisfazione, proprio il genere, o meglio sarebbe a dire i generi; anche se quest’ultima precisazione rischia di essere inutile in Italia dove di fatto l’unico genere cui è riconoscibile una certa dignità è il “giallo”. Ultimamente, per ampliare gli spazi, è emersa la dizione “noir” che tuttavia raccoglie frutti molto eterogenei, che non trovando altre categorie riconosciute in cui “esistere”, si rifugiano in un generico, ombroso e un po’ confuso “noir all’italiana”.
Se questa è la cornice, l’incontro con Tommaso Galligani, classe 1979, pistoiese, permette di parlare dal “vivo” a uno scrittore che non si è arreso e che continua a scrivere le sue deliranti storie pulp senza guardare in faccia a nessuno. Anzi, proprio l’ultimo libro (opera seconda) “Sporcizia, stupore e una pioggia di morte” segna un nuovo traguardo, che è quello di affinare una scrittura che, già affascinante nell’opera prima “Ricordami che devo ammazzarti” assume in quest’ultimo libro un ritmo narrativo caotico e veloce da cui non si riesce a rimanere fuori. Insomma fra patti col diavolo e incontri allucinogeni in una periferia fiorentina degna di certe pagine di Lovecraft, fra dissolvenze incrociate e squarci di pseudo normalità (più spaventosi dei quadri notturni segnati dall’acido), il libro di Galligani ben s’inserisce fra coloro che non cedono neanche per un briciolo a compiacimenti o strizzate d’occhio alla letteratura “colta” o “degna” che in Italia vince ai vari Premi Strega o di Viareggio. Qui si parla d’altro e se ne parla col linguaggio pioneristico di chi ci vive. Dove? Nella realtà del nostro tempo, signori, dal Bataclàn alla Promenade des Anglais, ad esempio, o nel Cara di Foggia, come testimonia non un paladino del pulp bensì un giornalista di vaglia come Fabrizio Gatti.
Come mai il genere Pulp non “vince” in Italia – “Non vince perché non è nelle corde italiane – risponde Galligani – forse si tratta, alla fin fine, di una questione culturale, dovuta con ogni probabilità e in buona parte, al cattolicesimo nazionale. Del resto, si riscontra lo stesso risultato anche in campo musicale, dove, sebbene un pubblico neanche troppo limitato esista, le punte estreme del rock non albergano in Italia. E’ stato così anche in letteratura. Per quanto riguarda il “pulp”, in Italia non possiamo non ricordarne un vagito negli anni 90 (soprattutto con Aldo Nove già ricordato, che tuttavia in un famoso intervento in un incontro a Venezia organizzato dall’associazione Walter Tobagi sul tema svuotò di contenuto la definizione), ma tutto finì nel volgere di circa un decennio”.
In realtà, partendo dal pulp, c’è da chiedersi se la letteratura di genere in Italia esista – Collane di genere come Harmony o Blue Moon vendono milioni di copie, pur appartenendo a un genere, quello rosa, negletto dalla critica letteraria; e di sicuro il genere “giallo” è andato incontro a una crescente fortuna per vari anni, anche se ora sembrerebbe scontare una battuta d’arresto. Tutti e due i generi citati hanno un pubblico di tutto rispetto, ma non “vivono” per la critica. Anzi non sono nemmeno considerati letteratura, tranne qualche meritatissima eccezione nel campo, come già si è detto, dal “giallo”. Una vicenda che vale ancora di più per il pulp, per il quale, se si ha la ventura di essere appassionati, non solo non trovi collane editoriali dedidcate, ma quelle che trovi sono spesso straniere.
Per il pulp, inoltre c’è una difficoltà in più: gli editori – “Non so dove metterti, non ho la collana…. “. Sembrerebbe una scusa risibile, commenta Galligani, eppure c’è del vero, eccome. “Lo sbaglio – continua – lo fanno gli editori, i critici, che continuano a rifiutare bollando come subcultura questi prodotti”. Senza fare sconti a nessuno, continua lo scrittore : “Un po’ di responsabilità è anche degli scrittori italiani. In Italia tutti vogliono diventare grandi cantori. E così, vai con storie intimiste o grandi affreschi sociali, forti del fatto che, nei grandi premi letterari nazionali, oltre ai meccanismi ben conosciuti, si continuano a premiare storie tutto sommato simili. Come se il “cantore” italiano oltre a storie intimiste, narrazione sociale o (grande azzardo!) gialli non possedesse altre corde”.
E Calvino, dove lo mettiamo? – A proposito di generi e di mancanza di cultura editoriale al di là del “solito” panorama, è interessante anche sondare lo “stato” di altri generi. “Come il weird – interloquisce Galligani – che in Italia non si sa neppure cosa sia, almeno a livello ufficiale, ma non si può dire manchino gli scrittori. Purtroppo, ciò che si sconta nel nostro Paese è il principio del “numero chiuso. Un romanzo “weird” (ora si sta già parlando di “new weird”, indicando un narrato in cui abbondano elementi surreali e bizzarri, spunti horror e fantascientifici, elementi inquietanti in cui a volte fanno capolino tematiche politiche e sociali) in Italia non si saprebbe dove collocarlo, chi lo pubblicherebbe e come“. Eppure, se non è weird Calvino …. “O Buzzati – ribatte Galligani – a riprova di un fatto: al di là che a un gigante come Calvino e a un genio come Buzzati starebbe stretta qualsiasi definizione, in Italia siamo eccome attrezzati anche per il Bizarro Fiction o il “racconto strano”, nel senso: gli scrittori ci sono, il pubblico pure….”.
Dunque, mancano gli editori, oltre a una classe di critici più coraggiosi. Anche se il panorama comincia a dare segnali di vita: ad esempio, di nascita recentissima, l’editore Porto Seguro di Firenze, che ha pubblicato l’ultima opera di Tommaso Galligani. Una piccola casa editrice che sulla questione genere, valore letterario e scoperta di nuovi talenti fa un lavoro egregio, quanto a competenza e “naso”.
Infine, Galligani è al lavoro su un’altra opera che già manda in solluchero gli appassionati, questa volta indagando un altro genere molto seguito e poco considerato come la fantascienza: “Un’altra mia grande passione – conclude – l’opera cui sto lavorando si intitola “Distopie tascabili”. Una narrazione del genere Black Mirror, che mette in scena biotecnologie applicate all’edilizia. Inoltre, sto scrivendo il terzo “capitolo” dell’Apocalisse, la trilogia cominciata con “Ricordami che devo ammazzarti”. L’ultimo volume si intitolerà “Black Karma”.”
Insomma, ci sarà ancora da divertirsi.