Sono ore decisive per le sorti del disegno di legge “svuota province” promosso dal ministro Graziano Delrio e approdato ai passi finali in Parlamento. Mentre si moltiplicano da Nord a Sud le critiche alla riforma degli enti locali, più si entra nel dettaglio del provvedimento più si svela l’inganno: la verità è che non è in programma né in discussione alcuna “abolizione” delle province. Ed è lo stesso governo a confermarlo dal momento che parla di “interventi su province, città metropolitane e unioni di comuni”, con la prima approvazione di “un disegno di legge che detta un’ampia riforma in materia di enti locali, prevedendo l’istituzione delle città metropolitane, la ridefinizione del sistema delle province ed una nuova disciplina in materia di unioni e fusioni di comuni”.
Il dl dunque non abolisce affatto le Province, che restano operanti anche se svuotate di alcune funzioni. Il testo approvato dalla Camera il 22 dicembre e dal quale parte in questi giorni la discussione in Commissione Affari Costituzionali del Senato prevede una serie di interventi su città metropolitane, province e comuni. Si parte dall’individuazione di nove città metropolitane, oltre a “Roma Capitale”: Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria. E’ prevista in linea teorica anche la costituzione di “ulteriori città metropolitane nelle province con popolazione superiore ad un milione di abitanti e su iniziativa del comune capoluogo”. Così come in teoria per i singoli comuni sono previsti meccanismi di entrata e di uscita dalla città metropolitana. In particolare, un “gruppo qualificato di Comuni” può chiedere di uscire dalla città metropolirana ed il mantenimento della provincia esistente (sarà necessaria in ogni caso una legge dello Stato).
Nelle aree che non rientrano in questo istituto, ed è il caso di Reggio Emilia, resteranno in funzione le Province, anche se con modifiche sostanziali: “Il presidente della provincia è eletto dai sindaci e dai consiglieri dei comuni della provincia e resta in carica quattro anni. Il consiglio provinciale è composto dal presidente della provincia e da un numero di consiglieri variabile in base alla popolazione (da 16 a 10). Il consiglio provinciale è organo elettivo di secondo grado e dura in carica 2 anni; hanno diritto di elettorato attivo e passivo i sindaci e i consiglieri dei comuni della provincia. L’assemblea dei sindaci è composta dai sindaci dei comuni della provincia”.
Certo la legge prevede sostanziali modifiche delle funzioni delle province secondo criteri di “ottimizzazione, efficacia e razionalità” e interventi sulle unioni e sulle fusioni dei comuni. M come fa notare Luigi Di Maio, parlamentare del Movimento 5 Stelle il provvedimento è una follia per almeno 4 ragioni:
1) Non abolisce le province. Gli cambia nome e le fa diventare “Città Metropolitane“.
2) In quei territori dove ci sono comuni che si oppongono alla trasformazione in città metropolitana, coesisteranno le province e le città metropolitane.
3) Nei territori dove ci sono già province o città metropolitane o entrambi, potranno formarsi anche i consorzi di comuni
4) La Corte dei Conti ha già messo in guardia il Parlamento: “con questa legge e il conseguente moltiplicarsi di enti, i costi lieviteranno“.
Intanto sono sempre di più le voci che si levano contro il ddl Delrio e la battaglia potrebbe trasferirsi in aula. Il presidente dell’Unione delle province lobarde Massimo Sertori si è scagliato contro il disegno di legge: “Se dovesse andare in porto così come è scritto in Italia porterebbe al caos istituzionale. E pensare che è stato rappresentato dal Governo come una semplificazione”. Inoltre secondo il presidente di Upl “è impensabile pensare che in 6 mesi le Province restituiscano le deleghe avute dalle Regioni in un processo amministrativo durato 15 anni”.