I giornali esclusi dalla lista dei prodotti editoriali. I giornalisti relegati in un link. E’ la scelta dell’Istat (l’Istituto Superiore di Statistica) che ha lanciato in questi giorni il Censimento della popolazione e delle abitazioni, coinvolgendo 2.530 Comuni e circa 1 milione di famiglie.
Quelle sorteggiate hanno ricevuto in questi giorni una lettera che li invita a compilare, anche online, un questionario. Sono state estratte casualmente e fanno parte del campione che compone la cosiddetta “rilevazione da Lista”: “Grazie all’integrazione dei dati raccolti attraverso due diverse rilevazioni campionarie, denominate “da Lista” e “Areale”, con quelli provenienti dalle fonti amministrative – spiegano all’Istat – il Censimento è in grado di restituire informazioni continue e tempestive, rappresentative dell’intera popolazione, ma anche di garantire un forte contenimento dei costi e una riduzione del carico statistico sulle famiglie”.
Tra i quesiti posti ai 999.000 cittadini sorteggiati ci sono anche quelli che riguardano la professione svolta. E fra le 82 professioni riportate come rappresentative di ogni singolo comparto di attività, nel panel delle risposte guidate, non c’è quella di giornalista. Neppure nel comparto 8 (professioni intellettuali di elevata specializzazione), dove si trovano attori, insegnanti, docenti universitari, musicisti etc.
E nel quadro successivo, riguardante i settori professionali di attività, è riportato quello dei “Servizi di informazione e comunicazione”, di cui si riportano alcuni prodotti (riviste e periodici, televisioni, radio, software, video, phone center, internet point), ma non i giornali.
Dall’Istat, Fabio Corgnale fornisce questa spiegazione: “Il quesito sulla professionale svolta (In che cosa consiste la Sua attività lavorativa?) riprende sostanzialmente i dieci Grandi Gruppi della classificazione internazionale ISCO 88. Pertanto, le dieci modalità di risposta contenute nel quesito approssimano le modalità della Isco 88. Sotto ogni modalità, tra le parentesi tonde, sono riportati solo alcuni esempi delle singole voci professionali contenute nei Grandi Gruppi. Attraverso il link del Navigatore delle professioni, presente nel questionario, è possibile digitare la voce “Giornalista” che rimanda alla modalità “Attività organizzativa, tecnica, intellettuale, scientifica o artistica ad elevata specializzazione”.
C’è da chiedersi quanti andranno a navigare dentro ai link del questionario. Ma tant’è. Semmai, è l’assenza dei giornali dai prodotti editoriali a sorprendere di più, perché rappresenta un’opzione possibile, ma al momento – per fortuna – futuribile.
Ci sono ben altri problemi, concreti, drammatici in molti casi, per i giornalisti che si trovano a lavorare nelle trincee dei giornali, sempre più assediati dai social. Non è certo questa curiosità rilevata tra le pieghe del Censimento dell’Istat, a determinare i destini del mestiere di giornalista, ormai segnato soprattutto per volontà di quelle grandi imprese del capitalismo tecnologico che hanno versato il progresso digitale al servizio dei propri interessi. E quindi l’Istat in questo proprio nulla c’entra. Però quel nome della professione nascosto solo dentro un link è un altro piccolo segnale di una crescente diminuzione di considerazione per un mestiere che ha avuto – e ha ancora – grande rilevanza sociale.
Commenta il professor Carlo Sorrentino, professore ordinario all’Università di Firenze, dove insegna Sociologia dei processi culturali e comunicativi: “Diciamo pure che quella dell’Istat è una dimenticanza stupefacente. Ma che rivela un po’ lo spirito del tempo. Molto a lungo, e fino a pochi anni fa – dice Sorrentino – si diceva comunicazione e si intendeva giornalismo. Poi il mondo della comunicazione si è allargato e diversificato e sono nate tante altre professioni. Ma il giornalista ha continuato a essere un po’ la figura principale. L’avvento del digitale ha ulteriormente frammentato l’ambito della comunicazione facendo nascere mille definizioni diverse per coloro che producono contenuti (i cosiddetti content creator). Evidentemente – sottolinea il professor Sorrentino – la figura del giornalista è stata offuscata da questa miriade di professioni e di modalità di svolgimento di compiti che hanno a che vedere con la creazione di contenuti. Cionondimeno stupisce questa mancanza. È come se l’ISTAT – continua Sorrentino – fosse diventata più realista del re e avesse tradotto la diminuzione del consumo di alcune forme più tradizionali di giornalismo nella scomparsa dello stesso. Ma l’informazione e il giornalismo non potrà mai scomparire. E in realtà in giro ce n’è tanto! È cambiato e dovrà ancora molto ma molto cambiare, ma non scomparire. Sarebbe compromesso il livello civico di una società. Quindi – conclude Sorrentino – facciamo in modo che l’ISTAT ci ripensi!”
Del resto, lo stesso sito dell’Istat, nella parte riservata alla classificazione delle professioni fornisce un’accurata documentazione su quella del giornalista, secondo la modalità cosiddetta CP2021, allineandosi alla International Standard Classification of Occupations – Isco08. Nello specifico, i giornalisti sono classificati con codice 2.5.4.2.0: “Le professioni comprese in questa unità – si legge – raccolgono, riportano e commentano notizie o vicende di cronaca da pubblicare su quotidiani, periodici, radio-televisione, siti Internet ed altri mezzi di comunicazione mediatica; intervistano altre persone su questioni di varia natura; scrivono editoriali ed esprimono opinioni su fatti ed avvenimenti; rivedono, selezionano e organizzano articoli ed altri materiali informativi per la pubblicazione, nel rispetto delle leggi sulla privacy. L’esercizio della professione di Giornalista è regolato dalle leggi dello Stato”. Seguono tanti esempi di tipologia professionale, dall’autore di contenuti di informazioni digitale, al giornalista professionista, dal curatore editoriale al commentatore. Con così solerte attenzione, che si fa fatica a comprendere perché quel mestiere di giornalista non sia inserito all’interno delle parentesi esemplificative delle professioni del questionario.
Chissà se entro il 9 dicembre, data di scadenza della compilazione del questionario online, sarà possibile un’integrazione. Oppure no. In ogni caso, i primi risultati dell’edizione 2024 del Censimento permanente della popolazione e delle abitazioni saranno diffusi a dicembre 2025. È probabile che a realizzare servizi e report sui risultati saranno ancora i giornalisti.