Proteste anti-razzismo: la verità sul genocidio in Ruanda

Parigi –  Il presidente Emmanuel Macron ha assicurato i francesi che”la Repubblica non cancellerà alcuna traccia né alcun nome della sua storia”. Il capo dello stato rispondeva così al movimento che vorrebbe una  revisione della storia alla luce dei valori del XXI secolo. L’ondata di sdegno contro razzismo e colonialismo esplosa con l’uccisione di George Floyd a Minneapolis rischia ora di travolgere anche la Francia con il grande Colbert sul banco degli accusati per il suo Codice nero che non solo legalizzava  la schiavitù oltremare ma preconizzava anche la cacciata degli ebrei da tutte le colonie del paese

Ma senza tornare ai secoli scorsi sarà interessante vedere fino a che punto la Francia intende affrontare una scomodissima pagina della sua storia recente,  la sua complicità nello sterminio dei Tutsi in Ruanda. Il consiglio di stato, con una sentenza senza precedenti, ha infatti deciso che il diritto dei cittadini ad essere informati  non deve essere ostacolato in nome della protezione dei segreti di stato.

Così ha deciso che era giunto il momento di aprire agli storici gli archivi del presidente François Mitterrand sulla politica francese in Ruanda, piccolo stato africano nella regione dei  grandi laghi teatro nel 1994 dello sterminio dei tutsi, una delle due etnie del paese. Un milione di tutsi – uomini, donne e bambini – furono falciati senza pietà dai rivali Hutsi.

La Francia, all’epoca, era alleata con il regime che aveva ordinato il genocidio, convinta che se voleva mantenere lo status di grande potenza mondiale doveva conservare la sua zona di influenza in quell’area africana.  Secondo il ricercatore François Granier, che ha ottenuto l’apertura degli archivi dopo cinque anni di battaglie,  già quanto si sa sull’implicazione della Francia durante il genocidio “è già esplosivo”.

Ora, grazie ai cinque dossier (sui diciotto richiesti) che potrà esaminare, Granier spera di avere più chiarimenti “sulla svolta della politica francese in Ruanda nel febbraio del 1993, nel momento in cui l’Eliseo, all’epoca guidato da Mitterrand, si schiera a fianco degli estremisti al potere nel paese africano.  In un’intervista a Liberation, il ricercatore auspica anche di avere maggiori precisazioni sull’attentato del 6 aprile con cui era stato abbattuto l’aereo del presidente  Habyarimania che aveva dato il via al massacro. Altro punto da chiarire è il ruolo della Francia a fianco dell’esercito massacratore in fuga dal luglio 1994 e l’aiuto prestato all’evacuazione di numerosi dignitari del regime.

“Per mantenere il Ruanda nella zona di influenza francese, un gruppetto di persone ai comandi hanno sostenuto un regime genocida con cognizione di causa. E’ una complicità di genocidio e già enunciare una simile accusa dà il capogiro”  accusa Granier convinto anche che “la Francia ha sempre avuto difficoltà a guardare le pagine oscure del suo passato, è quasi una specificità del paese”.

Foto. Interno del Nyamata Memorial che ricorda il genocidio in Ruanda

 

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