Firenze – “Avete notato che la Commissione europea non appare più nei telegiornali?”: parte da questa constatazione Romano Prodi, l’esponente politico italiano che ha guidato l’Esecutivo di Bruxelles dal 1999 al 2004, per affermare che “l’Europa non c’è più, perché il potere è tornato alle nazioni” e “quel fatto dinamico che aveva fatto tanti passi avanti, adesso fa passi indietro”: la crisi economica e l’esplosione del fenomeno migratorio l’hanno divisa inceppando la dinamica dell’integrazione.
Una riflessione amara che Prodi ha fatto alla Fondazione Stensen nel corso dell’incontro che ha concluso un ampio percorso di approfondimento sui temi economici (“Le banche, la Politica e l’Euro”). “Meno male che c’è la Banca centrale europea – ha spiegato – ma se sono costretto a dire questo, ciò vuol dire che il segno è cambiato che c’è un cambiamento di potere globale”. Prima l’equilibrio che governava l’Unione era assicurato dall’asse franco-tedesco, con la Gran Bretagna come solido interlocutore e sulla base di questo i Paesi giostravano e facevano una diplomazia cooperativa: “Oggi la Francia è debole, la Gran Bretagna si trova di fronte al referendum sulla sua permanenza e tutto si è spostato verso la Germania che è rimasto l’unico ombrello aperto”.
Le ragioni di questa situazione vanno cercate da una parte nella crisi economica dalla quale l’Europa, proprio per la mancanza di una politica unitaria, non è ancora uscita. Crisi che ha messo ancora più in evidenza l’essere rimasta in posizione marginale rispetto alle “grandi reti” mondiali (prime fra tutte quelle informatiche per la distribuzione) nelle quali accanto agli Stati Uniti si è prepotentemente lanciata la Cina. Dall’altra parte un fattore importante di divisione è rappresentato dal flusso dei profughi, che tocca la vita quotidiana della gente e che dunque ha dati una forte spinta ai movimenti populisti.
Ma fra le cause ce n’è anche una che riguarda il meccanismo decisionale delle nostre democrazie: “C’è stato un processo di accorciamento delle decisioni, perché con le indagini demoscopiche ogni elezione di fatto è diventata una consultazione nazionale. Dal momento che siamo sempre sotto elezioni, siamo diventati una democrazia barometrica che segue il tempo che viene”. Come esempio della necessità di avere una visione politica al di là dell’umore degli elettori, Prodi ha citato le parole che gli disse Helmut Kohl, il cancelliere tedesco della Riunificazione: i tedeschi non avrebbero voluto abbandonare il marco per l’euro, ma questa era la condizione per creare una Germania europea e non un Europa tedesca.
A proposito dell’euro, tuttavia, l’ex presidente del Consiglio non è pessimista: l’euro resterà soprattutto perché è nell’interesse dei Paesi dell’Eurozona mantenerlo. Occorrerà tuttavia che vengano rafforzati organismi e strumenti per rendere più forte e coordinata la gestione della moneta unica.
Foto: Prodi al centro fra Ennio Brovedani direttore Stensen e Federico Fubini vicedirettore del Corriere della Sera