Firenze – Domani, sabato 23 febbraio, i lavoratori della telefonia racconteranno cosa succede: a loro, in prima persona. Per raccontare cosa ne è dei diritti del lavoro nel mondo della telefonia, come vivono i promoter, se si tratta di situazioni dignitose o no.
Perché, come raccontano dall’Usb, cui tre di questi lavoratori si sono rivolti, ciò che emerge è un mondo di sfruttamento e senza garanzia, anche se “la maggior parte dei lavoratori preferisce stringere i denti, non perdere il lavoro, salvo andarsene appena all’orizzonte si profila qualcosa di più accettabile”. Ma quasi nessuno “pensa che valga la pena alzare la testa e difendere i propri diritti”.
Quasi nessuno, ma qualcuno c’è. Così, tre lavoratori, qualche settimana fa, si sono presentati alla sede dell’Usb con una serie di “carte”. la lettera di incarico, le 30 ore settimanali con i turni da rispettare, ma anche il racconto di “capi che impartiscono ordini”. Ovviamente, penserà qualcuno. Sì, ma come sottolinea il sindacato, tutto ciò in contropartita di un salario “composto da un fisso di 450 euro al mese e un variabile poco controllabile e che non arriva neanche tutti i mesi”.
I punti che pone l’Usb sono chiari: al primo posto, avanzare la richiesta di un contratto di lavoro subordinato con il contratto nazionale delle telecomunicazioni, al secondo, la richiesta da inoltrare alla Vodafone, sulle modalità con cui esercita se lo esercita, il controllo su queste agenzie che le fanno da tramite per vendere i servizi.
“Non possiamo permettere – concludono dall’Usb – che una grande multinazionale decida tramite mandati ad agenzie terze di esternalizzare una parte di servizi unicamente per non preoccuparsi del trattamento economico ed etico che le lavoratrici e i lavoratori ricevono. Siamo contro il concetto di esternalizzazioni nel pubblico e nel privato, ma il dovere minimo, per quanti esternalizzano i servizi, è garantire che non vi sia nessuna forma di sfruttamento”.